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"Il quadro di Manetti fu rubato e taroccato": chiuse le indagini. Sgarbi rischia una condanna a 12 anni

Per la procura di Macerata, l'opera d'arte del '600 rubata nel 2013 e ricomparsa a Lucca nel 2021 è la stessa sequestrata all'ex sottosegretario. Decisiva la testimonianza del falsario che ha apportato la modifica al dipinto "commissionata dal critico d'arte"

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L'ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi (Ansa)
L'ex sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi (Ansa)

Chiuse le indagini nei confronti di Vittorio Sgarbi, indagato dalla procura di Macerata con le accuse di riciclaggio di beni culturali, contraffazione di opere d'arte, e autoriciclaggio di beni culturali. Ora si attenderà la decisione del Gip che con ogni probabilità rinvierà a giudizio l'ex sottosegretario. Il caso è quello del quadro del '600 attribuito al pittore senese Rutilio Manetti, intitolato "La cattura di San Pietro", sparito da un castello di Buriasco, in provincia di Torino, nel 2013 e ricomparso a Lucca nel 2021 nell'ambito di una mostra “I pittori della luce”, curata dallo stesso Sgarbi. La preziosa opera d'arte sarebbe stata affidata per il restauro al libero professionista tra il 2015 e il 2016 su incarico di Vittorio Sgarbi. 

Nel combo il quadro di Manetti sequestrato a Sgarbi prima e dopo la contraffazione (Ansa)

Le indagini hanno preso il via dopo un'inchiesta del Fatto quotidiano e di Report ed è stato il Reparto operativo dei Carabinieri Tutela del patrimonio culturale, coordinati dalla procura di Macerata, a raccogliere le testimonianze dell'ex restauratore bresciano della famiglia Cavallini-Sgarbi, inizialmente contenute nell'ambito di un altro fascicolo processuale, da cui è partito un nuovo filone di indagine. Ovvero quello che vede coinvolto il critico d'arte ed ex sottosegretario. A Sgarbi il processo può costare da 4 a 12 anni di carcere.

L'autodifesa di Sgarbi

Il critico d'arte aveva dichiarato di aver trovato il dipinto così come era nella soffitta della sua villa in provincia di Viterbo. Oggetto del contendere una torcia comparsa nel dipinto posseduto da Sgarbi e non esistente in origine. E' stato il restauratore falsario ad ammettere che il critico d'arte gli aveva affidato l'opera a cui lui stesso aveva apportato la modifica, ovvero la torcia in alto a destra e la luce intorno. L'obiettivo era forse quello di sviare l'attenzione dal quadro originale trafugato, facendolo passare per un altro dipinto. "La torcia nell’originale non c’era, fu lui a chiedermi di aggiungerla", ha ammesso il falsario autore della modifica, così come riportato dal Fatto Quotidiano.

La tela ovviamente è stata sottoposta a perizia dagli esperti dell'Istituto centrale per il restauro, i quali hanno confermato l'avvenuta contraffazione e che la tela rubata dal castello di Buriasco è la stessa sequestrata a gennaio a casa di Sgarbi, come riporta il giornale diretto da Marco Travaglio. 

 

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