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Morto dopo un inseguimento con i carabinieri, spunta un video. Gli amici: i devastatori venivano da fuori

Nelle immagini si vede lo scooter con i due ragazzi scappare con la gazzella che li insegue

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 "Siamo lontani da quanto accaduto l'altroieri sera e ci impegniamo a rispettare la legge nel nostro secondo Paese, l'Italia". Lo dice Yehia Elgaml, padre di Ramy, il 19enne morto in scooter durante un inseguimento con i carabinieri, nella notte tra sabato e domenica, a Milano. Morte a cui sono seguite due notti di disordini nel quartiere dove abitava. "Abbiamo fiducia nella magistratura italiana, e non vogliamo vendetta ma solo sapere ciò che è successo. Ci dissociamo da tutti i violenti, ringraziamo tutti per la loro vicinanza, soprattutto gli italiani: mio figlio ormai era più italiano che egiziano", aggiunge l'uomo.

Gli amici del ragazzo: chi ha devastato il quartiere veniva da fuori

Sono "arrabbiati", "addolorati" e soprattutto "non credono alla versione dei carabinieri" gli amici di Ramy Elgaml. Lo hanno raccontato alla consigliera regionale del Pd Carmela Rozza che oggi ha incontrato una ventina di loro al quartiere Corvetto. E a lei hanno tenuto a dire una cosa: "Chi ha messo a ferro e fuoco il quartiere non eravamo noi. Era gente che veniva da fuori"

Ripetono che sulla dinamica sono state dette "tante bugie" e che ci dovrebbero essere video girati dai testimoni dell'incidente. Per gli amici del ragazzo dalla dinamica si "vede che la macchina dei carabinieri era addosso" allo scooter".

21enne arrestato sarà interrogato giovedì

Sarà interrogato giovedì  il 21enne montenegrino, che nella notte tra lunedì e martedì, nel quartiere milanese Corvetto, ha preso parte, assieme ad un centinaio di ragazzi, alle proteste, in qualche modo simili a quelle delle banlieue parigine, per la morte di Ramy Elgaml. Il pm di turno Paolo Filippini ha chiesto la convalida dell'arresto e la custodia cautelare in carcere per il 21enne con l'accusa di resistenza a pubblico ufficiale aggravata. Il gip Chiara Valori fisserà per giovedìl'udienza di convalida dell'arresto con l'interrogatorio e poi dovrà decidere sulla misura cautelare. Il 21enne, nato in Italia, con permesso di soggiorno scaduto, è stato arrestato anche in seguito all'analisi di un video da cui è risultato, secondo l'accusa, uno dei ragazzi più 'agguerriti' durante la notte di tensione nel quartiere periferico della città. Le aggravanti contestate nei suoi confronti sono l'aver agito in concorso con più di 10 persone da identificare, con volto coperto e con l'uso di armi (le bottiglie), petardi e altro. Mentre si è in attesa che vengano identificati e denunciati anche altri ragazzi che hanno partecipato ai disordini.

La fidanzata: "Non va ricordato con bottigliate e urla"

A vedere le immagini delle tensioni nel quartiere Corvetto per la morte di Ramy Elgaml, il 19enne morto nella notte tra sabato e domenica mentre viaggiava su uno scooter inseguito dai carabinieri “mi si stringe il cuore. Noi stiamo lottando per una morte, non vogliamo crearne altre”. Così Neda Khaled, che a Ramy - racconta - era legata da quatto anni da un rapporto sentimentale. “Ramy era la mia vita. Mi ha scritto alle 3.15. Cinque minuti prima di schiantarsi mi ha mandato una foto in moto. Gli ho risposto alle 4.01, un minuto dopo che se n’è andato”, racconta Neda, intercettata dall’Adnkronos insieme a un gruppo di amiche in via dei Cinquecento, vicino ai tanti cartelli che chiedono “verità per Ramy”.

Voglio chiedere sincerità, verità e giustizia. Voglio che ci vengano dette le cose com’erano: Non mi interessa neanche perché stava scappando. Non è quello il punto. Voglio solo sapere cosa gli è successo. Mi girano troppe domande in testa, voglio risposte, voglio essere in pace anche io”, dice ancora la 19enne, senza lasciar trasparire rabbia. Le scorse sere - racconta - “sinceramente non sono mai scesa” in strada con i ragazzi che nelle proteste hanno appiccato fuochi, lanciato petardi e scoppiato fuochi d’artificio. Questo “non perché non tengo a Ramy, ma perché a vedere quelle immagini mi si stringe il cuore. Noi stiamo lottando per una morte, non vogliamo crearne altre. Domenica hanno investito una ragazzina, Ramy non lo avrebbe mai voluto. Non dico che sbagliano a protestare, anzi se non avessero protestato il suo nome non sarebbe mai uscito. Adesso tutti sanno chi è Ramy, però comunque fa male vedere bottiglie, gente che si picchia, insulti e urla. Non è così che dev’essere ricordato Ramy. Dev’essere ricordato come una persona pacifica e tranquilla che non cercava e non creava problemi”.

Le indagini

Intanto, nelle indagini sull'incidente, coordinate dal pm Marco Cirigliano, è stato iscritto nel registro degli indagati per omicidio stradale in concorso, a garanzia e per tutti gli accertamenti, anche il carabiniere che era alla guida della macchina di servizio, oltre al 22enne tunisino che guidava lo scooter, pure arrestato per resistenza (i due non si sono fermati ad un posto di blocco e sono stati inseguiti per 8 km) e ancora ricoverato in ospedale. Oltre all'analisi più approfondita delle telecamere, su un eventuale impatto tra l'auto e lo scooter, saranno effettuati accertamenti tecnici, anche attraverso una consulenza, per ricostruire l'esatta dinamica dell'accaduto. 

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