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Ilva, la nube tossica che assedia Taranto. La città si ribella:"Basta scelte calate dall'alto, prima la salute"

Solo dopo aver puntato i piedi sulla nuova AIA (Autorizzazione d'impatto ambientale) il Sindaco Melucci è stato invitato al Mise al tavolo sulle trattative per l'Ilva. Gli ambientalisti lo sostengono: "Tempi troppo lunghi per la messa in sicurezza dei depositi scorie"

Paola Pintusdi Paola Pintus   
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Cielo lattiginoso, plumbeo, venato di striature rossastre. Grigio e rosso nell'aria e a terra, ma anche sui tetti, sui balconi, sulle lenzuola stese. Il quartiere Tamburi, a Taranto è nuovamente sotto assedio. Sono le polveri sottili che provengono dai depositi dell'Ilva poco distanti e che si sollevano in gran quantità ogni volta che in città si alza il vento. Il nemico impalpabile che impregna tutto e minaccia la salute dei cittadini ha diversi nomi: fra tutti, PM10 e benzoapirene. Il primo identifica una delle numerose frazioni in cui viene classificato il particolato (Particulate Matter o Materia Particolata), quel materiale presente nell'atmosfera in forma di particelle microscopiche, derivanti da processi industriali e di combustione, fonte di malattie respiratorie e di patologie tumorali. Il secondo descrive un componente della famiglia degli Ipa (Idrocarburi Policiclici Aromatici), fortemente cancerogeno e solitamente veicolato attraverso le polveri sottili all'interno delle vie respiratorie.

Una situazione allarmante

Da queste parti il fenomeno è ben conosciuto e codificato nei protocolli dell'Arpa locale: nei "windy days" meglio tenere ben chiuse le finestre e non far giocare i bambini all'aperto. Palliativi, in una situazione esasperante, che dura da troppo tempo. I "parchi minerali", così vengono chiamati i depositi all'interno dello stabilimento siderurgico in cui sono stoccate montagne di residui di lavorazione tossici, avrebbero dovuto essere coperti sin dal 2013, ma di rinvio in rinvio, le aree inquinate sono rimaste scoperte. Fino ad oggi. Ed ora, salvo un cambio d'indirizzo del Governo che al momento non sembra all'orizzonte, i nuovi acquirenti di Arcelor Mittal potranno godere di nuove dilazioni di tempi e prescrizioni "attenuate" sull' ottemperanza alle norme di sicurezza ambientale nei depositi scorie. E' per questo che il Sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, eletto col 51% dei voti alle ultime amministrative sotto le insegne del Pd, ha assunto un'iniziativa inedita e clamorosa: l'impugnazione della nuova versione "alleggerita" dell' Aia, l'Autorizzazione integrata ambientale, in aperta polemica nei confronti del Mise e del modo in cui è stato condotto finora il dossier ambientale al margine delle trattative per il passaggio di proprietà dello stabilimento. 

Il sindaco di traverso: "Basta scelte calate dall'alto, la priorità è la salute"

"Apprendiamo dell’intenzione del Ministro Calenda di riconvocare il tavolo della vertenza Ilva a Roma per il prossimo martedì 31 ottobre", aveva scritto il sindaco in una nota durissima, qualche giorno fa. "Confidiamo che restino per l’appunto delle indiscrezioni. Poiché, se fosse vero, anche in questa occasione, il Governo avrebbe perduto l’occasione di coinvolgere gli enti locali in una trattativa che è tutt’altro che confinabile all’aspetto sindacale". Il sindaco lamentava la stanchezza della comunità tarantina per le "scelte calate dall'alto" e metteva in guardia sull'impossibilità di dare "compiuta attuazione ad ogni qualsivoglia programma per la riqualificazione degli esuberi, per l’avvio delle bonifiche, per la salvaguardia dell’indotto, per il monitoraggio del piano ambientale", senza il coinvolgimento del Comune di Taranto e della Regione Puglia

Nelle ultime ore il Mise ha risposto: il 31 a Roma saranno presenti anche Melucci ed Emiliano,al margine della trattativa sul passaggio di proprietà dello stabilimento. "Ho accettato l'invito che risponde esattamente alle esigenze da me avanzate fin dall'inizio", dice soddisfatto Melucci. "Massima collaborazione da parte dell'amministrazione se accompagnata da altrettanta massima condivisione, partecipazione e coinvolgimento nel processo decisionale sul delicatissimo tema Ilva, che comprende la questione ambientale, occupazionale e dell'indotto". La partita però è tutt'alto che chiusa. Lo sanno bene le associazioni ambientaliste che da anni si battono per ripristinare il giusto equilibrio fra diritto al lavoro e diritto alla salute a Taranto. 

