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Santoro e Travaglio sempre più distanti: la guerra su Renzi ora diventa scontro fra soci

Prima la maldestra puntata di Servizio Pubblico che resuscitò il Cavaliere, poi la divisione sull'ex premier e il M5s. Ora si combatte a colpi di investimenti

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Marco Travaglio con Michele Santoro
Marco Travaglio con Michele Santoro

La frattura si è prodotta qualche settimana prima del verdetto delle urne lo scorso 5 dicembre. Quello che è costato a Matteo Renzi le dimissioni dopo la secca sconfitta al referendum sulle riforme. Poco prima del voto, Michele Santoro veniva folgorato sulla via di Pontassieve, affermando che il futuro del Pd era tutto nell'energia dell'allora premier, mentre diventava definitivo il suo giudizio negativo sul MoVimento 5 Stelle, giudicato un partito di destra. Da allora le cose fra Santoro e il suo storico amico e sodale giornalistico Marco Travaglio si sono fatte complicate. E non paiono migliorare, anzi.

Meno soldi investiti nel Fatto

E' in piena ridefinizione la composizione degli investitori nella società editoriale che tiene in vita Il Fatto Quotidiano. Tra i soci c'è anche Santoro con la sua compagna Sanja Podgayski, che detengono il 7% del capitale del giornale diretto da Marco Travaglio. Quelle quote sarebbero dovute aumentare, ma dopo la rottura provocata dai pareri opposti su Renzi (Il Fatto di Travaglio è stato praticamente l'unico quotidiano ad essere costantemente contro il governo dell'ex premier) questo non accadrà. Proprio mentre Lorenzo Fazio, patròn della casa editrice Chiarelettere, annuncia ad ItaliaOggi: "Il nostro ruolo si è esaurito, la nostra presenza nel Fatto non è più primaria". Chiarelettere detiene il 16% del Fatto, ma si sta ritirando dopo che Travaglio ha fondato la sua casa editrice PaperFirst, che sta strappando diversi autori al celebre marchio editoriale dedicato alla letteratura d'inchiesta. In ritirata anche l'editore Aliberti, che partecipava col suo 12% alla sopravvivenza del giornale diretto da Travaglio, e così pure Edima, dell'imprenditore delle calzature Enrico Paniccià. Tiene duro Padellaro, così come Gomez, che però rappresentano il fronte anti Grillo e Raggi che divide in due l'anima del giornale, dato che Travaglio continua ad essere fortemente grillino. Ma anche Santoro potrebbe avere grane dalle tensioni con l'ex grande alleato giornalistico.

La prima rottura "per colpa" del Cavaliere

Se il conduttore e produttore di Italia, tornato sugli schermi Rai dopo gli anni trascorsi fra Sky e La7, pare intenzionato a ridurre le sue quote nel Fatto Quotidiano, non bisogna dimenticare che Marco Travaglio tramite la società editoriale del suo giornale detiene ben il 47% di Zerostudio, nuova creatura di Santoro da cui nasce Italia. Travaglio e Santoro condividono anche le sedi di lavoro, in una palazzina romana del Celio di proprietà di un ente religioso (come ha svelato Prima Comunicazione) dove si trova la redazione del Fatto ma anche lo staff di Zerostudio che ogni settimana crea le puntate di Italia. Era un polo editoriale e giornalistico con rapporti molto stretti, soprattutto dal punto di vista economico, ma ora lo scenario cambia. E secondo molti fu proprio quella maldestra puntata di Servizio Pubblico in cui Santorò ospità Silvio Berlusconi, che da quel confronto con lui e Travaglio beneficiò, crescendo di oltre l'1% nel gradimento degli italiani e dilagando per tutta la serata. Santoro ammise: "Prima Berlusconi era stato contenuto, tenuto nel recinto. Con il pezzo di Marco ci fu la svolta. Io feci un errore tecnico: mi misi da parte. Lasciai la scena a Travaglio, convinto che il match si decidesse tra loro due. Con me la faccenda avrebbe preso un’altra forma. Ci sarei andato diversamente, avrei scherzato, avrei alleggerito, sarebbe continuata una schermaglia minore e Berlusconi non avrebbe potuto avere quel lunghissimo e stucchevole monologo che tutti ricordano". Tutti ricordano come finì: Travaglio lasciò la trasmissione e Santoro lo incalzò con un "non si insultano le persone". Prima divisione fra i due, poi lo schieramento agli antipodi su Renzi. Ora gli affari da riconsiderare. 

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