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[L’intervista] “Morandi non era un criminale. Il cemento che si deteriora è un problema che avremo tutti”

Intervista a Ermete Realacci, uno dei fondatori dell’ambientalismo italiano: “Non è crollato perché mal progettato. Temo che la questione dell’usura dei materiali e il differente carico sulla superficie del viadotto in cemento armato possano essere la causa del crollo. Occorre accendere i riflettori sul sistema delle verifiche e dei lavori di manutenzione»

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
[L’intervista] “Morandi non era un criminale. Il cemento che si deteriora è un problema che avremo...

Terribile, Genova. Una apocalisse che pensavamo di vederla solo al cinema. Come è stato possibile?
«Difficile a dirlo. È ancora presto per avere un quadro nitido sulle cause e sulle responsabilità. Queste sono ore in cui seguiamo con trepidazioni l’opera dei soccorritori augurandoci di non dover piangere altri morti. Quello che sento di dire però è che ben oltre Genova c’è un problema enorme che riguarda il nostro Paese (e non solo), e che riguarda la verifica delle strutture esistenti costruite con il cemento armato. Il governo e il Parlamento dovrebbero in tempi rapidi riunire i massimi esperti di ingegneria e di geologia e dare vita a una task force nazionale in grado di verificare lo stato dell’arte delle infrastrutture viarie e ferroviarie costruite con i moderni materiali in cemento armato».

Ermete Realacci se non il padre lei sicuramente è stato uno dei fondatori dell’ambientalismo italiano. Sta dicendo che la questione della tutela dell’ambiente non riguarda più solo un problema come dire? estetico, ma addirittura che le opere in questione rappresentano una minaccia in sé non solo per l’ambiente ma per le stesse vite umane?
«Se devo rispondere con un si o un no, dico chiaramente che questo è il tema. Che l’ingegner Morandi non è un criminale ma uno dei più importanti esponenti della ingegneria italiana e che dopo cinquant’anni dalla sua costruzione, il crollo del viadotto Morandi di Genova deve preoccuparci tutti. Voglio ricordare in proposito le sagge e appassionate parole di un grande genovese come Renzo Piano».

Insomma, non è crollato per un deficit di progettazione?
«Sospetto di sì, che non sia crollato perché mal progettato. Non voglio entrare nel merito delle problematiche della inchiesta della Procura di Genova che dovrà con rigore e celerità individuare i responsabili, ma temo che la questione dell’usura dei materiali e il differente carico sulla superficie del viadotto in cemento armato possano essere la causa del crollo. Accenderei i riflettori sul sistema delle verifiche e dei lavori di manutenzione».

Anche sui social c’è chi si chiede come mai i ponti romani dopo duemila anni resistono ancora mentre i nostri si sbriciolano.
«Ua affermazione che può sembrare banale. In realtà centra il problema dei differenti materiali utilizzati. Non è un caso che la terribile tragedia di Genova venga seguita con interesse anche dai media internazionali, tedeschi e americani, perché il problema delle opere in cemento armato riguarda anche loro».

Ricordo che all’indomani del terremoto dell’Irpinia del 1980 l’Italia scoprì la sua fragilità. Paese a rischio sismico che aveva chiuso un occhio sulle costruzioni che non erano a norma. Come possiamo evitare che di fronte ai morti di Genova si facciano solo promesse?
«Più che proclami abbiamo bisogno di fatti concreti. Anche di campagne informative. Faccio un esempio. Noi abbiamo una delle leggi più significative al mondo sulla prevenzione antisismica. La norma rimborsa l’85% dei costi dei lavori di chi mette a norma antisismica le proprie abitazioni. Gli italiani lo sanno? Dubito, perché non è mai stata fatta una campagna informativa adeguata».

Tra la fine degli anni Ottanta e gli inizi degli anni Novanta con Legambiente lei è stato uno dei protagonisti della battaglia contro il ponte Morandi che rappresentò la miccia per l’esplosione dell’abusivismo edilizio nella Valle dei Templi, ad Agrigento.
«Quel ponte, da un punto di vista estetico, ruppe l’armonia e la bellezza della Valle dei Templi. Ma oggi dobbiamo guardare in avanti dando la priorità assoluta alla manutenzione delle reti infrastrutturali viarie e ferroviarie esistenti. Va riorganizzato un sistema pubblico del trasporto merci su rotaie, vanno rafforzate le strutture di controllo dello Stato. Vorrei capire perché c’è un ritardo di due anni nei lavori di potenziamento della stazione ferroviaria di Brignole, a Genova».

Era difficile accorgersi in tempo che qualcosa non funzionava nella struttura dello stesso ponte?
«Escluderei che qualcuno se ne fosse accorto e abbia taciuto. Credo che sia stato sottovalutato il fattore usura della struttura. Ora la Procura di Genova ci dirà se “Autostrade” ha fatto quello che doveva fare per la manutenzione e i lavori di adeguamento ma lo Stato è attrezzato per garantire i controlli sulle opere fatte dai concessionari, e non penso solo ad Autostrade?».

Le infrastrutture della rete viaria (e ferroviaria) sono sempre state un nervo scoperto per il sistema Italia. A Genova i Cinque Stelle sono stati fieri oppositori del progetto Gronda, la costruzione cioè di una bretella, veri e propri tracciati autostradali di 72 chilometri che dovevano aggirirare la città di Genova.
«Per opporsi alla Gronda i grillini sono arrivati a dire che il viadotto Morandi non correva rischi di crollo. Ma non credo che ci fossero i tempi per realizzarla prima della tragedia, nè sono certo che la sua operatività avrebbe portato alla chiusura del viadotto».

L’inchiesta della Procura di Genova accerterà le responsabilità di questa apocalisse. Condivide l’annuncio del governo Conte di avviare la procedura di revoca della concessione della gestione della rete autostradale affidata alla società Atlantia (gruppo Benetton)?
«Un proclama che il governo poteva risparmiarsi. Intendiamoci, non voglio dire con questo che non sono per la revoca. Ma prima di annunciarla dobbiamo verificare se ci sono le condizioni per farla. E poi, una volta esclusa la società Autostrade, chi la sostituirà? Ho sentito che la società ha annunciato che in cinque, sei mesi ricostruirà il viadotto. Dubito che questi tempi potranno essere rispettati, ma quale struttura, società, ente potrà realizzare questa opera, se dovesse essere revocata la concessione ad Autostrade?»

Il vicepremier Di Maio polemizza con il governo Pd accusandolo di aver approvato una leggina nel 2015 che prolungava la concessione ad Autostrade. Una leggina per finanziare le campagne elettorali.
«Non voglio fare polemica politica speculando su una tragedia umana. Ricordo solo che norme del genere erano state sterilizzate perché per essere approvate avevano bisogno del parere favorevole obbligatorio delle Commissione europea. Sono state poi abrogate con l’entrata in vigore del Codice degli appalti».

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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