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[Il punto] Clan in guerra contro i simboli del turismo, ancora spari sulle pizzerie storiche di Napoli

Dopo la bomba alla pizzeria Sorbillo, questa notte è toccato alla pizzeria Di Matteo, notissimo luogo di incontro dei Decumani, punto di riferimento di migliaia di turisti che la affollano a tutte le ore per le pizze a portafoglio

Antonio Mennadi Antonio Menna   
[Il punto] Clan in guerra contro i simboli del turismo, ancora spari sulle pizzerie storiche di Napoli

Sono i simboli della rinascita turistica del centro storico di Napoli, e proprio su di loro si sta scaricando, nelle ultime settimane, la potenza di fuoco e intimidatoria dei clan di camorra. Dopo la bomba alla pizzeria Sorbillo, questa notte è toccato alla pizzeria Di Matteo, notissimo luogo di incontro dei Decumani, punto di riferimento di migliaia di turisti che la affollano a tutte le ore per le pizze a portafoglio, per frittatine e margherite enormi. Nella notte, contro le serrande del locale sono stati esplosi numerosi colpi da fuoco, e ora si cerca di capire il perché. 

Nove bossoli 

Il fatto è avvenuto intorno alle 3 della notte, quando, per fortuna, il vicolo era deserto e la pizzeria chiusa. Sul posto sono intervenuti i carabinieri della compagnia Napoli-Centro e del nucleo radiomobile: quattro i fori nella serranda mentre sul basolato sono stati trovati nove bossoli. Segno che all’indirizzo della storica pizzeria è stata sparata una vera sequenza di colpi. Difficile non pensare ad un’azione del racket, che nelle zone del centro storico vede da mesi alcuni clan contrapporsi per il controllo degli esercizi commerciali. 

Il presidente Clinton e la pizza 

Di Matteo, come Sorbillo, è uno dei pizzaioli più in vista. Nel luglio del 1994, durante il G7 che si svolgeva a Napoli, nella storica pizzeria finì l'allora presidente degli Stati Uniti, Bill Clinton: fu letteralmente catturato dai camerieri che gli offrirono un margherita colante di olio e pomodoro. Gli scatti fecero il giro del mondo. Da quell’episodio è nata poi, per filiazione, una nuova catena di pizzerie, dette del Presidente, e animate da alcuni di quei lavoratori. Una sequenza di iniziative di imprese sul prodotto più amato, nel luogo della tipicità, che sta facendo la fortuna di questo spicchio della Napoli antica. 

I simboli da colpire 

Proprio qui, però, nell’epicentro turistico, a pochi passi dalla strada dei presepi, non lontano da quella bellissima Cappella di San Severo sempre piena di turisti, e a qualche centinaio di metri dal Duomo, tornano pistole e raid. E vanno a colpire i simboli.  Proprio questo sarebbe il senso dei raid. Non tanto minacciare quei marchi, che godono di particolare visibilità mediatica e per questo sarebbero anche più al riparo da richieste estorsive. Ma colpire loro per dare una lezione a tutti gli altri. Un messaggio di potere, come a dire: “qui comandiamo noi, possiamo attaccare chi vogliamo”. 

Il controllo del territorio 

E il controllo del territorio è la vera sfida dei clan di camorra del centro storico: dal taglieggiamento ai negozi, la criminalità non guadagna molto. Incassa sicuramente di più da droga e altri affari illeciti. Ma quella mazzetta che il negoziante deve riconoscere al ragazzo del clan è il tributo al potere, il riconoscimento, il segno del dominio. Per questo sparare o far saltare in aria i simboli del turismo, diventa il tratto del comando. 

Cambiamento estetico 

Chi conosce bene il clima delle strade di Napoli degli ultimi anni, del resto, non si meraviglia. È noto che il cambiamento della città è fondamentalmente un tratto estetico: riguarda la marea di turisti per le strade, i tanti locali per il tempo libero che sono stati aperti e una generale sensazione di città che ama stare insieme, stare per strada e starci bene. Nel profondo e nella sostanza, invece, nulla è cambiato: i problemi storici sono tutti lì. Quelli economici, quelli sociali, e quelli criminali. Il controllo del territorio resta in mano ai clan. 

La mappa dei clan 

Questo avviene non solo nelle periferie, ormai perfino scomparse dall’agenda della politica cittadina, ma anche nel centro storico. La Sanità, quartiere che pure vive momenti di bella aggregazione e di lavoro sociale, è sotto il controllo di due clan contrapposti, che resistono perfino ai blitz e agli arresti, con i capi che comandano dal carcere. Ai Quartieri Spagnoli convivono non sempre pacificamente tre clan. E nella zona di Forcella e dei decumani, luogo degli ultimi raid, si disputano la gestione due organizzazioni in guerra tra loro. 

Il filo di trucco 

A tutto questo, rispondono talvolta le forze dell’ordine, con i loro pochi mezzi, e la magistratura, con inchieste che arrivano sempre con un inevitabile ritardo. Manca la prevenzione, il lavoro culturale e sociale, manca il controllo del territorio. La rinascita è un filo di trucco, un effetto ottico, una percezione visiva che, per certi versi, conviene perfino ai clan. Quanto tutto sembra andare bene, ad andare benissimo sono gli affari della camorra. Si abbassa la guardia e si allenta la tensione, e la criminalità dilaga. Quando esplodono bombe o tuonano le pistole, invece, qualche equilibrio si sta rompendo. Paradossalmente, esplosioni e spari potrebbero essere un segno di debolezza, ma tutta interna. Sono messaggi tra clan, mentre le istituzioni mangiano la pizza e dicono che tutto va bene.

Antonio Mennadi Antonio Menna   
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