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[Il reportage] Il dramma e la vergogna del ponte crollato, è la più grave tragedia mai successa in Europa

Avrà conseguenze pesanti anche per l’economia del nostro Paese, visto che resterà bloccata per chissà quanto tempo la viabilità turistica e commerciale in arrivo dal porto di Genova. La verità è che un crollo di questa portata non è accettabile in un Paese fra i più avanzati e industrializzati del mondo

Le macerie del ponte
Le macerie del ponte

Quei pilastri spezzati, quei blocchi di cemento adagiati sull’alveo del torrente Polcevera, e quei colori cupi di massi e tragedia, le macchine rovesciate con le ruote rivolte al cielo, questo cielo di pioggia e di tuoni, sono l’ennesima fotografia dell’ultimo disastro senza senso della nostra povera Italia. Il ponte Brooklyn, come lo chiamavano con un po’ di vanto i genovesi, è tranciato di netto lì dove comincia il vuoto, con i piloni altissimi che sostengono solo pochi metri d’asfalto, perché il resto non c’è più, crollato a picco sul fiume e sulla via Fillak che passa lì sotto, sulle case, sui capannoni, sulla vita della gente. I morti sono già 22, ma saranno probabilmente di più, visto che in quel momento «stavano transitando 35 macchine e circa tre Tir», come hanno dichiarato alla Protezione Civile.

Una tragedia dopo l'altra

E’ un destino crudele quello della Liguria, perchè tutte le volte che si abbatte il maltempo, succede qualcosa di tragico, un’alluvione, un cedimento, il solito elenco di croci, di vittime incolpevoli. Ma questa volta è peggio di sempre. E forse non basterà nessun processo a ridare un senso a questo disastro. Alle 11 e 50, fra tuoni e fulmini, il Ponte Morandi, su cui scorre il tratto terminale della A10 e che collega Genova al suo Ponente cittadino e poi a Savona e Ventimiglia, è venuto giù per cento metri, all’improvviso, mentre decine di macchine e camion lo stavano attraversando.

Come se tutto fosse esploso

L’immagine è quella di una bomba, perché questo vuoto riempito dalle macerie cento metri più in basso, con i sostegni spezzati di netto sopra questo abisso, sembra quasi il crollo di un’esplosione. Ma non c’è stata nessuna bomba, ovviamente. Cedimento strutturale, dicono i primi accertamenti. Ma è venuto giù quasi per intero, per un tratto lunghissimo sulla campata centrale, che non ha dato scampo a quelli che ci passavano. Si è sbriciolato, come una costruzione di cartone, con i suoi pesantissimi blocchi di cemento ammucchiati nell’inferno di questo abisso, dentro al letto sporco del torrente, o sgretolati sulle strade e sulle case. Un incubo assassino. E’ durato tutto il tempo che ci vuole per morire, un attimo e l’eternità insieme, il tempo della paura, «con una gente che mi correva incontro scalza e terrorizzata, urlando cose che non riuscivo a capire», come ha raccontato Alberto Leccari, autista dell’Atp in servizio da Arenazano verso Genova, che era appena uscito dalla galleria quando ha visto dei rallentamenti davanti a sé e ha sentito un grande boato. Da lì vedeva solo le macchine incollonate. «Sta crollando il ponte», gridavano. «Piangevano e correvano», dice Silvia Rivetti, che era in coda anche lei. Un testimone ha raccontato di averlo percorso un quarto d’ora prima e di averlo sentito «molto più traballante del solito».

"Sembrava fosse pericoloso"

Sulla struttura - fanno sapere - erano in corso lavori di consolidamento sulla soletta del viadotto, come quasi ogni estate in pratica, dal 1967, l’anno della sua inaugurazione. E l’amministratore delegato di Autostrade per l’Italia, Giovanni Castellucci, dice: «Non mi risulta che il ponte fosse pericoloso». E allora questi teli bianchi sparsi pietosamente sulla ferrovia, questi elicotteri che si abbassano e si alzano per raccogliere i feriti, questi uomini magnifici con le tute della Polizia che scavano con le mani assieme ai carabinieri e ai vigili del fuoco, e quell’agente che riesce a estrarre dalle macerie un bambino di nove anni, ma che lo tiene fra le braccia come un corpo inerme, allora tutto questo è sempre e solo colpa del destino, di questo nostro destino così nemico e doloroso?

Punto di non ritorno

E’ la tragedia di questo tipo più grave mai successa in Europa. Che avrà conseguenze pesanti anche per l’economia del nostro Paese, visto che resterà bloccata per chissà quanto tempo la viabilità turistica e commerciale in arrivo dal porto di Genova. La verità è che un crollo di questa portata non è accettabile in un Paese fra i più avanzati e industrializzati del mondo. Il racconto dei testimoni ci consegna davvero la memoria di un incubo senza senso e senza spiegazioni, come quello di Davide Ricci, che da Bolzaneto si stava recando a Nervi, e ha assistito a questa tragedia mentre guidava lungo l’argine del Polcevera in direzione Sud all’altezza del bivio per corso Perrone: «I detriti sono arrivati a venti metri di distanza dalla mia macchina», dice. «Ho avuto come la sensazione che della corrente passasse dall’alto verso il basso, come se un tirante in sostanza sia stato colpito da un fulmine. Prima si è sbriciolato il pilone centrale, poi è venuto giù tutto il resto». Ma dalla Protezione Civile hanno già smentito questa possibilità. E hanno smentito pure che ci fossero lavori in corso. Nelle ore dei soccorsi restano solo queste immagini dolenti, queste rovine agghiaccianti, più potenti di ogni parola. Perché quando succedono gli incubi hanno questo. Che sono più forti di tutto. Anche della nostra misera, inutile comprensione.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, editorialista   
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