"La triste realtà è che i wind days continueranno a segnare ancora a lungo la vita degli abitanti del quartiere Tamburi" dice Lunetta Franco, Presidente Legambiente Taranto. "Passeranno ancora molti anni infatti prima che si realizzi la copertura dei parchi minerari, unica soluzione praticabile alla dispersione delle polveri in atmosfera e che rappresenta da sempre la nostra richiesta. Con la nuova Aia del 29 settembre i tempi di realizzazione di queste opere vengono dilatati in modo abnorme: 36 mesi per la realizzazione di un' opera che nella precedente autorizzazione erano invece 28. Ma il problema non sono solo gli otto mesi in più. Nel testo si legge infatti che i 36 mesi decorreranno dalla data in cui Arcelor Mittal entrerà nell'effettivo e pieno possesso degli impianti, ma che l'avvio del cantiere non potrà essere prorogato oltre il 30 settembre 2018: dunque, se tutto andasse bene e Mittal a quella data fosse entrata effettivamente in possesso degli impianti si parla di un tempo di 42 mesi contro i 28 del vecchio piano ambientale. Nella peggiore delle ipotesi invece è possibile che si vada addirittura al 2023. Si parla infatti soltanto di "avvio" del cantiere entro il 30 settembre 2018, mentre il termine ultimo per la realizzazioni è appunto la data del 2023".

Ma non basta, perchè oltre alla dilazione dei tempi la nuova Aia risulta anche meno stringente sotto il profilo prescrittivo: se nel vecchio piano ambientale infatti era stata recepita l'imposizione della copertura di tutte le superfici occupate dai parchi minerali, ora questo non accadrà più. il cosiddetto "parco loppa" ad esempio (la loppa è un sottoprodotto della lavorazione della ghisa prodotta in altiforno) una delle zone di deposito più estese, che occupa 26 mila metri quadrati e intorno alla quale si sarebbe dovuto edificare un capannone alto 35 metri, rimarrà a cielo aperto. Al posto della copertura, sono previste barriere frangivento e la periodica bagnatura dei cumuli per evitare la dispersione nell'aria.

"E' vero. Noi chiedevamo la copertura di tutti i parchi, mentre Mittal chiedeva di non coprire i parchi minori. Per fortuna non sono state accolte tutte le loro richieste per cui è stata imposta nell'autorizzazione la copertura di tutti i parchi tranne il parco loppa. La cosa paradossale però è che vengono concessi anche qui ben 42 mesi per tirar su le barriere frangivento, cioè niente più che dei pali conficcati sul terreno con delle reti tutto intorno. Tutto questo tempo per un'opera tutto sommato molto semplice".

"C'è poi da considerare che le nubi nere e rosse che coprono i cieli di Taranto sono più patogene di quelle che mediamente inquinano l'aria di tante città in Italia". La Franco tira fuori i dati dell'ultimo Rapporto epidemiologico sulle aree di Taranto e Brindisi commissionato nel 2016 dalla Regione Puglia, che dimostra l'esistenza di una  forte relazione tra esposizione a pm10 ed SO2 (biossido di zolfo) di origine industriale e mortalità naturale e per cause specifiche, ricoveri ospedalieri ed incidenza di alcune forme tumorali . L’esame simultaneo del quadro ambientale e della mortalità nei quartieri  Tamburi e Borgo, nel periodo 2010-14 dimostra in particolare comeal variare negli anni dei livelli di esposizione a pm10 corrisponda un parallelo andamento della mortalità, per patologie renali, cardiovascolari e tumorali. All’ aumento di 10µg/m3 (millesimi di millimetro per metro cubo) del PM10 di origine industriale, a parità di età, genere, condizione socioeconomica ed occupazione, si è osservato un aumento del rischio di mortalità per cause naturali pari al 4%; mentre per l’SO2 l’incremento di rischio è del 9%. Per entrambi gli inquinanti si è osservata anche una associazione con la mortalità per cause tumorali (es. il tumore del polmone) e per le malattie dell’apparato cardiovascolare, in particolare si è osservato un eccesso importante per gli eventi coronarici acuti. Un aumento di rischio si è osservato anche per le malattie dell’apparato renale, statisticamente significativo per il PM1.

