Il 17enne: “I miei mi hanno chiesto 'cosa fai con l'arma in mano'? Volevo cancellare tutto". Gip: "Ferocia e premeditazione"
Il ragazzo che ha sterminato la famiglia a Paderno Dugnano, nel Milanese, vuole continuare a studiare. Dopo il faccia a faccia, la giudice Laura Margherita Pietrasanta deciderà sulla convalida dell'arresto e sulla custodia cautelare
"E' stata la sera della festa che ho pensato di farlo, non avevo ancora ideato questo piano, però avevo pensato di usare comunque il coltello perché era l'unica arma che avevo a disposizione in casa", ha messo a verbale, davanti alla giudice, il 17enne che con 68 coltellate ha ucciso il papà, la mamma e il fratello di 12 anni nella villetta di Paderno Dugnano, nel Milanese. Mentre il padre festeggiava i 51 anni con tutta la famiglia lui aveva in testa la strage, che avrebbe messo in atto qualche ora dopo, poco prima delle due del primo settembre nonostante quell’ultima domanda di mare e padre: “Cosa fai con l'arma in mano?”
L'interrogatorio
"Se ci avessi pensato di più non l'avrei mai fatto, perché è una cosa assurda", ha detto ancora il ragazzo, per il quale oggi, dopo l'interrogatorio di un'ora e mezza nel carcere minorile Beccaria di Milano, la gip Laura Margherita Pietrasanta ha convalidato l'arresto e disposto la custodia cautelare detentiva, con la possibilità di trasferimento anche in altro istituto penitenziario minorile. La giudice evidenzia la "singolare ferocia e l'accanimento nei confronti delle vittime", ma anche la "preordinazione dei mezzi" e la "propensione a cambiare e 'aggiustare' la versione dei fatti". Oltre alla "pericolosità sociale" e alla sua "incapacità" a "controllare i propri impulsi".
Potrebbe uccidere ancora
Da qui ovviamente il pericolo di reiterazione del reato, ossia che possa ancora uccidere, e pure la conferma del quadro accusatorio, nell'inchiesta dei carabinieri e della procuratrice facente funzione Sabrina Ditaranto e della pm Elisa Salatino, e dell'imputazione di triplice omicidio pluriaggravato anche dalla premeditazione. Premeditazione che, per l'avvocato Amedeo Rizza, invece, non regge, ma la gip riporta anche quella prima versione nella quale il ragazzo aveva sostenuto che ci stava pensando almeno dal giorno prima. Riguardo all'enigma sul movente, le parole del giovane girano ancora attorno a quel malessere per il quale lui voleva trovare una "soluzione".
La premeditazione
Ha raccontato che già da "qualche anno" aveva maturato "l'idea di vivere più a lungo delle persone normali, anche per conoscere il futuro dell'umanità" e aveva iniziato a "sentirsi un estraneo". Aveva pensato di scappare, di andare in Ucraina, ma non gli sembravano soluzioni utili per il suo "scopo". "Volevo proprio cancellare tutta la mia vita di prima", ha cercato di chiarire, dicendo, però, pure che non ce l'aveva con la famiglia nello specifico. "E' da quest'estate che sto male, ma già negli anni scorsi mi sentivo distaccato dagli altri. Forse il debito in matematica può avere influito", aggiunge. Sentiva, comunque, la pressione della famiglia. E ancora: "Ogni tanto i miei genitori mi chiedevano se c'era qualcosa che non andava, perché mi vedevano silenzioso, ma io dicevo che andava tutto bene".
Si sentiva più intelligente
Percepiva "gli altri come meno intelligenti e spesso non mi trovavo bene in certi ragionamenti o ritenevo che si occupassero e preoccupassero di cose inutili". Il nonno materno, che testimoniando ha parlato di una "famiglia perfetta" all'apparenza e che ora può incontrarlo con gli altri familiari, ha spiegato che il ragazzo gli ha detto che l'aveva fatto perché voleva "lasciare i beni materiali" e lui aveva inteso che voleva "staccarsi dai genitori". Gli ha chiesto pure perché se la fosse presa anche col fratello di 12 anni, fino ad ucciderlo, e il 17enne ha risposto: "non sarei riuscito ad abbandonarlo". Negli atti tutta l'atroce ricostruzione della strage. "I miei genitori - ha affermato - sicuramente mi hanno parlato chiedendomi cosa fosse successo e perché avessi l'arma in mano. Io però non ricordo se li ho colpiti anche in camera loro".
