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[Il punto] Dai Pronto soccorso alla ostetricia: i reparti ospedalieri che rischiano la chiusura in Italia

La normativa prevede che si rispettino certi requisiti, ma non tutti lo fanno. In una inchiesta sul Corriere la situazione nel nostro Paese Regione per Regione. Ecco quelle dove ci sono più reparti fuori legge

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
Pronto soccorso (Ansa)
Pronto soccorso (Ansa)

L’inchiesta di Milena Gabanelli e Simona Ravizza sul Corriere della Sera riguardo alla corrispondenza dei reparti ospedalieri italiani ai parametri ottimali previsti, risulta particolarmente interessante e induce a una riflessione sulla situazione generale del nostro sistema sanitario. Stando alle direttive internazionali gli ospedali devono avere un determinato volume di attività. Prevale in definitiva l’assunto per cui “in medicina più casi tratti e meglio lo fai”. Più numeri significherebbero in linea generale più esperienza. Senza dimenticare tuttavia un altro aspetto per taluni forse più importante: che incidendo su economie di scala più ampie - in un periodo in cui le questioni di bilancio prevalgono purtroppo sulle altre - si spendono meno soldi pubblici.

Così quando si parla di cardiochirurgia e neurochirurgia occorre considerare che è previsto un reparto  per almeno 600mila abitanti e per chirurgia vascolare uno per almeno 400mila. Seguendo questo criterio risulterebbero in Italia 115 reparti di troppo: 12 su 100 per la cardiochirurgia, 51 su 160 per la neurochirurgia e 52 su 207 per la chirurgia vascolare.

I Pronto soccorso

Accantonando al momento considerazioni sulla necessità di garantire un servizio adeguato a tutti i cittadini, anche a quelli che hanno la sfortuna di risiedere in località isolate e con meno concentrazione abitativa, vediamo cosa dicono ancora le indicazioni esistenti. Per i reparti di Pronto soccorso, per esempio, la media è di almeno 20mila pazienti all’anno e per quelli dove avvengono i parti è di 500. Sono questi i numeri limite recepiti dalla disciplina introdotta dall’ex ministro della Salute Beatrice Lorenzin con un provvedimento dal titolo impegnativo: Definizione degli standard qualitativi, strutturali, tecnologici e quantitativi relativi all’assistenza ospedaliera.

Ostetricia (Ansa)

Una previsione con conseguenze inevitabili: i reparti fuori da quei parametri dovrebbero essere chiusi, tutt’al più riconvertiti. Si tratta però, è bene dirlo, di criteri disegnati sulle metropoli e le aree dove l’offerta sanitaria è vasta – come notano le stesse autrici del servizio – e ovviamente non applicabili all’alta montagna o ad altre zone disagiate dal punto di vista geografico, o demografico.

Per quanto riguarda i Pronto soccorso le regole imporrebbero una media di 54,7 pazienti al giorno ma ci sono ospedali dove si resta assolutamente al di sotto. Da rilevare in ogni caso che a 4 anni dal provvedimento, precisa il servizio, su 635 Pronto soccorso in totale ben 103 risulterebbero privi dei requisiti minimi indicati e dunque sarebbero da eliminare.

I dati elaborati Regione per Regione, in base alle schede di dimissione ospedaliera relative al 2017, da Dataroom - rubrica di data journalism della Gabanelli – consentono la descrizione della situazione della intera Penisola.

In testa la Lombardia

La Regione con il maggior numero di Pronto soccorso senza i requisiti sarebbe la Lombardia, con 24 casi su 101. Al secondo posto la Sicilia, dove i Pronto soccorso carenti di requisiti risulterebbero 23, però su 62. Seguono la Campania con 12 su 50, la Sardegna con 12 su 24, la Calabria con 7 su 22. Le Regioni più in linea con le disposizioni, quelle cioè dove non ci sarebbero Pronto soccorso non in regola? Emilia Romagna, Toscana, Piemonte e Liguria. Sul Corriere viene comunque indicata con un’apposita infografica la situazione completa.

Pronto soccorso (Ansa)

I punti parto

Per quanto riguarda i parti,  il maggior numero di reparti di ostetricia privi dei requisiti (ovvero 500 eventi annui) e dunque da chiudere, risulta in Sicilia: 10 su 48. Segue poi la Lombardia con 9 su 66. In Emilia Romagna ce ne sarebbero 9 su 28 e in Veneto sempre 9 ma su 36. In Toscana sarebbero 5 su 25, in Campania 7 su 54 e in Sardegna 5 su 13. Per la situazione completa si rimanda anche in questo caso alla infografica pubblicata dal quotidiano milanese.

La discussione 

La situazione insomma è ben fotografata dai numeri ma la discussione resta aperta. Chiudere sempre o fare delle eccezioni? Non è facile talvolta chiudere i reparti fuori norma. E forse non è in definitiva nemmeno sempre giusto. Quando lo si propone insorgono le popolazioni e, in qualche caso – come notano le autrici dell’inchiesta – scattano forme di tutela di interessi vari. A volte "i cittadini non pensano che forse è meglio potersi ricoverare in una struttura più lontana anziché in una sotto casa ma senza i requisiti previsti”. A volte però hanno, magari, ragione a voler mantenere attivi reparti ospedalieri in zone dove le caratteristiche geografiche del territorio lo impongono e in mancanza diventa molto difficile godere di una pronta assistenza.

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
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