"I datteri, luce accesa anche di notte e una Bibbia in totale isolamento": il racconto di Cecilia Sala dopo il rientro in Italia
La giornalista del Foglio, rimasta prigioniera nel penitenziario di Teheran per 21 giorni, descrive la sua detenzione. E posta "la foto più bella della mia vita"
Il trattamento che Cecilia Sala ha ricevuto nel carcere di Evin è all'altezza della fama riconosciutal luogo nel quale vengono rinchiusi gli oppositori politici del regime iraniano. Una cella alta e stretta, senza un letto, luci accese 24 ore su 24, cibo - datteri, per lo più - passato attraverso una feritoria del porta da mani anonime. La giornalista del Foglio e di Chora Media ha raccontato agli 007 del Ros quello che è stato il trattamento al quale è stata sottoposta, senza che mai le sia stato contestato un reato. Nessuna violenza fisica è emersa, ma quella psicologica resta feroce e ancora difficile da sopportare. "Non pensavo di riuscire a resistere oltre", ha raccontato durante le tre ore di dialogo nello scalo militare della Capitale, iniziato dopo aver fumato una sigaretta con il compagno in un angolo esterno della struttura. La prima in terra italiana.
Ho la fotografia più bella della mia vita, il
— Cecilia Sala (@ceciliasala) January 9, 2025
cuore pieno di gratitudine, in testa quelli che alzando lo sguardo non possono ancora vedere il cielo. Non ho mai pensato, in questi 21 giorni, che sarei stata a casa oggi. Grazie pic.twitter.com/wD2T4Ut3Vo
Pochissime telefonate a casa, ai genitori e al compagno, scrive La Repubblica che riporta il suo racconto. Ogni volta poche parole, misurate, per paura che le chiamate sotto controllo venissero interrotte. "Mia mamma mi faceva domande alle quali non potevo rispondere", ha detto. Riabbracciare i suoi cari, all'arrivo all'eroporto di Ciampino, serve a respirare di nuovo. I venti giorni passati in totale isolamento saranno difficili da dimenticare. L'unica persona che ha potuto vedere in faccia in questo periodo lunghissimo è stata l'ambasciatrice italiana a Teheran, Paola Amadei. Solo alcune visite, utili però per spezzare l'angoscia. Come la promessa di farle avere beni di conforto: gli occhiali da vista che le erano stati portati via all'arresto, un libro, qualche dolcetto. Magari un letto sul quale poter dormire. Tutto promesso, inviato al carcere ma mai consegnato. Fino a pochi giorni prima del rilascio.
A Sala sono state restituite le preziose lenti, finalmente. Ha chiesto e ottenuto una Bibbia, "perché è un libro molto lungo", ha raccontato. Poi le è stato assegnato anche un letto e il trasferimento in una camera più grande con una compagna di stanza, una donna iraniana che non parlava inglese. Anche gli sguardi sanno essere comunicativi. "Indicavamo gli oggetti della stanza e lei ne diceva il nome in farsi, io in inglese", ha raccontato. Dopo giorni di totale solitudine, una consolazione seppur minima.
Poi l'insperato: la sera dell'8 gennaio, il trasferimento in ambasciata a Teheran con la sicurezza di un aereo pronto a decollare verso l'Italia. Quando è atterrata a Roma le parole erano ancora poco avvezze a tornarle alla mente. "Scusate, sono tanti giorni che non parlo", ha spiegato ai suoi. La madre e il padre erano lì ad aspettarla. Così come il compagno, Daniele Raineri. La foto che la giornalista ha pubblicato su Instagram ritrae il momento in cui, scesa dall'aereo, ha potuto abbracciarlo di nuovo. "La foto più bella della mia vita", ha scritto.