Verso la perizia psichiatrica
I genitori sono stati "svegliati dalle urla di mio fratello" e poi alla fine lui gli ha "chiuso" gli occhi "forse per pietà". Nelle relazioni degli esperti il giovane ha detto che lui pensava "alle guerre e mi commuovevo pensando a queste situazioni", mentre "questo non lo vedevo in amici e familiari". Per la difesa saranno necessarie una consulenza e una perizia psichiatrica per valutare un eventuale vizio di mente. La presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, Maria Carla Gatto, ha sottolineato che i magistrati approfondiranno "la drammatica vicenda con tutta l'attenzione che la complessità del caso impone". Intanto, è stato conferito l'incarico al medico legale per le autopsie e partirà anche l'analisi sui dispositivi sequestrati.
"Non volevo lasciare le mie tracce sul coltello"
"Quando si sono addormentati sono sceso, ho preso una maglietta nera e l'ho divisa a metà per impugnare il coltello, perché avevo intenzione di pulire il coltello per fare incolpare altri". Sono altre parole messe a verbale dal 17enne come risultano dagli atti dell'ordinanza di custodia cautelare e che evidenziano il fatto, come confermato dalla gip Pietrasanta, che si sarebbe trattato di un triplice omicidio premeditato.
L'aggressione dei genitori
Il ragazzo ha anche raccontato che, dopo aver aggredito il fratello con decine di coltellate, è andato "in camera dei miei genitori". Loro, ha proseguito, "hanno acceso la luce, io ero davanti a loro con il coltello in mano. Loro mi hanno detto di stare calmo, sono venuti in camera con me e lì li ho aggrediti".
Le relazioni degli psicologi
Nelle relazioni, allegate agli atti, di psicologi, che si stanno occupando del suo caso, si mette in luce che il ragazzo parla di un "clima competitivo" che c'era in famiglia, ma anche nello sport e più in generale nella società. Un "clima relazionale - scrivono - percepito come critico e competitivo". Delle ultime sue vacanze estive, con familiari e amici, dice che erano state "serene", o almeno così le ha descritte. In famiglia, ha detto ancora nei colloqui, "se c'era il pretesto di litigare io cercavo di non farlo". Ha riferito di non ricordare alcun "episodio di conflittualità con i propri famigliari". E ha raccontato che quell'estate leggeva libri sulla "seconda guerra mondiale" e pensava, anche quando sentiva i propri familiari lamentarsi per "cose materiali", "che c'erano altri che pativano sofferenze maggiori".
L'esame di riparazione
Il 17enne stamattina aveva espresso il desiderio di sostenere l'esame per riparare il debito in matematica che avrebbe dovuto affrontare proprio in questi giorni. Secondo Corriere della Sera è quanto afferma il cappellano del carcere minorile Beccaria, don Claudio Burgio, che lo ha incontrato in cella: "Mi ha detto che vorrebbe fare l'esame di riparazione a breve". Il parroco racconta che hanno parlato "pochi minuti" e che gli ha portato il libro Non esistono ragazzi cattivi, "oltre ai saluti dei parenti".
La difesa: "Venga trasferito in una comunità"
La difesa del 17enne ha proposto al gip per i minorenni di Milano che il ragazzo non rimanga in custodia cautelare in carcere ma venga trasferito in una comunità. Lo ha spiegato il legale Amedeo Rizza chiarendo che in questi casi "il carcere non è l'unica soluzione". Oggi il gip dovrebbe decidere sulla convalida dell'arresto e sulla misura cautelare.
La premeditazione
"Ho agito d'impulso, avevo un malessere esistenziale che covava da tempo, volevo essere libero, ma non avrei mai pensato di arrivare ad ucciderli e sono esploso quella sera, senza riflettere", ha spiegato, in sostanza, il ragazzo in questi giorni al suo legale Amedeo Rizza e in uno secondo interrogatorio coi pm. Mentre nel primo interrogatorio di domenica scorsa aveva parlato di un pensiero di uccidere che aveva da qualche giorno e di averci pensato anche il giorno precedente. La Procura per i minorenni di Milano, con i magistrati Sabrina Ditaranto ed Elisa Salatino, hanno chiesto che il 17enne resti in carcere al Beccaria per triplice omicidio pluriaggravato anche dalla premeditazione. E ciò per il pericolo di reiterazione del reato.