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[Sotto accusa] La senatrice vive nel lusso ma non paga i conti. La Mercedes finisce sotto sequestro

La sfortuna della Pelino - rispetto alla condizione di un comune mortale - è che tutti conoscono il suo reddito, e quindi sanno che potrebbe benissimo saldare i conti che accumula. Lei, imprenditrice, è legata alla dinastia dei confetti di Sulmona

Luca Telesedi Luca Telese   
Paola Pelino
Paola Pelino

Andrà giudizio ottobre, la senatrice Paola Pelino.  E ci andrà per un motivo davvero curioso: è finita sul libro degli insoluti per una vicenda a dire poco incresciosa. È accusata - pensate un po' - di aver preso un'auto in leasing e di non averla pagata. Non le mancano pochi centesimi, a dire il vero: ha sviluppato un debito di poco meno inferiore a 30mila euro (27.231,85 è la cifra precisa) su un totale di 60mila che avrebbe dovuto pagare in totale. Il mancato saldo delle rate, che erano state concordate con il concessionario per pagare una Mercedes nuova fiammante, le è costato (finora) il sequestro preventivo dell’auto e una citazione diretta in giudizio da parte della procura della Repubblica di Sulmona per il reato poco edificante di "appropriazione indebita".

La senatrice di Forza Italia, infatti, tempo fa aveva deciso di prendere in leasing, una bellissima macchina, una Mercedes E250 Matic Premium.  Dopo aver firmato il contratto, per la sua lussuosa berlina, però, non ha finito di pagare le rate. Un bel problema. Parte la denuncia nei suoi confronti, viene aperto (dal sostituto procuratore della Repubblica Stefano Lafolla) un fascicolo di indagine che - a seguito della denuncia della società di leasing di Genova, ha fatto eseguire il 24 aprile scorso il sequestro cautelativo del mezzo. Il capo di accusa non è di poco conto: "Appropriazione Indebita".

Paola Pelino

E' a questo punto della storia che entra in campo la difesa della senatrice, che ha minimizzato l'accaduto con motivazioni a dir poco sorprendenti: "L’auto era in riparazione – ha spiegato la Pelino per giustificarsi – per questo non avevo pagato alcune rate”. Il suo avvocato, Lando Sciuba, ha aggiunto: “Tutto è stato chiarito, l’auto è stata restituita anche perché il leasing era in scadenza”. Ma la società che aveva ceduto la Mercedes alla senatrice è di tutt'altro avviso, al punto da aver chiesto al procuratore di applicare delle aggravanti dovute allo status. La richiesta di aggravanti è stata respinta, ma la causa resta in piedi e con lei un dubbio. Riuscirà la senatrice a trovare entro ottobre una intesa con la società di leasing per evitare il giudizio?

La domanda ha senso, soprattutto visti i precedenti. Ad esempio il caso di quando la Pelino si ritrovò costretta a difendersi dalla stessa accusa, formulata da una boutique di Pescara per un conto da 11mila euro di vestiti acquistati e non pagati. Nel 2013, infatti la senatrice Pdl era stata condannata in primo grado dopo essersi fatta consegnare gli abiti in un albergo, senza mai saldare il conto. Lei in quel caso si era difesa così: "Guardi, è tutta una montatura dei giornali di sinistra e dei miei avversari politici in Abruzzo. Non mi hanno mai fatto lo scontrino!".

Stupiscono, in questa serie di incredibili e sfortunati eventi, due costanti in apparenza contrastanti tra di loro: quella del lusso e quella dell'insolvenza. Ma stupiscono soprattutto il tenore delle giustificazioni. La senatrice pensa che se l'auto finisce in riparazione la rata non debba essere più corrisposta? Se fosse vero sarebbe una mirabile ingenuità. Del tipo: se uno ha una casa in cui si rompe il tubo, puó dunque pensare di non pagare più l'affitto. Oppure la vicenda dello scontrino: se mi faccio mandare i vestiti in albergo e non lo trovo, sono esentata dal pagare. La Pelino è splendidamente disarmante.

Stupisce, nella sua spavalda e pretesa ingenuità, questa costante del lusso non pagato. "Il lusso è un diritto", recitava un famoso spot della Lancia che suscitò molte polemiche e un piccolo dibattito: la richiesta era una ostentazione eccessiva? Era una rivendicazione legittima? Il segno di un cambio dei tempi? La sfortuna della Pelino - rispetto alla condizione di un comune mortale - è che tutti conoscono il suo reddito, e quindi sanno che potrebbe benissimo saldare i conti che accumula. Ed è ovvio che oggi il dibattito sull'anticasta acquisisce nuovo prezioso materiale, nuova legna su cui ardere. Ma, data la simpatia della senatrice, il suo carattere e il suo piglio, forse stavolta la questione ha qualche fondamento psicanalitico: sarebbe interessante la consulenza di un professionista. Ammesso che metta in conto di non essere pagato. 

Luca Telesedi Luca Telese   
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