[La storia] Carlos, Ignacio e Joaquin: chi sono i giovani argentini che in Italia cercano cittadinanza e nuove opportunità
Hanno cognomi sardi, friulani, lombardi e bisnonni o bisnonne emigrate in Sudamerica. "La crisi del nostro Paese ci spinge ad andare via, l'Italia ci accoglie", dice Làconi, architetto di 26 anni. Ecco cosa fanno i discendenti degli emigrati grazie a una legge del 1912
Carlos racconta la sua storia in un italiano semplice e sicuro: parla di un sogno, costruito nel tempo e, alla fine, realizzato. L'emozione di aver ricostruito una parte della storia della sua famiglia e, grazie ad essa, aver aggiunto la cittadinanza italiana a quella argentina gli fa brillare gli occhi. Architetto di 26 anni, originario di un paese vicino Còrdoba, Carlos Lihuen, che di cognome fa Làconi, lascia trasparire la ferma volontà di restare in Italia o, al limite, virare verso qualche altro Paese d'Europa. Nel suo pensare non ci sono confini. Ma una certezza c'è. "In Argentina non potevo più stare", sostiene mentre sediamo intorno al tavolo dell'appartamento che si affaccia sulla strada principare di Ussàssai, un paesino di 500 anime arroccato suoi Tacchi d'Ogliastra, in provincia di Nuoro. Qui trova origine il ramo italiano della sua famiglia. Da tre mesi Carlos, che nel frattempo è stato raggiunto da un amico, Ignacio Miranda - anch'egli di origine italiana per parte di madre -, gode della "tranquillità" di questo angolo di Sardegna, dove il tempo scorre lento, permettendo ai pensieri di fluire e formare un pacchetto di possibilità di vita futura.
Argentini in cerca di nuove opportunità
Carlos e Ignacio sono due delle migliaia di argentini, per lo più giovani, che grazie alle origini italiane e a una legge del 1912 - integrata nel 1948 - possono chiedere di aggiungere la nuova nazionalità nel loro passaporto. Ragazzi e ragazze che prendono in spalla il sogno di una vita diversa, più dignitosa, e percorrono a ritroso il viaggio che nel secolo scorso fecero i loro avi. Basta un antenato o un'antenata nati qui, con tanto di certificato dell'anagrafe e che mai abbiano rinunciato alla cittadinanza, unito a un certificato di matrimonio che dimostri la discendenza - oltre alla fedina penale linda - e il gioco è fatto.
L'iter non è semplice, servono diversi mesi solo per reperire tutti i documenti. Carlos ha dovuto aspettare 3 mesi, ma in media i tempi sono ben più lunghi. E oltre la burocrazia ci sono altri fattori che segnano una strada che, per la verità, non tutti possono percorrere. "Almeno la metà degli argentini può vantare origini italiane ma chi può permettersi di fare quello che abbiamo fatto noi - spiega Carlos - è un numero limitato. Servono risorse e bisogna mettere da parte soldi che non tutti hanno".
E' Ignacio, 34 anni, avvocato "pentito", aperto a "nuovi e più interessanti" sbocchi professionali, a spiegare come "la crisi argentina abbia colpito soprattutto la classe media e i giovani, che lì non riescono a costruirsi una vita autonoma e soddisfacente". Se per un lavoro da laureato "lo stipendio non supera i 200 dollari al mese, è facile capire che la vita diventa pesante. C'è da aggiungere l'inflazione galoppante (secondo gli ultimi dati al 109% ndr), i prezzi alle stelle e la scarsità dei beni, anche alimentari", dice il giovane parlando in spagnolo perché "l'italiano è una lingua che sto ancora esplorando".
La visuale, a queste latitudini, è decisamente più ampia. "Ho studiato da architetto e lavorato da amministrativo in una farmacia - spiega Carlos -. Il lavoro mi piaceva soprattutto per il contatto con il pubblico, ma arrivare a fine mese era dura davvero. Allora - spiega - ho provato a rendere concreto il mio sogno di venire in Italia: da anni studio la lingua e il mio futuro lo vedevo qui già da quando ero studente". Strade professionali ne immagina tante. "Ho mandato diversi curriculum e ho ottenuto anche risposte interessanti, come impiegato ma anche come barman, lavoro che mi piace molto, qui in Sardegna. Ma - aggiunge - aspetto che Ignacio ottenga la residenza così da poterci muovere insieme".
Il caso Seui: già cinque italoargentini passati di qui
Se l'accoglienza a Ussàssai è stata "affettuosa, in maniera inaspettata", dicono i due ragazzi, Seui, paesino anch'esso montano distante solo 20 chilometri, vanta già una discreta esperienza in tema di accoglienza di argentini che qui cercano antenati, residenza e, infine, cittadinanza. "La prima ad essere arrivata si chiamava Romina, venuta qui insieme al fratello - racconta Daniele Pilia che di lavoro fa il macellaio e di questi luoghi conosce ogni movimento -. Era arrivata in forza di un antenato che a Seui vide i natali e adesso lavora in una struttura turistica sulla costa come traduttrice. A lei sono seguiti altri due - dice ancora -, una ragazza con origini non sarde e Gustavo, un giornalista diventato mio caro amico. Si passano parola l'uno con l'altro - assicura il commerciante - e la possibilità di trovare una casa con un affitto basso fa il resto".
Joaquin, 29 anni, arrivato appena pochi giorni fa a Seui, forte delle sue origini friulane ha affittato un appartamento per 300 euro al mese. "Non è poco per me", ammette. In Argentina faceva il cuoco e il maestro di tennis, attività per le quali guadagnava poche centinaia di euro. "Non potevo permettermi una casa mia - dice con rammarico -. E con la crisi economica, persone come mia madre, che fa la medica in ospedale, non prende più dell'equivalente di 150 dollari al mese". Una premessa che rende la permanenza in Italia, in attesa dei documenti, piuttosto sacrificante. "Ho dovuto risparmiare ogni centesimo per molti mesi per poter venire qui e ho un aiuto anche dalla mia famiglia", aggiunge Joaquin. Che da Seui, una volta diventato italiano, programma di andare in Olanda a raggiungere alcuni suoi cugini. "Con questo passaporto - assicura - posso andare dove voglio". La nuova nazionalità apre porte insperate. "Un mio amico vuole raggiungere il padre a Miami negli Stati Uniti: da argentino non otterrebbe il visto".
Il sindaco: nuova opportunità contro lo spopolamento
Ma non è detto che tutti vadano via. Francesco Usai, sindaco di Ussàssai, è convinto che questa sia una nuova opportunità per ripopolare i paesi dell'entroterra sardo e italiano. "Penso che con un flusso di argentini desiderosi di ottenere la cittadinanza, riusciamo a recuperare qualche abitante: se quattro arrivano magari due restano", dice fiducioso, magari guardando anche alle opportunità della loro giovane età. E racconta: "Quando Carlos mi ha contattato chiedendomi informazioni sul suo bisnonno ho pensato che volesse solo ricostruire la storia della sua famiglia. Dopo un po' ho capito che invece era interessato a chiedere la residenza e quindi la cittadinanza italiana - afferma il primo cittadino -. Ho dovuto attivare l'ufficio anagrafe in una maniera differente per cercare l'atto di nascita di questa persona nata alla fine del 1800, ma ce l'abbiamo fatta. Poi è arrivato anche Ignacio e adesso speriamo che ne arrivino altri", dice Usai, senza nascondere un timido compiacimento.