La salute degli immigrati peggiora negli anni di permanenza in Italia
Arrivano sani e più passano gli anni e più si ammalano: una ricerca Inmp/Istat svela perché
Arrivano sani e più passano gli anni più si ammalano. E’ questo, in estrema sintesi, uno dei risultati dell’indagine sullo stato di salute della popolazione immigrata presentato stamani a Roma nel cosro del convegno “Epidemiologia della salute della popolazione immigrata in Italia: evidenze dalle indagini multiscopo Istat”, organizzato in collaborazione dall’Istat e dall’Inmp (Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni Migranti ed il contrasto delle malattie della Povertà). I lavori sono stati aperti dal direttore dell’Inmp Concetta Mirisola e dal direttore delle statistiche sociali e il censimento della popolazione Istat Vittoria Buratta. La relazione introduttiva è stata svolta da Flavia Bustreo, vicedirettore Salute della Famiglia dell’Oms (Organizzazione mondiale della sanità).
I dati esposti nel convegno sono il frutto dell’analisi di indagini sulla salute (condotte su circa 60.000 famiglie e 120.000 individui) e sull’integrazione degli stranieri (condotte su un campione nazionale di circa 10 mila famiglie con cittadino straniero residente per un totale di oltre 20 mila stranieri). Una gran mole di dati che ha consentito di fotografare la situazione attuale e anche di individuare i cambiamenti avvenuti nell’ultimo decennio. Non solo quelli legati alle effettive condizioni di salute, ma anche alla percezione del proprio stato di salute si ha.
Ed ecco il dato sul peggioramento con la permanenza di Italia: “ Effettuando un confronto con gli italiani – sottolinea la ricerca - si è osservato che, mentre nel 2005 gli stranieri presentavano uno stato di salute migliore, nel 2013 le differenze si sono ridotte e addirittura annullate per quanto riguarda la salute fisica, e, in aggiunta, è aumentata la quota di persone che dichiarano cattiva salute mentale, proporzionalmente in misura maggiore tra gli stranieri, soprattutto tra le donne”.
Questo peggioramento della salute fisica e anche mentale degli stranieri da tempo residenti trova riscontro anche nella percezione del proprio stato di salute. Dall’indagine – i cui risultati sono stati discussi in una tavola rotonda coordinata da Giuseppe Costa – emerge infatti che “gli stranieri che risiedono in Italia da oltre 10 anni hanno una probabilità superiore del 20 per cento di dichiarare cattiva salute percepita rispetto a chi sta in Italia da meno tempo”. In sostanza, anche a causa delle crisi economica, è diventato più rapido il processo di assimilazione degli stranieri agli stili di vita delle fasce più povere della popolazione italiana. E si sta sostanzialmente esaurendo quel “vantaggio di salute” che gli stranieri presentano al momento dell’arrivo.
La prevenzione dei tumori femminili
In generale, infatti, gli stranieri si sottopongono meno degli italiani a test e analisi di prevenzione sanitaria. Nel campo dei tumori femminili (si parla quindi del pap test e della mammografia) rispetto al 2005 la distanza tra donne italiane e donne straniere è diminuita solo nel Centro-Nord, mentre è cresciuta nel Mezzogiorno. Ed esistono differenze rilevanti all’interno della comunità straniera. Si sottopongono ai test di prevenzione le immigrate provenienti dai paesi più sviluppati, ma anche dal Sud America (il 95,4 per cento), mentre è debole la prevenzione tra le donne di provenienza africana.
Il sovrappeso e l’obesità
Il 40 per cento della popolazione italiana presenta problemi di sovrappeso e obesità e un valore analogo lo si osserva tra gli stranieri. In particolare, i cittadini stranieri tra i 18 e i 64 anni in sovrappeso sono il 30,9 per cento e il 7,8 per cento è obeso. Le prevalenze sono mediamente più alte tra gli uomini. E’ sovrappeso quasi la metà dei maschi stranieri stranieri (48,3 per cento) e un terzo delle donne (30,4 per cento).
Anche in questo campo i dati si diversificano in modo consistente a seconda della provenienza. Il problema riguarda maggiormente, tra gli uomini, quelli provenienti dai paesi dell’Europa dell’Est e, tra le donne, le marocchine, le indiane, le moldave e le albanesi. Significativo il fatto che il rischio di trovarsi in queste condizioni sia meno alto per gli stranieri che vivono in famiglia con italiani.
Le visite di controllo
Sempre nel campo della prevenzione, la ricerca evidenzia che mediamente, nell’arco di un mese, il 10,5 per cento della popolazione straniera tra i 18 e i 64 residente in Italia si sottopone a visite di carattere preventivo, mentre lo fa il 15 per cento degli italiani della stessa fascia d’età. Qua la differenza è molto rilevante tra i generi: infatti le percentuale tra le donne straniere si avvicina alla media nazionale (il 13,9 per cento si sottopone a visite preventive), mentre tra gli uomini è lontanissima (lo fa il 6,7 per cento).
Guardando ai dati a partire dai paesi si provenienza, si è poi constatato che gli asiatici si sottopongono meno di tutti gli altri alle visite preventive: l’8,2 per cento dei filippini, il 6,8 per cento degli indiani e appena il 3,6 per cento dei cinesi.
Le vaccinazioni antinfluenzali
In un altro campo della prevenzione, quello delle vaccinazioni antinfluenzali di soggetti a rischio di complicanze (come gli anziani e le persone affette da patologie croniche) negli anni 2012-2013 tra gli immigrati la copertura è stata largamente inferiore a quella degli italiani: il 16,9 per cento contro il 40,2 per cento. Esaminando questi dati in relazione alle condizioni socio-economiche degli immigrati che risiedono in Italia da oltre dieci anni, si trovano spiegazioni analoghe a quelle valide anche per gli italiani più disagiati. Ma se si esaminano gli immigrati recenti e quelli africani di lunga permanenza, tra i quali il ricorso alle vaccinazioni è modesto, subentrano altre possibili cause. Nella ricerca si avanza l’ipotesi che “la copertura vaccinale antiinfluenzale in questi due sottogruppi sia influenzata da altre barriere informali, quali quelle culturali e linguistiche, che dovrebbero essere indagate approfonditamente per promuovere efficaci strategie di accesso alla vaccinazione”.
La salute mentale e la crisi
Un altro degli effetti della crisi economica sulla salute lo si riscontra esaminando le condizioni dei lavoratori immigrati che hanno subito qualche forma di discriminazione sul lavoro. In questa categoria, la percezione di cattiva salute mentale è superiore del 25 per cento rispetto alle altre. Rilevante il fatto che i dati – così come quelli generali sulle condizioni di salute – peggiorano tra gli immigrati che risiedono in Italia dal almeno cinque anni.
La salute degli immigrati irregolari
La ricerca affronta – nei limiti imposti dalla limitatezza e dalla parcellizzazione dei dati – anche la questione delle condizioni di salute degli immigrati irregolari. I dati disponibili rivelano, come d’altra parte era immaginabile, che essi presentano “una maggiore vulnerabilità, sia per la maggiore esposizione a povertà ed esclusione sociale, sia per la ritrosia ad avvicinare i servizi sanitari indotta dal timore legato allo status giuridico delle persone”. Per superare tali ostacoli occorrono da un lato l’attivazione di iniziative che possano facilitare l’accesso all’assistenza sanitaria e dall’altro maggiori strumenti di misura epidemiologici. “Il nostro Paese – sottolinea la ricerca - offre ampie tutele giuridiche alla salute degli irregolari; tuttavia l’applicazione effettiva di tali diritti non è sempre realmente assicurata in modo omogeneo”.