Prove di guerra, un mese di esercitazioni militari in Sardegna. I pacifisti: "Nessuna opportunità da tutto questo" #GNIC2023
In corso fino al 15 maggio massicce operazioni nel Sud dell'Isola, con movimentazione di migliaia di uomini e mezzi da 23 Paesi. Il 28 aprile i fumogeni non hanno spento la rabbia dei movimenti che chiedono la chiusura delle basi
Questo articolo è scritto per la Giornata nazionale dell’informazione costruttiva 2023 (#GNIC2023) che ricorre il 3 maggio ed è organizzata dal Movimento Mezzopieno. Tra i promotori ci siamo anche noi di Tiscali News. Il nostro contributo è finalizzato a far emergere il contrasto tra la politica dei governi che prepara alla guerra e incrementa gli investimenti in armamenti e quella dei movimenti pacifisti e antimilitaristi le cui rivendicazioni, in Sardegna, si fondono con l'istanza di chiusura delle basi militari.
C'è qualcosa di simbolicamente molto forte dietro la scelta dei movimenti pacifisti sardi di urlare il proprio "no" alla mega esercitazione militare nel giorno di "Sa die de sa Sardigna", divenuto oggi "un simbolo di liberazione abusato, istituzionalizzato e folklorizzato". Il 28 aprile deve ritrovare "un significato preciso" che, secondo gruppi quali "Sardinnia Aresti", "A foras" e "Sardegna chiama Sardegna", è la presa di posizione netta e decisa contro le basi militari (il 65% delle servitù dell'intera Italia si trova nell'Isola ndr) e contro la cultura della guerra. In quella data emblematica, i pacifisti si sono dati appuntamento davanti alla base aerea di Decimomannu, circa 20 chilometri da Cagliari, per troncare simbolicamente il reticolato che circonda il sito e manifestare così il dissenso verso la "militarizzazione" dell'Isola. I poliziotti in assetto antisommossa erano lì ad aspettarli, pronti alla carica. Idranti e lacrimogeni sono serviti a impedire il contatto e per fortuna non ci sono stati feriti. Alcuni militanti sono stati dentificati mentre la loro determinazione, stando a quanto scrivono su comunicati e post social, è tutt'altro che scalfita: la chiusura dei poligoni resta l'obiettivo ultimo.
Un'esercitazione militare senza precedenti
Ma la guerra in Ucraina sembra dare altre priorità allo Stato italiano, all'Ue (che esorta gli Stati a produrre più armi ndr) e soprattutto alla Nato. Sono tre le operazioni militari che dal 27 aprile proseguiranno fino al 14 maggio e oltre, per terra, nei cieli e nel mare intorno all'Isola, denominate rispettivamente Noble Jump, Joint Stars e Mare Aperto con direttrici i due poligoni interforze del Salto di Quirra, a Est della Sardegna, e di Teulada (a Sud). Una movimentazione di mezzi e uomini mai vista prima: uomini e mezzi provenienti da 23 nazioni di cui 12 della Nato (tra queste Germania, Olanda e Norvegia, insieme a Lettonia, Grecia, Repubblica Ceca, Lussemburgo e, ovviamente, Italia) e partner, che saranno coinvolti in simulazioni di guerra fino al "Demonstration Day", la giornata della "dimostrazione" appunto, nella quale le potenze alleate congiunte saggeranno la prontezza delle capacità di combattimento della Nato in uno scenario di guerra. La Noble Jump andrà avanti sino al 14 maggio, mentre l'8 dello stesso mese prenderà il via la Joint Stars, che vedrà impegnati 6mila tra militari e di civili, circa 900 tra mezzi terresti, aerei e navali solo italiani, nei poligoni sardi: è l'operazione "più importante della Difesa, pianificata e condotta dal Comando Operativo di Vertice Interforze (COVI)".
Nelle stesse ore in cui i manifestanti marciavano verso Decimonannu, il ministro della Difesta, Guido Crosetto, si trovava a bordo dell'ammiraglia della Marina militare italiana, la Cavour, impegnata nelle manovre di Mare Aperto, iniziata da diversi giorni. "Il ministro - si legge in un comunicato ufficiale - ha voluto condividere con tutto il personale i momenti salienti dell’esercitazione". A dimostrare una piena adesione del governo a operazioni che gli antimilitaristi di Sardinnia Aresti non stentano a definire "di preparazione alla guerra nell'Est Europa".
Il collegamento con il conflitto in Ucraina è dichiarato. "Noble Jump in particolare – ha detto il capitano di Marina del comando alleato di Napoli, William Urban, come riportato dal Manifesto – dimostra che la Nato è pronta a difendere gli alleati. È una dichiarazione della nostra determinazione e delle nostre capacità". Il significato di Joint Stars è invece addestrare le forze armate italiane "nella protezione di spazi aerei, terrestri e marittimi, nella sicurezza cibernetica e spaziale, nella difesa da contaminazione chimica o nucleare e nel contrasto alle minacce derivanti dalle tecnologie emergenti, sempre più spesso utilizzate nella fabbricazione di droni sottomarini o aerei". Tutto questo, si legge ancora, è fatto per "testare unità e assetti delle forze armate nazionali per operazioni di difesa del territorio nazionale e dell’Alleanza atlantica. L’evento addestrativo verterà prima su una risposta civile a una crisi umanitaria e di sicurezza pubblica e poi su una successiva risposta militare interforze e multinazionale". Il richiamo è all'articolo 5 del Trattato del Nord-Atlantico "che stabilisce il principio di difesa collettiva in caso di aggressione a uno dei paesi alleati".
Sardegna invasa: basta con le politiche di guerra
Per il movimento "no war" tutto questo è indice di una deriva folle. "La Sardegna è invasa: convogli militari occupano le statali del sud dell’isola, il golfo di Cagliari è assediato dalle navi dell’Alleanza. Non c’è nessuna opportunità in tutto questo per chi vive questa terra", dicono i militanti di Sardinnia Aresti attraverso un comunicato. "Chi occupa deve essere cacciato - si legge ancora - per non lasciar trascinare questa terra nella spirale che oggi organizza la guerra globale altrove e che ritorna dalle nostre parti come guerra sociale fatta di abuso del territorio, inflazione galoppante, incertezza sistemica".
"Le basi militari non hanno portato altro se non distruzione, inquinamento e malattie - dice Nicoletta Pucci di Sardegna chiama Sardegna -: la sindrome di Quirra ne è un esempio lampante. È un falso mito credere che l’installazione di basi abbia generato progresso e lavoro. I dati dimostrano che, soprattutto in quelle aree, il tasso di spopolamento, in un’Isola che è già fortemente colpita da questo problema, è maggiore che altrove. L’alternativa - conclude - è quella di guardare oltre le politiche di guerra e generare nuove opportunità occupazionali e di sviluppo".