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[L’analisi] Il populismo vince anche tra i magistrati. Cosi i giudici sono diventati grillini

Attardarsi su una analisi con vecchie categorie interpretative sarebbe sbagliato. Chi ha vinto? La destra, la sinistra, il centro? Già da tempo erano andati in soffitta i valori e i programmi che davano il segno delle correnti. Con la fine delle ideologie e dei vecchi partiti nella magistratura è iniziato un lento ma inesorabile processo di trasformazione

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
[L’analisi] Il populismo vince anche tra i magistrati. Cosi i giudici sono diventati grillini

È uno tsunami che scuote alle fondamenta i tribunali, che sconvolge  giudici e pubblici ministeri, che strapazza quel Palazzo dei Marescialli, sede del Consiglio superiore della magistratura, che in questi ultimi quattro anni di consiliatura è stata espressione di potentati trasversali, finita l’epoca delle correnti. E che porta il vento del populismo (molto grillino) anche tra le toghe.

È lui il vincitore indiscusso. È Pier Camillo Davigo, il pm di Mani Pulite di solida formazione conservatrice, ex Magistratura Indipendente e fondatore della nuova corrente “Autonomia e Indipendenza”, che ha sbancato in Cassazione. Tutti i magistrati sono stati chiamati alle urne per eleggere i nuovi componenti del Csm. E cioè due giudici di legittimità (Cassazione), 10 giudici e 4 pubblici ministeri.

Oltre ottomila toghe sono andate a votare, e Pier Camillo Davigo ha preso da solo 2.522 voti. Segue Lorenza Miccichè, Magistratura indipendente, con 1.761 voti. Insieme le due correnti hanno preso 4.283 voti, più della metà dei votanti. A scoppio ritardato, ma è come se la crisi della Prima Repubblica con la crisi dei partiti, adesso sia arrivata anche nella magistratura. La fine delle correnti già era stata celebrata con le ultime elezioni del Csm con il nuovo sistema elettorale che non prevede il voto di lista, ma è la prima volta che un candidato Unicost della Cassazione non passa il giudizio degli elettori.

Carmelo Celentano doveva vincere e invece è arrivato terzo, con 1.714 voti, il candidato di Area-Magistratura democratica, Rita Sanlorenzo, si deve accontentare di 1.528 voti. Attardarsi su una analisi con vecchie categorie interpretative sarebbe sbagliato. Chi ha vinto? La destra, la sinistra, il centro? Già da tempo erano andati in soffitta i valori e i programmi che davano il segno delle correnti. Con la fine delle ideologie e dei vecchi partiti nella magistratura è iniziato un lento ma inesorabile processo di trasformazione. 

La vittoria populista di queste ore conferma la mutazione avvenuta nella magistratura. Attenti a riscoprire rivendicazioni corporative, a riaffermare una identità giustizialista, i magistrati di oggi non riconoscono più una interlocuzione nella politica. O meglio, si ritrovano sulle posizioni populiste dei Cinque Stelle espresse nella fase di opposizione politica. Bisognerà vedere adesso cosa farà il movimento fondato da Beppe Grillo che si ritrova a Palazzo Chigi.

Ma che ci sia una complicità se non una forte “simpatia” tra i magistrati che votano Davigo e i grillini non è un mistero. Non è un caso che l’allora candidato di Magistratura indipendente della Cassazione nelle precedenti elezioni del Csm, Giuseppe Corasaniti, prese solo 1300 voti, non superando l’obiettivo di essere eletto. 

Oggi a Corasaniti è stato nominato Direttore degli Affari Generali del ministero di Giustizia. Il vento populista è confermato anche dai primi dati dello spoglio dei seggi per l’elezione a Palazzo dei Marescialli dei 10 giudici. Sconfitta sonora di Unicost. Magistratura indipendente E Autonomia e I dipendenza di Davigo dovrebbero superare il 40% dei voti. E se confermate queste percentuali, si tratterebbe di un trionfo. Di uno tsunami, appunto. 

 

 

Guido Ruotolodi Guido Ruotolo, editorialista   
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