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Maresciallo dei vigili licenziato perché andava a pesca durante l'orario di lavoro: "Rivoglio il mio posto e gli stipendi arretrati"

Ha perso 30 Kg e ha persino pensato di suicidarsi. Ora è senza stipendio e non sa come andare avanti

Antonio Mennadi Antonio Menna   
Maresciallo dei vigili licenziato perché andava a pesca durante l'orario di lavoro: 'Rivoglio il mio posto e gli stipendi arretrati'

Vuoi vedere che alla fine dobbiamo chiedergli anche scusa e provare solidarietà per il suo "dramma umano"? Ha perso trenta chili, in questi mesi, ha pensato di suicidarsi, era agli arresti domiciliari, ora ha l'obbligo di dimora, è senza stipendio e non sa come andare avanti. Si tratta di Pasquale Solari, un ormai ex maresciallo della Polizia municipale di Pescara, arrestato nel luglio scorso per truffa pluriaggravata. Era stato sorpreso e fotografato mentre si assentava dal lavoro per dedicarsi a tutt'altro. L'amministrazione lo ha licenziato in tronco. Ma lui non ci sta. Minaccia azioni legali, ricorsi, richieste di risarcimento. Insomma, vuole rovesciare il tavolo di un’Italia già al rovescio, e non è detto che - proprio per questo - non ci riesca.

Il licenziamento

Il primo ricorso è stato presentato davanti alla Commissione provinciale del Lavoro e al Giudice del Lavoro. Obiettivo, annullare il licenziamento. Com'è noto, esiste un'ampia giurisprudenza secondo cui non si può licenziare un dipendente pubblico, neppure per assenteismo, se prima non arriva una sentenza definitiva. Nel caso di Solari si sono concluse le indagini ma non si è ancora a processo. L'atto con cui l'amministrazione comunale di Pescara ha agito è stato, però, coraggioso, veloce e perentorio, utilizzando le norme del decreto Madia. L'Ufficio procedimenti disciplinari del Comune, a fine settembre, dopo una breve indagine, ha deciso: licenziamento immediato senza preavviso.

I ricorsi

Ora gli avvocati dell'ex maresciallo della Municipale vogliono l'annullamento del licenziamento, mentre sarebbe già pronta la richiesta di avere indietro tutti gli stipendi che gli sono stati negati in questi mesi.  Ma non basta. Solari sarebbe pronto ad andare oltre. Vuole scrivere a tutti. Quirinale, Guardiasigilli. Si ritiene vittima di una colossale ingiustizia e prepara una guerra a colpi di carta bollata.

Fatti gravi

In realtà, a leggere le carte dei finanzieri del Nucleo di Polizia tributaria di Pescara, i fatti appaiono gravi e abbastanza evidenti. Secondo gli inquirenti, infatti, Solari dal gennaio al marzo del 2016 (periodo messo sotto sorveglianza dalla polizia) non si sarebbe mai recato al lavoro pur risultando sempre presente. L'ex maresciallo è stato fotografato, proprio in quegli orari, a pesca su una barca, a passeggio sul lungomare, al bar, e perfino a giocare al videopoker. Il tutto, intascando in quei tre mesi, con puntualità, il lauto stipendio mensile.

L'autogestione

Finito agli arresti domiciliari, poi diventato obbligo di dimora, licenziato in tronco, rimasto senza stipendio, oggi Solari grida all'ingiustizia.  «Il mio lavoro l’ho sempre fatto - dice al quotidiano Il Centro -, ma gestendomi da solo il turno al parco D’Avalos, dove per anni ci sono stato solo e sempre io. E non come adesso che al mio posto ci hanno messo quattro persone». Insomma, non è un furbetto del cartellino ma un vigile in autogestione. Ma c'è di più. "Perché mi hanno licenziato - continua Solari secondo quanto riportato dal Centro - se nella scheda di valutazione di quest’anno, firmata dal comandante, i miei voti sono in regola come capacità organizzativa, di collaborazione e come flessibilità?"

Il complotto

Immediato scatta l'idea del complotto. "Perché poi - si sfoga ancora l'ex maresciallo -   le indagini sono state avviate sulla base di esposti anonimi? E poi perché se ne occupa la Procura di Chieti, quando il reato sarebbe stato consumato a Pescara? La verità è che non vogliono che torni a Pescara, e mi tengono così, mentre c’è chi con reati ben peggiori se ne va in giro libero". Insomma, è tutto esagerato. In fondo che ha fatto di male? Si poteva chiudere un occhio, no? Perchè tanta severità? Perché proprio con lui? Perchè accanirsi?

Il retropensiero

Domande che nascondono un retropensiero, che è costante nella cultura di questo Paese: l'intransigenza va invocata sempre e solo con gli altri, con se stessi si può essere indulgenti. Il cartellino? Che importa, mi gestivo da solo il turno. Il licenziamento disciplinare? Troppo severo, come campo adesso? Gli arresti domiciliari? Vogliono vedermi morto. Mai che da una vicenda così uscissero almeno le scuse. Non dico agli altri, a quelli che pagano le tasse, o a quelli che si spaccano la schiena per guadagnare due euro. Ma almeno a se stessi, alla propria vita mandata in fumo per quel senso di impunità che si trasforma sempre in mancanza di pudore. C'è da augurarsi, a questo punto, che la giustizia sia veloce e che incassato il verdetto, si dia finalmente un segnale definitivo su questioni su cui non si perdono solo denari e tempo, ma anche la faccia.

Antonio Mennadi Antonio Menna   

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