"La guerra è pazzia collettiva". L'appello del Papa per scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia
Francesco invita a fare passi concreti per portare la pace tra Russia e Ucraina. E nella catechesi ha detto il Pontefice che i vecchi sono luce per gli altri

La guerra in Ucraina come pazzia collettiva di tutte le parti. E’ lo stigma inedito pronunciato oggi da papa Francesco a conclusione dell’udienza generale, l’ultima con la catechesi dedicata a ripensare in termini inediti e poco comuni la condizione degli anziani e dei vecchi. Forse era atteso un pensiero al conflitto in Ucraina ricorrendo il sesto mese dall’aggressione di Putin che ha scosso gli equilibri internazionali e svegliato rancori, paure, incertezza, ma alle tre righe di testo scritto Francesco ha aggiunto a braccio un impietoso e articolato quadro del male rappresentato dalla guerra in Ucraina. Con una prospettiva che forse non piacerà a schieramenti di parte. In questi mesi si è sempre tentato di tirare Francesco per la giacca da una parte o dall’altra, ma il papa ha sempre chiarito che la guerra è un male per tutti e che tutti – ciascuno con le proprie responsabilità – devono trovare concrete vie per la pace.
"La guerra è una pazzia collettiva"
Russia aggressiva e Ucraina aggredita, per Francesco sono due entità di popoli che aspirano alla pace e la pace richiede una disponibilità comune. “Rinnovo l’invito a implorare dal Signore la pace per l’amato popolo ucraino che da sei mesi - oggi - patisce l’orrore della guerra. Auspico che si intraprendano passi concreti per mettere fine alla guerra e scongiurare il rischio di un disastro nucleare a Zaporizhzhia”. Fin qui lo scritto. Il papa ha proseguito a braccio. “Porto nel cuore i prigionieri, soprattutto quelli che si trovano in condizioni fragili, e chiedo alle autorità responsabili di adoperarsi per la loro liberazione. Penso ai bambini, tanti morti, poi tanti rifugiati - qui in Italia ce ne sono tanti - tanti feriti, tanti bambini ucraini e bambini russi che sono diventati orfani e l’orfanità non ha nazionalità, hanno perso il papà o la mamma, siano russi siano ucraini. Penso a tanta crudeltà, a tanti innocenti che stanno pagando la pazzia, la pazzia di tutte le parti, perché la guerra è una pazzia e nessuno in guerra può dire: “No, io non sono pazzo”. La pazzia della guerra. Penso a quella povera ragazza volata in aria per una bomba che era sotto il sedile della macchina a Mosca.
"Abbiamo bisogno di pace"
Gli innocenti pagano la guerra, gli innocenti! Pensiamo a questa realtà e diciamoci l’un l’altro: la guerra è una pazzia. E coloro che guadagnano con la guerra e con il commercio delle armi sono dei delinquenti che ammazzano l’umanità. E noi pensiamo ad altri Paesi che sono in guerra da tempo: più di 10 anni la Siria, pensiamo la guerra nello Yemen, dove tanti bambini patiscono la fame, pensiamo ai Rohingya che girano il mondo per l’ingiustizia di essere cacciati dalla loro terra. Ma oggi in modo speciale, a sei mesi dall’inizio della guerra, pensiamo all’Ucraina e alla Russia, ambedue i Paesi ho consacrato all’Immacolato Cuore di Maria, che Lei, come Madre, volga lo sguardo su questi due Paesi amati: veda l’Ucraina, veda la Russia e ci porti la pace! Abbiamo bisogno di pace!”. Ci sono tutti i motivi francescani del papa per la pace: una prospettiva che parte da una visione di fraternità tra i popoli anziché da una visione di interessi e di potenza. Forse per questo è difficile finora sedersi a un tavolo e ci si chiede quanto possa influire il pensiero libero di papa Francesco sulle decisioni delle potenze da cui dipende l’assetto presente e futuro del mondo. Fine agosto scoppiettante per il papa.
