[La polemica] Il giornalismo spettacolo e i precari dell’informazione. Il mercato delle star e la crisi della ricerca della verità
Sono un manipolo di star. Alcuni valenti giornalisti professionisti, altri uomini o donne dello spettacolo che si sono specializzati nell’informazione come Fabio Fazio ad esempio. Sono loro che nel gioco del mercato della comunicazione si ritrovano a dover cambiare aziende editoriali, programmi, cachet. Sono come i calciatori professionisti. Come i Maradona o gli Higuain di oggi
Premetto subito che non sono più angosciato dalle telenovele dei contratti giornalistici delle star dell’informazione. Non mi convincono le battaglie per la libertà di informazione negata di colleghi che vengono “silenziati” e che sono poi costretti a cambiare casacca poche ore dopo essersi licenziati.
Non credo agli editti e alle discriminazioni né a quelli avvenuti in passato e nemmeno a quelli di oggi. Penso invece che tutti dovrebbero rispettare le regole della corretta informazione. Se oggi i grandi contenitori informativi si accontentano di sfiorare tra il 5 e il 10% di share, quando appena un decennio fa i picchi di ascolto erano milionari, vuol dire che qualcosa nel meccanismo informativo si è inceppato. Non funziona.
Ricordo le campagne politiche radicali degli anni Settanta sotto il “Cavallo” di viale Mazzini. Quelle sì che erano battaglie culturali e politiche per cambiare l’informazione che allora era monopolistica e democristiana. L’Italia del divorzio e dell’aborto rivendicava il pluralismo culturale della informazione e la Rai stentava ad aprirsi alle novità della società italiana.
Va ricordata la lungimiranza dei radicali, un riconoscimento a scoppio ritardato anche da parte di chi, come il sottoscritto, non apprezzava certe uscite radicali.
Dunque Milena Gabanelli non è più in Rai. Discriminata per una ingombrante personalità? Mi limito a prendere atto che la Gabanelli ha trovato un nuovo lavoro.
Confesso che sono anni che non mi appassionano più le crociate su questi temi. Nella informazione spettacolarizzata si sono formati due mondi in parallelo. Uno è una piccola stella che illumina l’universo della informazione. Sono un manipolo di star. Alcuni valenti giornalisti professionisti, altri uomini o donne dello spettacolo che si sono specializzati nell’informazione come Fabio Fazio ad esempio.
Sono loro che nel gioco del mercato della comunicazione si ritrovano a dover cambiare aziende editoriali, programmi, cachet. Sono come i calciatori professionisti. Come i Maradona o gli Higuain di oggi. Hanno un prezzo forse sovradimensionato.
Poi ci sono i pianeti della informazione plurale. Fatta di realtà di carta stampata nazionale o locale, come anche del mondo delle televisioni locali. E poi ci sono le sterminate praterie del web dove i giornalisti li riconosci solo perché sono, dovrebbero essere, in grado di selezionare le notizie, di valutarle, di sentire in tempo le bufale.
Mondo complesso, quello della informazione. Quando eravamo ragazzi ci lamentavamo per l’assenza di realtà giornalistiche, oggi invece denunciamo l’esistenza di un mercato selvaggio della informazione, che si traduce anche in uno sfruttamento dei giornalisti. Sempre di più sottopagati e sfruttati.
Quale futuro per loro? Come la categoria vuole affrontare questi temi?
Ecco perché non mi appassionano i referendum a favore dei colleghi. Non credo nelle vittime della censura informativa. Vorrei solo che si tornasse a raccontare il Paese reale, a riscoprire un mondo fatto di passioni e delusioni, di speranze e di certezze. E non rispondere a logiche di cordate politiche, editoriali o addirittura cinematografiche. Come nel caso delle fiction o delle serie di successo.