[L'analisi] La rivolta di Torre Maura: l'odio razziale dilaga in tutta Roma est
La sindaca Raggi accusa: dietro le violenze di Torre Maura ci sono CasaPound e Forza Nuova. E la procura indaga per odio razziale. Ma in tutta la periferia orientale si ripetono gli incidenti. Spesso i protagonisti sono piccoli malavitosi di borgata che si ergono a paladini del territorio
Ci sono le principali organizzazioni neofasciste dietro la rivolta che ieri sera ha infiammato Torre Maura, una borgata sulla Casilina, dove circa 200 abitanti hanno incendiato cassonetti e saccheggiato i camioncini con i rifornimenti per i 70 rom, di cui 33 bambini, assegnati a un centro di accoglienza di proprietà del Comune in via dei Codirossoni. Ad accusare esplicitamente CasaPound e Forza Nuova è il sindaco di Roma, Virginia Raggi, che lancia l’allarme contro il crescente clima di odio. E immediatamente la Procura di Roma ha aperto un fascicolo per “incitamento all’odio razziale” e attende il primo rapporto della Digos sugli incidenti.
Certo, vedere calpestare il cibo al grido di “Devono morire di fame” colpisce particolarmente e dà il segno di una tensione che ha da tempo superato il livello di guardia nell’intero quadrante di Roma Est. Qui sono almeno 15 i centri di accoglienza ed è diffuso un tipo umano di piccolo malavitoso di quartiere, di simpatie più o meno esplicitamente fasciste, che si attribuisce il compito di difensore del territorio dall'invasione straniera. Ecco alcune storie più o meno recenti dall'inferno di Roma.
IL BRANCO DI TORPIGNATTARA
E' il settembre del 2014 quando un pachistano 28enne è ucciso da un 17 enne che lo colpisce alla testa in una lite. L'emigrato è ben conosciuto nel quartiere: ha perso il lavoro in un ristorante e ora si arrangia come venditore ambulante. E' un po' disturbato, gira cantando le sure del Corano. La borgata difende il ragazzino e parla di un solo colpo inferto per reazione a uno sputo. L'autopsia parla però di numerose ferite alla testa e fa quindi pensare a un pestaggio di gruppo.
IL FEMMINICIDA DI CORCOLLE
Pochi giorni dopo il delitto di Tor Pignattara la tensione esplode nel vicino quartiere santuario dell'abusivismo. Al terzo autobus dell'Atac che non si ferma un gruppo di extracomunitari parte all'assalto del mezzo pubblico. La rappresaglia è immediata. Parte una caccia all'uomo che si conclude con il ferimento di tre nigeriani. Uno dei protagonisti del pogrom, intervistato davanti al bar da una troupe di Piazza pulita, mostra una grossa croce celtica sulla pancia. Rivendica i pestaggi: "Sono pezzi di merda. Se uno infastidisce una ragazzina lo ammazzo". Un anno e mezzo dopo ammazza la moglie a pistolettate in un bar di Lunghezza. Lo aveva cacciato di casa perché aveva scoperto un suo tradimento. In appello gli riducono la pena da 30 a 17 anni e mezzo.
IL LADRONE DI TIBURTINO III
E’ la fine di agosto del 2017 quando esplode la tensione tra i “coatti” del quartiere e gli ospiti del centro di accoglienza della Croce Rossa in via del Frantoio. Un eritreo di 30 anni viene accoltellato dopo aver litigato con un gruppo di ragazzini. Per colpevolizzare gli stranieri una donna si inventa un sequestro di persona subito all’interno del centro. Anche in questo caso i gruppi neofascisti sostengono la rivolta. Pochi giorni dopo finisce in rissa il consiglio municipale convocato per discutere dei fatti, con gli antagonisti che forzano il blocco della polizia e feriscono alla testa un militante di CasaPound. Il 21 settembre il compagno della donna denunciata picchia un altro ospite del centro. Qualche mese dopo il protagonista della “rivolta” anti-migranti è arrestato per una serie di furti in negozi di Prati.