La Sciarelli sotto assedio, il complotto eversivo e la polpetta avvelenata
"Avete preso un granchio", aveva scritto di getto Marco Lillo sul Fatto, il giorno in cui si è saputo che anche Federica Sciarelli era indagata per la vicenda della fuga di notizie su Consip. È disarmante che non abbia visto, non abbia messo in conto che il granchio, anzi la polpetta avvelenata la potesse aver divorata lui in un solo boccone senza accorgersene

Che angoscia, per Federica Sciarelli. Ore terribili. Chiusa in casa, per respingere l'assedio del circo Barnum dei media, telecamere e macchine fotografiche pronte a immortalare una smorfia, una lacrima.
Sono ore drammatiche. Si è sentita strumentalizzata. È entrata dentro un meccanismo più grande di lei, anzi non ha mai immaginato di poter essere utilizzata come una pedina da Marco Lillo, il giornalista del Fatto, amico sia della Sciarelli che del Pm Henry John Woodcock.
Ora aspetta fiduciosa che il tecnico della Procura concluda il suo lavoro per recuperare il suo cellulare, per dimostrare la sua innocenza. Chat e sms non potranno che confermare la sua buona fede, la sua ignoranza sulla inchiesta Consip. Ma è provata, molto provata. Sempre così solare, sorridente, piena di energia, Federica Sciarelli si ritrova scaraventata in un buco nero dal suo amico Marco Lillo.
«Avete preso un granchio», aveva scritto di getto Marco Lillo sul Fatto, il giorno in cui si è saputo che anche Federica Sciarelli era indagata per la vicenda della fuga di notizie su Consip. Pensava così di mettersi con la coscienza a posto e garantire lui sull'innocenza di Woodcock e quindi della Sciarelli. È disarmante che non abbia visto, non abbia messo in conto che il granchio, anzi la polpetta avvelenata la potesse aver divorata lui in un solo boccone senza accorgersene.
Dunque, a poche ore dalla iscrizione sul registro degli indagati del comandante generale dell'Arma dei carabinieri, Tullio Del Sette, del comandante dei carabinieri della Toscana, il generale Saltalamacchia, del ministro Lotti per la fuga di notizie agli indagati, Marco Lillo riceve la soffiata del secolo.
Il segugio di giudiziaria sa perfettamente che Woodcock non gliela confermerà mai. A lui interessa capire se il Pm napoletano è a Roma per consegnare il fascicolo della inchiesta sulla fuga di notizie, dopo che, il giorno prima, era stata perquisita la sede Consip proprio mentre era in corso la bonifica degli uffici.
L'esito positivo della perquisizione dal punto di vista dell'accusa rappresentava un formidabile riscontro alla fuga di notizia a favore degli indagati.
Bisogna avere pazienza e fiducia nel procuratore Giuseppe Pignatone. Per quello che si intuisce dalle cronache giudiziarie che abbiamo letto in questi giorni, oggettivamente nella e sulla inchiesta si è innestata una «strategia eversiva» (sono parole ascoltate da protagonisti di questa vicenda).
Lasciamo il merito della corruzione Consip. La fuga di notizie ha oggettivamente messo in fibrillazione il governo, il Comando generale dei carabinieri, la Procura di Napoli. Aggiungiamo che di pari passo alla compromissione nella fuga di notizie dei vari indagati, secondo testimoni e chat recuperate dai cellulari degli stessi indagati, la Procura generale della Cassazione, il Csm, la Procura generale di Napoli, la Prima Commissione di palazzo dei Marescialli che discute e decide sul trasferimento d'ufficio dei magistrati per incompatibilità ambientale, stanno discutendo il fascicolo «Woodcock».
Di fronte a questo quadro così compromesso, se davvero siamo di fronte a un attacco eversivo perché non prendere in considerazione che la fonte primaria di Lillo sia uno dei protagonisti di questo attacco eversivo. C'è chi in queste ore a Roma e altrove si augura che Marco Lillo aiuti a delineare i contorni del complotto, svelando l'autore della fuga di notizie.