Ma la cosa più impressionante che lo studio mette a fuoco è la correlazione fra l'andamento della produzione industriale e l'incidenza delle patologie e della mortalità attorno allo stabilimento. La produttività dell’Ilva ha avuto delle variazioni nel periodo 2008-2014 con un declino a seguito della crisi economica (2009), un successivo aumento negli anni 2010-2012, e un declino nel 2013-2014. "All’andamento produttivo, e quindi alle variazioni delle
emissioni"-si legge nel rapporto- "ha corrisposto un effetto sui livelli di inquinamento in prossimità dell’impianto e nei quartieri limitrofi. L’andamento della mortalità ha seguito in modo speculare quello della produttività e l’inquinamento nei quartieri Tamburi e Borgo".  Ancora: "Si è
assistito a variazioni positive nei tassi di mortalità fino al 2012, a seguito di incrementi  del PM10 di origine industriale, per poi osservare una riduzione sia dell’inquinamento che della mortalità nel 2013-2014  I modelli statistici hanno stimato un incremento percentuale del rischio di mortalità per incremento di 1µg/m3 della variazione del Pm 10 industriale pari a 1,86% della mortalità naturale (al limite della significatività statistica) e dell'8,74% per la mortalità da malattie respiratorie"

"Noi esclusi dalla fase di contraddittorio, è mancata la partecipazione"

"Abbiamo appreso in tempo reale che l'invito al tavolo del Mise è finalmente arrivato anche al Sindaco. Per quanto ci riguarda noi abbiamo denunciato come tutte queste procedure accelerate per la concessione stabilite coi diversi decreti salva-Ilva abbiano di fatto escluso i portatori di interesse quindi noi abbiamo potuto partecipare solo nella fase istruttoria dell'Aia presentando delle osservazioni scritte e non nella successiva conferenza dei servizi vedendoci precluso un contraddittorio nel merito. Questo lo abbiamo denunciato fin dai primi decreti. Possiamo capire le ragioni d'urgenza ma questa non può giustificare il mancato coinvolgimento di soggetti impegnati sul campo come noi che su questa vicenda siamo presenti sin dal 1983. Il governo peraltro è stato molto celere nel varare la nuova Aia quando invece normalmente i tempi si allungavano a dismisura". 

L'allarme degli ambientalisti si concentra anche su un altro passaggio dell'autorizzazione di impatto ambientale: il limite transitorio alla produzione fissato a 6 milioni di tonnellate/anno di acciaio "fino al completamento di tutti gli interventi previsti. ll gestore potrà superare il limite alla produzione solo dopo l'accertamento da parte dell'Autorità di controllo del completamento degli interventi". C'è una riduzione rispetto alla precedente autorizzazione che prevedeva la possibilità di produrre fino a 8 milioni di tonnellate di acciaio, considerati incompatibili con la tutela dell'ambiente e della salute fin dal 2012. 

La natura di "misura transitoria" di tale limite lascia però aperta la porta a un successivo aumento di produzione e alle sue negative ricadute sia sui lavoratori che sui cittadini. Alla stessa logica appartiene la decisione di consentire ad AM InvestCo il riavvio di una coppia di batterie della Cokeria (3 e 4 o 5 e 6) e l'eventuale mantenimento in esercizio della seconda linea di sinterizzazione. "Evidentemente si vogliono lasciare le mani libere ai futuri proprietari dello stabilimento, sia rispetto alla ormai prossima apertura della trattativa sindacale, sia rispetto alle decisioni da assumere circa il dimensionamento dello stabilimento tarantino nei prossimi anni".

 

 

Paola Pintusdi Paola Pintus   
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