[La polemica] Salvini furioso tira per la giacca Mattarella e Di Maio gli lancia una ciambella di salvataggio. Ma quei soldi spariti li ha usati anche lui
Salvini è furioso per la decisione della Cassazione che ha dato ragione alla Procura di Genova e ha dato il via libera alla confisca di denaro riconducibile alla Lega fino a raggiungere il tetto di quasi cinquanta milioni di euro. Perché sono finiti trecentomila euro anche ad Ancelor Mittal il colosso siderurgico indiano che ha comprato la nostra Ilva?
Ma alla fine, a chi sono finiti i soldi della Lega truffati allo Stato? I quasi cinquanta milioni di euro sono stati spesi per le iniziative politiche del Carroccio? Per la campagna elettorale delle regionali? Perché Bossi, Maroni, Salvini - che negli anni dei rimborsi finiti sotto osservazione sono stati i responsabili politici del movimento - non sono riusciti mai a spiegare dove sono stati dirottati i fondi dei rimborsi elettorali?
Colpisce l’inedito e violento tentativo della Lega di trascinare il Quirinale nelle polemiche politiche. Il partito di Salvini denuncia che "la democrazia è a rischio", "che vogliono mettere fuori gioco per via giudiziaria il primo partito italiano". E chiede udienza al Capo dello Stato, Sergio Mattarella. Come se il Colle dovesse aprire un inedito conflitto costituzionale intervenendo su una decisione della Suprema Corte, il massimo organo giurisdizionale.
Dove sono i soldi della Lega?
Questa volta la Lega è furiosa per la decisione della Cassazione che ha dato ragione alla Procura di Genova, e dunque ha dato il via libera alla confisca di denaro riconducibile alla Lega fino a raggiungere il tetto di quasi cinquanta milioni di euro. La richiesta della Lega è stata stigmatizzata dal Pd ("è la richiesta di invasione di competenze costituzionali") e il Csm si è detto "preoccupato per i toni inaccettabili" della polemica.
L’offensiva della Lega riserverà sicuramente altri colpi di scena, nell’estremo tentativo di inquinare la realtà, di bloccare una decisione della magistratura. Consapevole, la Lega, che dopo la truffa aggravata ai danni dello Stato, la posta in gioco delle indagini investigative è la verifica della ipotesi di riciclaggio.
Da parte di Di Maio un falso storico
È vero che il leader dei Cinque Stelle, Luigi Di Maio, prende le distanze dalla Lega ricordando che le sentenze vanno rispettate, ma getta la ciambella di salvataggio nei confronti di Salvini circoscrivendo i fatti alla stagione della Lega di Umberto Bossi.
Un falso storico, un tentativo di inquinare la realtà. Perché è vero che le responsabilità penali della truffa sono circoscritte all’ex segretario della Lega, Umberto Bossi, all’ex tesoriere Francesco Belsito, ad alcuni amministratori della Lega, ma i rimborsi elettorali sono arrivati nelle casse del Carroccio diluiti negli anni. E quindi sono coinvolti anche i successivi segretari della Lega, Roberto Maroni e Matteo Salvini.
E dire che da almeno un anno, dal settembre scorso quando i giudici genovesi di primo grado hanno condannato gli imputati per truffa aggravata, i dirigenti del Carroccio sapevano della confisca dei fondi. Hanno cercato di correre al riparo procedendo con una modifica sostanziale e formale del destinatario dei rimborsi elettorali. Alla Camera “Lega Nord per l’Indipendenza della Padania” non esiste più, sostituita da “Noi con Salvini premier”. E al processo contro Bossi e Belsito, Salvini ha dato indicazione di non costituirsi parte civile.
Ora il fedelissimo tesoriere di Salvini, Giulio Centemero, banalizza la vicenda sostenendo che i 49 milioni e rotti di euro sono stati utilizzati per fare politica e che i fondi distratti dai conti correnti della Lega per le spese della “the family”, dalla famiglia Bossi, sono “marginali”. Dimenticandosi, Centemero, di dire che quei fondi sono finiti anche in spericolate e vietate operazioni di investimenti in obbligazioni.
In una inchiesta esclusiva, “L’Espresso” ha ricostruito i movimenti dei fondi pubblici del Carroccio. E appunto ha svelato che milioni di euro sono finiti in obbligazioni di colossi come la General Electric, la spagnola Gas Natural, di Mediobanca, Enel, Telecom, Intesa Sanpaolo. Eppure la legge del 2012 è molto chiara: i partiti politici non possono scommettere i propri denari su strumenti finanziari diversi dai titoli di Stati dei Paesi dell’Unione Europea.
Lasciamo stare i primi milioni investiti in diamanti e lingotti d’oro in Tanzania via Cipro, e poi fatti rientrare precipitosamente all’alba delle prime indagini degli investigatori di Napoli e Reggio Calabria. Ma perché sono finiti trecentomila euro anche ad Ancelor Mittal il colosso siderurgico indiano che ha comprato la nostra Ilva?
Secondo L’Espresso, nel maggio del 2012, la Lega ha aperto un conto corrente alla filiale Unicredit di Vicenza facendo arrivare su quel conto quasi 25 milioni di euro prosciugati in quattro anni attraverso un giro vorticoso di Bonfili.
Un nuovo conto corrente, con Maroni segretario, è stato aperto alla Cassa di Risparmio di Bolzano, il cui presidente, Gerhard Brandstatter è un socio d’affari dell’avvocato della Lega, il calabrese Domenico Aiello. Insomma, la Catena di Sant’Antonio della Lega è riuscita in tutti questi anni a nascondere, a coprire spericolate operazioni finanziarie. Di fondi pubblici, che non dovevano fare questa fine.