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Coronavirus, plasmaterapia tra entusiasmi e polemiche: ecco in cosa consiste la cura che sembra funzionare

Ne aveva parlato il virologo Tarro e se ne sono fatti interpreti scienziati come De Donno e Perotti. Un 28enne guarito in 24 ore, una donna incinta salvata insieme al bambino. Ma sono molti i pazienti gravi guariti. Si tratta di una terapia già conosciuta e utilizzata contro l’ebola e la Sars. Le precisazioni di Burioni e Lopalco

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
Plasmaterapia contro il Covid: funziona (Ansa)
Plasmaterapia contro il Covid: funziona (Ansa)

Un ragazzo di 28 anni in gravi condizioni guarito dal coronavirus con la plasmaterapia in 24 ore e una donna incinta salvata insieme al suo bambino. Sono forse le storie che hanno colpito di più l’opinione pubblica dando slancio definitivo a questa cura contro il Covid 19 per i casi più gravi. Della possibile efficacia di essa aveva parlato tempo fa il virologo Giulio Tarro e poi se ne erano fatti interpreti altri scienziati come Giuseppe De Donno, primario di Pneumologia dell’ospedale Carlo Poma di Mantova, che unitamente al Policlinico di Pavia ha sperimentato con successo la terapia. De Donno si era reso protagonista, per altro, di una accesa diatriba con il virologo Roberto Burioni che aveva etichettato la terapia con un “nulla di nuovo”. La risposta del primario di Mantova era stata dura: “Lui va in tv a parlare, noi lavoriamo 18 ore al giorno al fianco dei nostri pazienti”.

Il protocollo

Ma vediamo di ripercorrere in breve la questione della cura col plasma. Il protocollo iniziale – come ricordano i media - è stato elaborato dagli specialisti del reparto di Immunoematologia e Medicina trasfusionale del San Matteo di Pavia, in collaborazione con quelli di Mantova e Lodi e delle Aziende ospedaliere universitarie di Padova e Novara. La sperimentazione porta la firma del primario del dipartimento Cesare Perotti, che con lo staff, sta approfondendo i dati per poter pubblicare gli esiti quanto prima.

La vicenda sui social

Inevitabilmente le polemiche sulla efficacia e le conseguenze di questo potente trattamento sono dilagate sui social, contrapponendo i sostenitori entusiasti della plasmaterapia agli scettici che storcono il naso, con scontri che hanno alimentato inevitabilmente la discussione sulla necessità o meno di continuare la corsa al vaccino. Vista l'esiguità del numero dei malati di Covid gravi è inutile vaccinare la gente, sostengono gli uni. La plasmaterapia serve a curare chi è già malato, i vaccini servono a far in modo che nessuno si ammali, rispondono gli altri.

La cura sembra, in ogni caso, davvero efficace, nonostante la giusta prudenza richiesta da molti scienziati e ricercatori e, per altro, non è del tutto nuova. La terapia col plasma delle persone guarite e idonee alla donazione è stata infatti già utilizzata per Ebola e Sars. E in Cina, nella ormai nota  Wuhan, un migliaio di malati gravi sono stati curati così.

Lopalco: "Un'arma in più"

Per Pierluigi Lopalco, ordinario di Igiene all'Università di Pisa e responsabile del coordinamento regionale emergenze epidemiologiche dell'Agenzia regionale strategica per la salute e il sociale della Regione Puglia, intervistato su Radio 24, "la cura con il plasma non è la soluzione al problema". Tuttavia "l'evidenza iniziale di efficacia di questa terapia è abbastanza buona, quindi è sicuramente un'arma in più, soprattutto per curare i casi più seri"

Dove viene utilizzata

In Italia si servono della plasmaterapia - come si accennava - oltre ai centri di Pavia e Mantova, anche quelli di Lodi, Novara e Padova. Negli ultimi giorni si sono aggiunti inoltre Pisa e un laboratorio pugliese. Finora al Policlinico San Matteo di Pavia e all’Ospedale di Mantova la cura col plasma è stata praticata su una cinquantina di pazienti con esito positivo. Il progetto è portato avanti in Lombardia anche in collaborazione con l’Avis per il reclutamento dei donatori. Mentre in altri Paesi, come gli Usa, la Food and Drug Administration, ente di regolazione dei farmaci, invita a donare il sangue per il Covid 19. Mentre l’Onu si sta interessando a tale cura, come ha spiegato lo stesso De Donno rivelando di essere stato contattato dall'organizzazione internazionale.

In mezzo a entusiasmi e polemiche si cercano in ogni caso "le conferme e le evidenze scientifiche definitive sulla sua efficacia e sicurezza”, fa sapere il nostro Ministero della salute.  

Ma in cosa consiste la terapia anti-Covid di cui adesso tutti parlano?

Per dirla in breve il plasma, la parte liquida del sangue, appartenente a soggetti perfettamente guariti dal coronavirus, viene purificato e poi trasfuso ai malati gravi per trasferire loro gli anticorpi e attivare la risposta immunitaria.

Caso di coronavirus e, nel riquadro, il professor De Donno (Ansa)

Stando a quanto spiegato in una recente intervista dal professor Perotti il, Centro nazionale sangue ha raccomandato esami aggiuntivi “che rendono il plasma, se possibile, ancora più testato e ipersicuro". Comunque "in più il plasma del policlinico di Pavia viene sottoposto ad un ulteriore test dal laboratorio di Virologia molecolare del San Matteo, diretto dal professor Fausto Baldanti”.

Il prelievo rende possibile ricavare due dosi da 300 millilitri e il protocollo, messo a punto al San Matteo, prevede tre somministrazioni. Se non c’è risposta, si passa alla seconda infusione e così di seguito a due giorni l’una dall’altra. Ovviamente viene verificata la compatibilità sul gruppo sanguigno come si fa di norma in base al protocollo per le donazioni di sangue.

La necessità dei test

A detta degli esperti è necessario effettuare dei test per quantificare il livello di anticorpi necessario a debellare il coronavirs. Inoltre occorre garantire la massima sicurezza per chi riceve il plasma, infatti tra gli anticorpi (proteine prodotte dai linfociti B) ci sono quelli “buoni”, con capacità di attaccare il virus rendendolo inoffensivo, ma ce ne potrebbero essere altri dannosi per l’organismo del ricevente.

Sulla strada della diffusione della tecnica esiste poi, allo stato attuale, la problematica della sufficiente disponibilità dei guariti da Covid-19, sui quali sia accertata la presenza nel plasma di anticorpi iper immuni. Inoltre “occorre l’autorizzazione del Comitato etico e ciò rappresenta un impedimento” che “fa perdere tempo prezioso”, spiega il professor De Donno. Per questo stanno nascendo delle banche del plasma al fine di conservarlo e metterlo a disposizione anche di altri ospedali che volessero utilizzarlo. Cosa che potrebbe servire anche ad "arginare le conseguenze di una eventuale seconda ondata della pandemia”.

"Potenziamento di una idea che già esisteva"

Si tratta dunque di potenziare la sperimentazione e rendere la cura sempre più sicura, ma la strada è aperta. Del resto è una terapia che “ci consente di salvare più vite possibili", precisa il primario di Mantova che ci tiene e chiarire di “non volersi arrogare alcun merito circa l'invenzione di nulla", limitandosi a parlare del "perfezionamento di un'idea che già esisteva".

Ignazio Dessìdi I. Dessì   
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