La prof di Prato e la relazione con l'allievo 14enne, negli Usa le Mrs Robinson rischiano 30 anni
Dal caso dell’insegnate italiana a quelli di donne statunitensi che hanno avuto condanne fino a 30 anni per violenza su minore
Adesso grazie al Dna sappiamo con certezza che il bambino partorito qualche mese fa dall’insegnante d’inglese di Prato, di 35 anni, e riconosciuto da suo marito, è in realtà del suo allievo quindicenne. Lei è stata indagata per atti sessuali su minore. Era un’amica di famiglia alla quale i genitori avevano chiesto se per favore poteva dare lezioni al figlioletto. Dalla lezione alla relazione, il passo sarebbe stato breve. Tre mesi di rapporto intenso e completo. Fino a quando lei gli rivela di essere in cinta e lui va nel pallone, e si confessa con papà e mamma. Che corrono dalla polizia per denunciare la docente.
Meno scandaloso se l’insegnante è uomo
Attorno alla vicenda è scoppiato un gran clamore mediatico, che non si è attenuato certo con il responso del Dna. E’ un pasticciaccio brutto come tutte le storie di sesso estremo. Negli Usa, dove, a sfogliare i giornali, capita con una frequenza un po’ allarmante che qualche insegnante donna si approfitti di un proprio allievo, le leggi e i giudici sono severissimi. L’unica cosa strana è che fa molto meno notizia il caso opposto, cioè quando è il professore maschio che va a letto con una minorenne. E non riusciamo a capire se è colpa dei giornalisti, o proprio del fatto che fa meno scandalo una storia con l’insegnante uomo e che in fondo è quasi normale e anche per questo non viene denunciata.
Il caso di Brianne Altice
Bisognerebbe andarlo a spiegare a Brianne Altice, 37 anni, dello Utah, una professoressa che comunque qualche problema di suo doveva proprio averlo, ma che adesso ne avrà uno ancora peggio, visto che è stata condannata a 30 anni di carcere per aver fatto sesso con dei suoi allievi adolescenti. La donna, madre di due figli, è stata pure abbandonata dal marito, quando i giornali, prima ancora del processo, hanno riportato le cronache dei misfatti, che si compivano persino nel grande parcheggio della Chiesa di Kaysville. «Ho problemi di autostima», ha confessato lei ai giudici. «Gli incontri con i ragazzi mi facevano star bene con me stessa. Ho chiaramente perso di vista tutti i miei principi e miei valori. Stavo cercando mezzi inadeguati per risolvere i miei problemi».
La novella Mrs Robinson
Siccome non è vero che tutto il mondo è paese, sempre negli Usa, ma nello Iowa, Mary Beth Haglin, supplente di inglese al George Washington High School di Cedar Rapids, rischia invece solo due anni di carcere: lei ha 24 anni e ha avuto una relazione con un ragazzo di 17, che un bel giorno è entrato con gran faccia tosta nella sua classe, consegnandole un post it che lui aveva appena scritto: «Ti amo così tanto, mia imperatrice». Lei ha accettato la sua corte. Ed è cominciata una relazione di grande passione, durata sei mesi, durante i quali lei gli spediva pure selfie molto espliciti e altrettanto piccanti. Lui la chiamava Mrs Robinson, come il personaggio di Anne Bancroft nel film «Il laureato» con Dustin Hoffman. Il rapporto è saltato per aria quando un altro studente è andato a spifferarlo in giro e la voce è arrivata direttamente al preside. Mary Beth è stata licenziata. E ora ci piange sopra: «Vorrei tornare indietro, vorrei prendermi a schiaffi. Mi chiedo come sia stato possibile».
Giudizio implacabile
Stephanie Peterson, invece, di 27 anni, insegnante di scuola media in Florida, rischia di passarne 10 in carcere per aver avuto rapporti intimi con un quattordicenne. La relazione era durata tre mesi, fino a quando non li aveva scoperti la madre di lui, spulciando i messaggi nel suo cellulare. Chi trenta, chi due, chi dieci, le pene variano in maniera enorme, ma il giudizio è comunque implacabile e unanime.
I casi di casa nostra
Quando si tratta di uomini, se si parla di sesso, invece cambia un po’, soprattutto in Italia. Così, proprio nei giorni in cui i quotidiani e le tivù raccontavano lo scandalo della professoressa di Prato, ad Ancona ne capitava un altro forse molto più grave. Tre giudici donne hanno assolto due peruviani accusati di aver stuprato una connazionale, perché la vittima, in pratica, era troppo brutta («troppo mascolina, come confermano le fotografie della denuncia») per essere violentata. I magistrati sono arrivati a definire la ragazza come la «scaltra peruviana» che si era organizzata la festa, scrivendo - testuale testuale -: «In definitiva non è possibile escludere che sia stata proprio lei a organizzare la nottata goliardica, trovando una scusa con la madre». Nei fatti la mamma l’aveva accompagnata sotto choc in ospedale, dove gli accertamenti avevano riscontrato un forte quantitativo di benzodiazepine, la droga da stupro, da lei ingerita bevendo la birra offerta dai due peruviani. Come se non bastasse, la poveretta aveva riportato gravi ferite per le quali era stata pure operata. Nonostante tutto ciò, il fatto non sussiste e nessuno le ha usato violenza.
La violenza del processo è per le vittime
Come in una sentenza di Firenze di qualche anno fa. Una ragazza violentata da sei giovani fra i 20 e i 25 anni. Tutti assolti. Il fatto non sussiste. Il maschio può fare quel che vuole. E lei, giudicata consenziente, scrisse invano una lettera disperata: «Esisto. Nonostante abbia vissuto anni sotto choc, sia stata imbottita di psicofarmaci, abbia convissuto con attacchi di panico e incubi ricorrenti, nonostante abbia tentato il suicidio più e più volte, abbia dovuto ricostruire a stenti, briciola dopo briciola, frammento dopo frammento, la mia vita distrutta, maciullata dalla violenza, la violenza che mi è stata arrecata quella notte, la violenza dei mille interrogatori di polizia, la violenza di 19 ore di processo...».