Dopo le chiacchiere su imminenti dimissioni, Francesco spiega il rinvio del viaggio in Africa
Nella recita dell’Angelus il Papa, apparso in buona forma, chiede di eliminare il lavoro minorile e di pregare e lottare per la pace in Ucraina
Oggi è apparso chiaro che le chiacchiere diffuse a piene mani sulle presunte e imminenti dimissioni del papa forse sono state un diversivo – magari inconscio o ingenuo, chissà - per sviare, seppur di poco, l’attenzione ai gravi problemi sociali e di governance mondiale che la guerra in Ucraina non risolve. Mettere al centro delle dinamiche di Francesco il suo ginocchio, sicuramente dolorante, è la scappatoia più semplice e immediata per non affrontare seriamente a livello di elaborazioni politiche i problemi che hanno comportato e comportano tuttora la pandemia, la guerra in Ucraina, l’eventuale crisi economica conseguente, ingiustizie e soprusi che si consumano ogni giorno verso popolazioni più deboli, sofferenti o emarginati di ogni genere.
Motivi del rinvio del viaggio in Africa
Il semplice rinvio del viaggio in Congo e nel Sud Sudan a tanti è parso una conferma delle dimissioni in preparazione. Così sbandierate da indurre il Vaticano a una precisazione ufficiale. “Accogliendo la richiesta dei medici - ha dichiarato Matteo Bruni direttore della sala Stampa della Santa Sede - e per non vanificare i risultati delle terapie al ginocchio tuttora in corso, il Santo Padre con rammarico si vede costretto a posticipare il Viaggio Apostolico nella Repubblica Democratica del Congo e in Sud Sudan previsto dal 2 al 7 luglio p.v., a nuova data da definire”. Rammarico sincero hanno espresso in personali dichiarazioni, l'arcivescovo di Canterbury Justin Welby e il moderatore dell’Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, Iain Greenshields, che avrebbero condiviso la tappa in Sud Sudan per il "Pellegrinaggio Ecumenico di Pace”. Welby ha detto di pregare per il "caro fratello Papa Francesco". "Condivido il suo rammarico per il rinvio della nostra visita in Sud Sudan", afferma Welby, "continuo a pregare per il popolo del Sud Sudan, per le sue sfide e per le sue speranze di pace e attendo di poter fare questa storica visita in un secondo momento".
Le parole del Papa
La puntualizzazione non è stata sufficiente a stemperare l’atmosfera da fine pontificato che si alimenta e i media nel mondo riferiscono. Ecco allora lo stesso Francesco ha dato la sua versione sul ginocchio che pare mettere a rischio il prosieguo del pontificato e che ha già causato il rinvio del viaggio in Africa. “E ora – ha detto nel dopo Angelus - desidero rivolgermi alle popolazioni e alle autorità della Repubblica Democratica del Congo e del Sud Sudan. Carissimi, con grande dispiacere, a causa dei problemi alla gamba, ho dovuto rinviare la mia visita nei vostri Paesi, programmata per i primi giorni di luglio. Provo davvero un grande rammarico per aver dovuto rinviare questo viaggio, a cui tengo moltissimo. Vi chiedo scusa per questo. Preghiamo insieme perché, con l’aiuto di Dio e delle cure mediche, io possa venire tra voi al più presto. Siamo fiduciosi!”.
I temi toccati da Francesco
Non sembrano affatto parole di una capitolazione rassegnata al male, ma la speranza e l’auspicio di una interiore certezza di poter riprendere l’ordinario lavoro una volta terminata la terapia in corso. Non è un caso che il papa cerca di non dare rilievo al ginocchio quanto piuttosto sottolineare la pastorale di rinnovamento in corso nella Chiesa cattolica e richiamare la vigilanza per sollecitare azioni concertate nel mondo per la giustizia e la pace. Infatti dopo la spiegazione di cortesia non verso le chiacchiere, ma verso la gente dispiaciuta per il rinvio alla quale ha lasciato un motivo di fiducia e non di rimpianto, Francesco ha toccato altri due temi di scottante attualità. E non sono parole di circostanza, frutto di abitudine ripetitiva, ma una vera e propria sveglia s prendersi ciascuno la propria responsabilità nei confronti dell’ingiustizia e della pace difficile.“Oggi – è il segnale di Francesco - ricorre la Giornata mondiale contro il lavoro minorile. Impegniamoci tutti per eliminare questa piaga, perché nessun bambino o bambina sia privato dei suoi diritti fondamentali e costretto o costretta a lavorare. Quella dei minori sfruttati per il lavoro è una realtà drammatica che ci interpella tutti!”.
La preghiera per la pace in Ucraia
E l’appello svegliarino per non abituarci alla guerra in Ucraina: “È sempre vivo nel mio cuore il pensiero per la popolazione ucraina, afflitta dalla guerra. Il tempo che passa non raffreddi il nostro dolore e la nostra preoccupazione per quella gente martoriata. Per favore, non abituiamoci a questa tragica realtà! Abbiamola sempre nel cuore. Preghiamo e lottiamo per la pace”. Francesco è apparso stimolante anche nella breve spiegazione del Vangelo di questa domenica dedicata alla Trinità, una realtà e una festa tra le più difficili della fede cristiana. “Festeggiare la Santissima Trinità – ha spiegato in maniera semplice il papa una verità difficile - non è tanto un esercizio teologico, ma una rivoluzione del nostro modo di vivere. Dio, nel quale ogni Persona vive per l’altra in continua relazione, in continuo rapporto, non per sé stessa, ci provoca a vivere con gli altri e per gli altri. Aperti. Oggi possiamo chiederci se la nostra vita riflette il Dio in cui crediamo: io, che professo la fede in Dio Padre e Figlio e Spirito Santo, credo davvero che per vivere ho bisogno degli altri, ho bisogno di donarmi agli altri, ho bisogno di servire gli altri? Lo affermo a parole o lo affermo con la vita?... Il Dio trino e unico, cari fratelli e sorelle, va mostrato così, con i fatti prima che con le parole. Dio, che è autore della vita, si trasmette meno attraverso i libri e più attraverso la testimonianza di vita. Egli che, come scrive l’evangelista Giovanni, «è amore», si rivela attraverso l’amore. Pensiamo alle persone buone, generose, miti che abbiamo incontrato: ricordando il loro modo di pensare e di agire, possiamo avere un piccolo riflesso di Dio-Amore. E che cosa vuol dire amare? Non solo volere bene e fare del bene, ma prima ancora, alla radice, accogliere, essere aperto agli altri, fare posto agli altri, dare spazio agli altri. Questo significa amare, alla radice”. A ben pensarci, se questa coscienza di sé e della vita fosse pensata e praticata di più, forse non saremmo come società alle prese con mali che l’umanità si trascina dai tempi più antichi, tanto da non sembrare risolvibili neppure alla nostra società che riteniamo tanto evoluta.