Pace e santità: per Francesco i santi sono i veri rivoluzionari
All’Angelus per la solennità dell’1 novembre il papa critica la “santità da immaginetta” e invita a farsi costruttori di pace
Pace e santità due temi che sembrano lontanissimi e che papa Francesco nell’Angelus odierno, solennità di tutti i santi riesce, invece, a metterli in sintonia. Anzi dichiara addirittura che i veri rivoluzionari sono i santi perché vivono intensamente la beatitudine evangelica sugli operatori di pace. Sono beati perché saranno chiamati figli di Dio. Intrecciando dunque la spiegazione del vangelo odierno sulle beatitudini e le cronache attinenti pace e guerra nel mondo e in modo speciale in Ucraina, Francesco ha palato in termini nuovi sia di santi e sia di pace.
A proposito di pace ha spiegato il senso del suo imminente viaggio nel Bahrein dal 3 al 6 novembre: una missione per sostenere e incoraggiare il dialogo pacifico tra oriente e occidente. "Sarà un Viaggio all’insegna del dialogo – ha spiegato nel dopo Angelus -: parteciperò infatti a un Forum che tematizza l’imprescindibile necessità che Oriente e Occidente si vengano maggiormente incontro per il bene della convivenza umana; avrò l’opportunità di intrattenermi con rappresentanti religiosi, in particolare islamici. Chiedo a tutti di accompagnarmi con la preghiera, perché ogni incontro e avvenimento sia un’occasione proficua per sostenere, in nome di Dio, la causa della fraternità e della pace, di cui i nostri tempi hanno estremo e urgente bisogno”.
L’attualità e l’importanza del viaggio è stato ribadito anche dal cardinale Pietro Parolin segretario di Stato in un’intervista rilasciata oggi ai media vaticani in cui definisce il viaggio del papa “un segno di unità in un momento particolarmente delicato, complesso e per certi versi tragico anche della nostra storia. In un mondo caratterizzato da tensioni, da contrapposizioni, dai conflitti”, la visita del Papa e gli appuntamenti in Bahrein ai quali parteciperà sono, secondo il porporato “un messaggio di unità, di coesione e di pace”.
Che la recita dell’Angelus sarebbe stata scoppiettante anziché noiosa e devozionale come di solito si sente parlare di santi e santità, è apparso fin dalle prime battute del papa. “Oggi, festeggiamo tutti i Santi e potremmo avere un’impressione fuorviante: potremmo pensare di celebrare quelle sorelle e quei fratelli che in vita sono stati perfetti, sempre lineari, precisi, anzi “inamidati”. Invece, il Vangelo di oggi smentisce questa visione stereotipata, questa “santità da immaginetta”. Infatti le Beatitudini di Gesù che sono la carta d’identità dei santi, mostrano tutto l’opposto: parlano di una vita controcorrente, di una vita rivoluzionaria! I santi sono i veri rivoluzionari”. Il resto è stato un intendere e uno spiegare partecipato della beatitudine degli operatori di pace. “Vediamo come la pace di Gesù sia molto diversa da quella che immaginiamo. Tutti – rileva Francesco - desideriamo la pace, ma spesso quello che noi vogliamo non è proprio la pace, è stare in pace, essere lasciati in pace, non avere problemi ma tranquillità. Gesù, invece, non chiama beati i tranquilli, quelli che stanno in pace, ma quelli che fanno la pace e lottano per fare la pace, i costruttori, gli operatori di pace. Infatti, la pace va costruita e come ogni costruzione richiede impegno, collaborazione, pazienza. Noi vorremmo che la pace piovesse dall’alto, invece la Bibbia parla del «seme della pace», perché essa germoglia dal terreno della vita, dal seme del nostro cuore; cresce nel silenzio, giorno dopo giorno, attraverso opere di giustizia e di misericordia, come ci mostrano i testimoni luminosi che festeggiamo oggi. Ancora, noi siamo portati a credere che la pace arrivi con la forza e la potenza: per Gesù è il contrario. La sua vita e quella dei santi ci dicono che il seme della pace, per crescere e dare frutto, deve prima morire.
La pace non si raggiunge conquistando o sconfiggendo qualcuno, non è mai violenta, non è mai armata”. Per diventare operatori di pace, prima di tutto a parere di Francesco “occorre disarmare il cuore. Sì, perché siamo tutti equipaggiati con pensieri aggressivi, uno contro l’altro, con parole taglienti, e pensiamo di difenderci con i fili spinati della lamentela e con i muri di cemento dell’indifferenza; e fra lamentela e indifferenza ci difendiamo, ma questo non è pace, questo è guerra. Il seme della pace chiede di smilitarizzare il campo del cuore”. A questo fine è utile smilitarizzare il cuore, senza timore di apparire dei perdenti, facendosi costruttori di pace superando le chiacchiere, l’indifferenza e l’ingiustizia. In questo modo non si perde perché ci si avvicina a Dio. In questo quadro si capisce anche un insistente invito di Francesco ripetuto anche oggi: “Cari fratelli e sorelle, per favore, non dimentichiamoci della martoriata Ucraina: preghiamo per la pace, preghiamo perché in Ucraina ci sia la pace”.