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Molti hanno paura di cambiare: eppure Pfizer e Moderna sono equivalenti

Il motivo per cui si cambia dose è semplice: Pfizer sta iniziando a scarseggiare. Ma le analogie tra i 2 marchi sono tante

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
Molti hanno paura di cambiare: eppure Pfizer e Moderna sono equivalenti

La notizia emersa negli ultimi giorni è che, per quelle che sono le scorte nei frigoriferi del generale Figliuolo, in questo momento le somministrazioni di vaccini Moderna hanno superato quelle di Pfizer: la maggior parte sono terze dosi, ma è ripartita anche la richiesta di prime dosi, complice il Super Green Pass per le feste di Natale che ha convinto anche alcuni dei più riottosi a vaccinarsi.

Il sorpasso di Moderna si è avuto non perché sia scoppiata un’improvvisa passione degli italiani per il vaccino americano, ma semplicemente perché le dosi Pfizer iniziano a scarseggiare ed è previsto un reintegro delle preziosissime fialette solo in gennaio. Quindi, le scorte di Moderna accumulate aiutano a non rallentare con la campagna vaccinale, soprattutto considerando l’importanza delle terze dosi per ultrasessantenni e categorie a rischio.

In molti, però, generalmente vaccinati Pfizer nei primi due turni, storcono il naso di fronte alla dose “booster” (il nome tecnico del terzo richiamo del vaccino) con Moderna e in alcuni casi preferiscono rinviare di un mese piuttosto che variare la marca del preparato, convinti che il primo vaccino non si scorsa mai.

Quindi, tecnicamente, cerchiamo di spiegare perché, invece, la “vaccinazione eterologa” con Moderna è sostanzialmente la stessa cosa che con Pfizer, mentre c’erano oggettive differenze per chi ha fatto la seconda dose con Moderna dopo aver affrontato la prima con AstraZeneca  (Johnson & Johnson che è della stessa famiglia di AstraZeneca invece nelle prime previsioni avrebbe dovuto essere monodose).

Tecnicamente, come spiegato dalla task force “vaccinazione anti-Covid 19” di ASL5, che è l’azienda sanitaria locale della Spezia, “la dose addizionale (per soggetti con immunodepressione di grado moderato o grave) e quella di richiamo o “booster” della vaccinazione anti-Covid-19 può essere effettuata con uno dei vaccini a mRNA disponibili (Comirnaty di Pfizer-Biontech o Spikevax di Moderna), indipendentemente da quello utilizzato nel primo ciclo come riportato dalle Circolari Ministeriali n. 0041416 del 14/09/2021, n. 45886 del 8/10/2021, n. 0051396 del 11/11/2021 e n.0053312 del 22/11/2021”.

Insomma, i riferimenti normativi sono moltissimi e certosini, ma vediamo di tradurre le circolari ministeriali, grazie alla collaborazione dei medici spezzini della Asl sotto la giurisdizione di Giovanni Toti, che in Liguria è anche assessore alla Sanità e può contare su Matteo Bassetti (che poi ritroveremo come guest star di questa storia) come maggiore collaboratore sui vaccini.

Insomma, dietro tutti questi numeri e dati emerge che i due vaccini hanno caratteristiche equivalenti che li rendono interscambiabili per una serie di motivi, per cui questo articolo è quasi un “bugiardino” aggiunto, indispensabile per andare all’appuntamento tranquilli.

Innanzitutto, sia Pfizer che Moderna sono vaccini a mRNA e, come tali, hanno il medesimo meccanismo d’azione e questo è quello che rende tale eterologa molto diversa da quella con AstraZeneca o Johnson, che invece hanno un principio radicalmente diverso, pur essendo comunque stati approvati per la somministrazione alternata a vaccini mRNA.

Poi, sempre ripercorrendo le analogie fra Pfizer e Moderna entrambi sono autorizzati per l’impiego nei vaccinandi di età superiore ai 12 anni. Inoltre, entrambi hanno un’efficacia protettiva contro il Covid elevata, lievemente superiore per Moderna (95%) rispetto a Pfizer (94%), ma anche in questo caso i dati sono praticamente coincidenti.

E i medici nei centri vaccinali spiegano anche che sono entrambi ben tollerati e contengono glicole polietilenico (PEG) come eccipiente.

Aggiungendo che “il vaccino Moderna, in particolare, ha una concentrazione di molecole di mRNA per millilitro superiore rispetto a Pfizer, caratteristica che, insieme all’intervallo di somministrazione di 28 giorni, anziché 21 giorni, per il ciclo primario, ne determina l’efficacia leggermente maggiore e l’utilizzo di metà dose per il richiamo o “booster”. La dose addizionale, invece, viene somministrata intera in ragione della immunodepressione dei soggetti interessati”.

E qui arriva l’ospite d’onore in questa spiegazione, perché è proprio Matteo Bassetti, il maggior infettivologo italiano, a confermare il tutto: “Pfizer o Moderna sono esattamente equivalenti, con la differenza che per Moderna basta mezza fiala per la dose booster”.

Toti, che ha un ottimo feeling con Bassetti ha spiegato negli ultimi giorni che oggi, in Liguria, su 25 ricoverati in terapia intensiva 24 sono non vaccinati e Bassetti, che è direttore del Diar Malattie Infettive e direttore della clinica di malattie infettive dell’Ospedale Policlinico San Martino, conferma i dati sul suo ospedale, con qualche particolare sulle ospedalizzazioni: “La maggior parte dei ricoveri che si verificano oggi nella media intensità riguardano soggetti vaccinati che presentano problematiche diverse dal Covid: pazienti che arrivano in ospedale per problematiche di base, cardiologiche, respiratorie, renali, internistiche, ma che incidentalmente vengono trovati positivi al tampone e dunque necessitano di isolamento in posti destinati ai Covid positivi”.

L’evoluzione delle ultime settimane racconta di un elevato turnover in corsia: tanti entrano quanti escono. “Questo è legato al fatto che la degenza media dei malati, oggi, è minore a quella di un anno fa. Questo è frutto di due cose: da un lato di quei soggetti che arrivano, e sono circa il 25%, vaccinati con due dosi, che hanno fatto la vaccinazione nei mesi di febbraio-marzo. Un quarto dei ricoveri è rappresentato da persone molte anziane, per le quali il vaccino offre comunque una copertura delle forme più gravi. Il restante 75% è rappresentato da una popolazione non vaccinata, con un’età media intorno ai 55 anni. Per questi malati abbiamo oggi delle armi in più, ovvero gli anticorpi monoclonali, su cui la Liguria ha fortemente investito. Grazie ai monoclonali abbiamo ridotto di molto le ospedalizzazioni, soprattutto se utilizzati nei primi giorni di malattia, e ancora oggi continuiamo ad utilizzarli. Si tratta di uno strumento che ci sta aiutando moltissimo non solo nella gestione per evitare il ricovero, ma anche per i pazienti già ricoverato”.

Una storia dove gestione “moderna” del Covid diventa anche un aggettivo e non più solo una marca di vaccini.

Massimiliano Lussanadi Massimiliano Lussana   
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