[Il commento] I parlamentari in gita nel ritiro del Napoli e la sindrome del “non ce la faremo”
Con l’acquisto della Juventus del campionissimo Cristiano Ronaldo, proprio adesso che il Napoli aveva bilanciato la dipartita di Sarri con un mito degli allenatori, Carlo Ancelotti, è subentrata la sindrome del “non ce la faremo”. Un segnale, anche questo, che parla al Paese. C’è bisogno di fiducia, di credere in se stessi, nelle proprie forze
Nell’era del governo Salvini-Di Maio la politica che sopravvive viene ad abbeverarsi e a trovare conforto nel ritiro di una squadra di calcio. Sembra una storia di altri tempi. Immaginate una delegazione del vecchio partito comunista che andava a Mosca. O della Dc di De Gasperi che sbarcava a Washington. Storie del secolo, anzi del millennio scorso.
La gita di gruppo
Oggi, nel deserto di partiti, ideologie, miti e valori condivisi, nel paese reale puoi trovare conforto solo in pochi momenti aggregativi condivisi. E il calcio è sicuramente un buon esempio. Mentre sul web i gladiatori si fronteggiano senza esclusione di colpi e prevale la cattiveria, il rancore, la violenza verbale, nella bellissima Val di Non, nel Trentino, una delegazione bipartisan di parlamentari arriva per trovare un momento di serenità.
Un’oasi di serenità
Una quindicina di deputati e senatori del “club Napoli Parlamento” appena costituito (da anni esistono club della Roma, della Juventus etc...) sono arrivati a Dimaro, dove si trova in ritiro la squadra. Per trovare conforto, e forse anche ispirazione. Alla fine della visita, il senatore Gaetano Quagliariello, presidente del club ha dichiarato: «Siamo parlamentari di tutti gli schieramenti politici. Ci ha fatto molto piacere stare vicini alla squadra. Il clima è ottimo». Ecco, un’oasi di serenità. Che ritempra gli spiriti.
Come nei film
Che esperienza, seguire il ritiro della squadra del cuore. Una settimana a parlare di niente. Avete presente “Febbre da cavallo”?, il fortunato film con dei giganti del cinema come Gigi Proietti, Enrico Montesanto, Mario Carotenuto. Quasi quarant’anni di vita e quelle battute sulle puntate nelle corse di cavalli sono ancora freschissime. In un ritiro di una squadra di calcio, in questo caso il Napoli, oltre che respirare buona aria di montagna, in una terra bellissima e ospitale, (Dimaro, Folgarida, Val di Non, Trentino), si consuma soprattutto il rito delle “chiacchiere”. Mentre vedi intere famiglie con bambini, neonati, nonni e badanti sciamare dal campo dell’allenamento al paese, e affollare ristoranti a tutte le ore, la colonna sonora di questa valle dal vento è diventata il vociare. Che significa che si discute eternamente sempre delle stesse cose: il calciomercato.
I tormentoni estivi
Ricordo tre ritiri fa del Napoli a Dimaro. Il tormentone era rappresentato da una sola domanda: “Higuain arriva o no?”. E come sappiamo non arrivò, perché lasciò Napoli per Torino. Quest’anno a Dimaro, in particolare si discute di un solo oscuro oggetto del desiderio: l’acquisto di Edinson Cavani. È un rito eterno, quello dei tifosi di qualsiasi squadra. Quasi mai c’è sintonia tra scelte della società nella vendita o acquisto dei campioni e aspettative dei tifosi. Ma sempre però, al primo fischio dell’arbitro, gli spalti cantano i cori della squadra e sostengono i giocatori.
Disquisizioni calcistiche
E dunque, di fronte al Presidente del Napoli, Aurelio De Laurentis, che nega l’acquisto dell’ex napoletano Cavani, che dice di tutto e di più animando una sonnolenta cronaca sportiva in assenza di notizie con le sue uscite, i tifosi del Napoli imperturbabili continuano a fantasticare sull’arrivo di un grande centravanti. È che con l’acquisto della Juventus del campionissimo Cristiano Ronaldo, proprio adesso che il Napoli aveva bilanciato la dipartita di Sarri con un mito degli allenatori, Carlo Ancelotti, è subentrata la sindrome del “non ce la faremo”.
Il calcio ancora come metafora
Che segnale anche questo, che parla al Paese. C’è bisogno di fiducia, di credere in se stessi, nelle proprie forze. Visto i fallimenti dei partiti e dei governi che si sono alternati, la pancia del Paese ha scelto Salvini e Di Maio. In fondo, attraverso il Napoli, si può leggere la crisi dell’Italia. C’è un rivoluzionario riformista, Carlo Ancelotti, che propone una strada per uscire dalla crisi, per credere in se stessi. “Sono aziendalista”, dichiara subito. “Condivido un progetto”, “credo in un progetto”, “voglio vincere il campionato”.
Ritrovare la fiducia perduta
Più chiaro di così. Ancelotti sembra dire che è finito il tempo dello scaricabarile, della deresponsabilizzazione. Possiamo farcela solo se crediamo nel progetto, solo se ognuno fa il proprio dovere. Usciamo un attimo dalle impegnative dichiarazioni sportive, calcistiche del mister. Se solo Napoli prendesse a modello questo progetto. E in fin dei conti, se anche il Paese decidesse di credere in se stesso, abbandonasse il clima da stadio, da gladiatori, forse tornerebbe ad avere fiducia in se stessa, ad abbandonare i sentimenti di odio. Il clima di rancore e violenza.