[Il commento] “La sindacalizzazione dei militari è ormai incontrovertibile”. Le ragioni di una lotta che viene da lontano
"La ministra della Difesa durante uno dei suoi ormai famosissimi video-selfie pubblicato nei primi giorni dello scorso mese di ottobre, tra le tante assurdità prescrive l'obbligo, per costituendi sindacati, di dover chiedere allo stesso ministro il preventivo assenso per l'effettiva costituzione"
Quando lo scorso 11 aprile la Corte costituzionale annunciò con uno scarno ma significativo comunicato di aver eliminato il divieto che fino a quel momento aveva impedito ai militari italiani di esercitare i diritti sindacali – una banale normalità per gli altri lavoratori - l'opinione pubblica e quasi tutti i maggiori mezzi di informazione, dopo una prima timidissima apertura, forse sbagliando, hanno snobbato la notizia senza comprenderne la reale portata. A distanza di circa 8 mesi da quell'epocale annuncio della Corte le promesse e i proclami coram populo del Governo pentaleghista - quello che si autodefinisce del cambiamento, quello che diceva di voler dare immediata attuazione alla decisione dei giudici costituzionali – e ogni buon proposito sono rimasti lettera morta o si sono miseramente infranti contro le barricate prontamente innalzate dai vertici militari. Nonostante ciò alcune organizzazioni sindacali hanno cominciato a muovere i primi passi e già si stanno delineando due modi distinti e distanti di fare sindacato.
Le barricate dei generali
Dal lato delle imponenti barricate innalzate dai generali la intellighenzia del regime ha iniziato immediatamente a dar vita ad una copiosa produzione di minacciose “veline” e “circolari ministeriali”, tese più alla conservazione della “casta” che all'applicazione del diritto. L'effetto è stato immediato: rafforzare lo scellerato patto di sudditanza tra gli organismi della rappresentanza militare (Cocer) e i vertici militari. Un patto evidentemente stretto da molto tempo nel malcelato tentativo di fermare, o quanto meno ridurre sensibilmente, ogni nascente iniziativa sindacale all'interno delle caserme o, nella peggiore delle ipotesi (per i generali), per controllare e gestire le nascenti organizzazioni sindacali, eterodirette con la complicità e la partecipazione di quei delegati del Cocer che per l'occasione hanno aderito all'ordine di indossare la loro nuova veste da “sindacalisti d'occasione”.
Il diktat della Difesa
Il diktat, sbandierato pubblicamente sui social dalla stessa ministra della Difesa, Elisabetta Trenta, durante uno dei suoi famosissimi video-selfie pubblicato nei primi giorni dello scorso mese di ottobre, tra le tante assurdità prescrive l'obbligo, per costituendi sindacati, di dover chiedere allo stesso ministro il preventivo assenso per l'effettiva costituzione. Insomma il sindacato per potersi costituire e svolgere la propria funzione di tutela dei lavoratori con le stellette deve prima chiedere il permesso al ministro di turno. Permesso che può essere revocato in qualsiasi momento. Una cosa simile può essere tollerata solo in Italia (sic!). Questa bella trovata imposta alla Trenta dai generali che la circondano ha avuto l'effetto di piegare e ritardare (sine die?) l'esercizio dei diritti sindacali e di subordinarli alla valutazione degli umori e delle esigenze della politica che, come la storia insegna, è sempre dalla parte dei generali.
Il conforto della Costituzione
Fortunatamente, sul fronte opposto ai generali, da decenni operano associazioni, movimenti e singoli individui che della difesa dei diritti dei militari ne hanno fatto una questione di etica, un modus vivendi, che li ha portati ad essere “osservati speciali”. Io sono uno di questi. Dopo la pubblicazione della Sentenza della Corte costituzionale n. 120/2018 e l'ormai tristemente famoso diktat della ministra Trenta molte di queste realtà si sono adeguate, hanno chiesto il permesso di esistere, tutte tranne chi scrive assieme ad un nutrito gruppo di coraggiosi e volenterosi cittadini in divisa che lo scorso 1 dicembre ha deciso di dover dare vita al primo sindacato dei militari. Il Sindacato dei Militari - questo è il nostro nome della nostra organizzazione Sindacale - è nato spontaneamente per volontà di militari, in servizio e in pensione, tutti accomunati dalla stessa voglia di riscattare per gli altri e per se stessi i diritti fondamentali – da sempre negati ai militari - che la Costituzione riconosce agli altri lavoratori italiani, senza vincoli gerarchici o deprecabili subordinazioni a fantasiose autorizzazioni ministeriali che la stessa Costituzione, coll'articolo 39, esclude categoricamente.
Fare sindacato per i militari
Fare sindacato per i militari e tra i militari significa dover conoscere ogni aspetto della particolare attività lavorativa che questi cittadini in divisa svolgono in ogni parte del mondo, spesso in condizioni estreme dove anche quelle semplici regole per la tutela della salute o la sicurezza nei luoghi di lavoro, che in altri ambiti sono patrimonio di tutti, dal datore di lavoro all'ultimo dipendente, vengono, talvolta volutamente, ignorate o applicate solo sulla carta. Lo scopo di fare sindacato per e tra i militari non è solo quello di garantire alla categoria la cura e la tutela in ogni sede – politica, sindacale, giurisdizionale ed amministrativa - degli interessi morali, economici, normativi, giuridici, professionali, previdenziali ed assistenziali, è anche e soprattutto quello di rendere l'Amministrazione militare ancora più efficiente e al servizio dei cittadini, nel prioritario interesse dell'intero Paese.
Le storie e i problemi
Fin dai primi giorni di questa nostra attività sindacale abbiamo potuto registrare violenti attacchi, per nostra fortuna ancora solo verbali sui social. Frasi e insulti che sembrano avere la stessa matrice, la stessa origine - anonima ma non troppo - dietro a cui sembrano muoversi indisturbati elementi che sembrano agire in perfetta assonanza con le direttive messe in campo dai vertici militari. Fare sindacato ci porta a conoscere storie e problemi di cui spesso l'opinione pubblica non ha mai sentito parlare e per questa ragione da qui in avanti su questo spazio vi racconterò le storie di quei tanti militari che con noi hanno deciso di fare sindacato e rivendicare i propri diritti negati, di alzare la testa per servire con dedizione ed onore l'Italia e gli italiani.