Gli intoccabili predatori d'arte: ecco perché rubare un’opera in Italia diventa un affare
Se, per esempio, stacchi un pezzo di affresco paghi solo con una multa che parte da 775 euro. In casi più gravi di furti d'arte ti tocca una pena massima di tre anni

Andare nell'area archeologica di Pompei, prelevare un reperto antichissimo, rubare un pezzo d'arte dal valore tale che ti sistemi per la vita, costa - se si viene beccati - una pena ridicola. Se, per esempio, stacchi un pezzo di affresco paghi solo con una multa che parte da 775 euro. In casi più gravi di furti d'arte - se proprio va male - ti tocca una pena massima di tre anni. Un'inezia. Sanzioni irrisorie che valgono anche se riesci a rubare o ricettare un quadro di inestimabile valore, come ad esempio uno di quei Van Gogh da 100 milioni di dollari che l'altro giorno sono stati ritrovati a Castellammare di Stabia, in provincia di Napoli.
La polizza vita del narcos
Un boss del narcotraffico aveva avvolto le due tele in federe da cuscino - dopo averle comprate probabilmente sul mercato clandestino - e le aveva nascoste nell'intercapedine di muratura di una casa. Gli uomini della Guardia di Finanza ci sono arrivati grazie alla soffiata dell'ex socio del boss: altrimenti quelle due tele, rubate nel 2001 da un Museo olandese, sarebbero rimaste lì a fare da polizza vita per il narcos e i suoi discendenti. Un tesoro a costo zero.
Investimento sicuro
Il loro valore, la loro smerciabilità pronta, la facilità con cui possono essere trasportate e rese innocenti, invisibili, fanno delle opere trafugate un boccone ghiottissimo per chi vive di proventi illeciti. I bottini d'arte, infatti, sono il vero gioiello prezioso per camorristi e mafiosi. Investire sulle opere, infatti, gli garantisce la possibilità di conservare e preservare e tramandare ricchezze da nababbi per decenni a figli e nipoti, indipendentemente dalla possibile carcerazione del capo, dalla sua sempre probabile uccisione. Il tesoro per i familiari è lì. Pronto cassa.
Pene irrisorie
Come detto, a proteggere ulteriormente il destino dei discendenti c'è il fatto che rubare, o possedere, un'opera d'arte trafugata costa in termini di rischi penali veramente nulla. Lo ricorda, da anni e di nuovo in questi giorni, sul Corriere della sera, Gian Antonio Stella. La normativa vigente, infatti, prevede per chi saccheggia il patrimonio artistico - anche prelevando opere di valore inestimabile - sanzioni che non fanno paura a nessuno. Pene così basse da condurre, spesso, i procedimenti alla prescrizione con il risultato di nemmeno una notte in cella. Una vera ghiottoneria per chi mette, così, al sicuro i proventi da traffici illeciti costruendoci una previdenza personale per la sua vita e quella dei suoi familiari.
Una riforma attesa da anni
Sono ormai molti anni che si parla, proprio per questo, di modificare il sistema di sanzioni per il traffico di opere d'arte, per i danneggiamenti del patrimonio, per il trafugamento e la ricettazione di capolavori che valgono una vita. Ma non si è mai arrivati a nulla. Nel 2011 si giunse a un passo, con il governo Berlusconi: fu portato in Consiglio dei ministri un disegno di legge per raddoppiare le pene da tre a sei anni, con la possibilità di allungare i tempi di prescizione, procedere a tecniche investigative più serie. Ma il governo dopo poco cadde e il disegno di legge rimase lettera morta. Non fu mai ripreso dai governi successivi e giace ancora lì, ripresentato con le nuove legislature, mai mai approvato.
Quarto business mondiale per la criminalità
Eppure il traffico internazionale di opere d'arte è, secondo le Nazioni Unite, il quarto business preferito dalla criminalità organizzata. Il primo è, ovviamente, il traffico di droga, da cui i boss prelevano gran parte del loro patrimonio. Il secondo è la compravendita di armi. Il terzo è il riciclaggio finanziario, il reinserimento dei capitali illeciti nel circuito della legalità, e il quarto è proprio il traffico internazionale di opere d'arte. Un business facile facile, che muove denari a fiumi, si occulta con poco, si nasconde con facilità ad occhi non esperti, si arrotola come una tela vecchia, si infila in una federa di cuscino, si occulta come un vecchio vaso, e nasconde patrimoni miliardari con il massimo beneficio e il minimo rischio.
Ventiduemila opere rubate
Sono oltre 22mila le opere d'arte rubate che i Carabinieri del nucleo nazionale dei Beni culturali stanno cercando. Sono piccoli e grandi diamanti, polizze vita per le famiglie dei criminali. Chissà dove sono nascoste: magari sotto un letto, attaccate col nastro adesivo ad una cassetto, infilate in un bidone, occultate in un garage. Stanno lì a fare da patrimonio disponibile per famiglie che sono cresciute nell'illegalità e dormono sonni tranquilli all'ombra delle placide sicurezze del Belpaese, che in fondo un po' di tolleranza non la nega a nessuno. Nemmeno ai predatori della sua stessa bellezza.