Le liquidità della Chiesa vanno gestite dallo Ior
Dopo l’appello per la pace in Ucraina, inatteso nella formula di oggi, bisogna registrare due altre novità che indicano il cammino deciso del papa verso la riforma della Chiesa. Un rescritto a sua firma chiede alle istituzioni vaticane e ad esse collegate in tutta la Chiesa di trasferire entro il prossimo mese i rispettivi conti bancari da qualsiasi altro istituto allo IOR così da consentire una gestione finanziaria della Chiesa a servizio della visione teologica e sociale contenuta nella dottrina sociale cattolica. E poi una novità nel concistoro cardinalizio di fine mese: vi prenderà parte anche il cardinale Becciu, tuttora sotto processo in Vaticano. Stando a una comunicazione dello stesso porporato, Francesco lo ha invitato a partecipare in base al principio di “presunzione di innocenza” che deve valere anche per lui fino a sentenza definitiva del processo in corso.
"I vecchi sono luce per gli altri"
Nell’odierna, penultima udienza generale d’agosto papa Francesco ha infine raccontato come vivere la vecchiaia alla luce della fede cristiana. Si tratta di considerare la vecchiaia alla luce dell’assunzione di Maria al cielo e della risurrezione di Gesù. Una capacità di pensare la morte non salto verso li buio dell’ignoto e del nulla ma come carta d’ingresso in una festa eterna. “Non a caso l’Apostolo Paolo – ha detto il papa commentando la Lettera dell’apostolo ai Romani - parla delle doglie del parto. Come, appena usciti dal seno di nostra madre, siamo sempre noi, lo stesso essere umano che era nel grembo, così, dopo la morte, nasciamo al cielo, allo spazio di Dio, e siamo ancora noi che abbiamo camminato su questa terra. Analogamente a quanto è accaduto a Gesù: il Risorto è sempre Gesù: non perde la sua umanità, il suo vissuto, e neppure la sua corporeità, no, perché senza di essa non sarebbe più Lui, non sarebbe Gesù: cioè, con la sua umanità, con il suo vissuto”. Gesù, quando parla del Regno di Dio, “lo descrive come un pranzo di nozze, come una festa con gli amici, come il lavoro che rende perfetta la casa: è la sorpresa che rende il raccolto più ricco della semina. Prendere sul serio le parole evangeliche sul Regno abilita la nostra sensibilità a godere dell’amore operoso e creativo di Dio, e ci mette in sintonia con la destinazione inaudita della vita che seminiamo.
La sapienza della vecchiaia
Nella nostra vecchiaia, care e cari coetanei, e parlo ai “vecchi” e alle “vecchiette”, nella nostra vecchiaia l’importanza di tanti “dettagli” di cui è fatta la vita – una carezza, un sorriso, un gesto, un lavoro apprezzato, una sorpresa inaspettata, un’allegria ospitale, un legame fedele – si rende più acuta. L’essenziale della vita, che in prossimità del nostro congedo teniamo più caro, ci appare definitivamente chiaro. Ecco: questa sapienza della vecchiaia è il luogo della nostra gestazione, che illumina la vita dei bambini, dei giovani, degli adulti, e dell’intera comunità. Noi “vecchi” dovremmo essere questo per gli altri: luce per gli altri…Sì, cari fratelli e sorelle, specialmente voi anziani, il meglio della vita è ancora tutto da vedere; “Ma siamo vecchi, cosa dobbiamo vedere in più?” Il meglio, perché il meglio della vita è ancora tutto da vedere. Speriamo questa pienezza di vita che ci aspetta tutti, quando il Signore ci chiamerà. La Madre del Signore e Madre nostra, che ci ha preceduti in Paradiso, ci restituisca la trepidazione dell’attesa perché non è un’attesa anestetizzata, non è un’attesa annoiata, no, è un’attesa con trepidazione: “Quando verrà il mio Signore? Quando potrò andare là?” Un po’ di paura perché questo passaggio non so cosa significa e passare quella porta dà un po’ di paura ma c’è sempre la mano del Signore che ti porta avanti e attraversata la porta c’è la festa. Siamo attenti, voi cari “vecchi” e care “vecchiette”, coetanei, siamo attenti, Lui ci sta aspettando, soltanto un passaggio e poi la festa”.