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Papa Francesco incontra i poveri ad Assisi: “Restituire la parola bisognosi”

Come cambiare la storia, il senso dell’incontro di preghiera in Umbria in occasione della V Giornata mondiale dei poveri

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco
Papa Francesco (Foto Ansa)

Restituire, capire, accogliere, resistere, incontrarsi sono i verbi dominanti usati da papa Francesco per rappresentare il senso del suo incontro con 500 poveri, uomini, donne, bambini, provenienti dall’Europa, in occasione della quinta Giornata mondiale dei poveri celebrata non per caso in Assisi, città di san Francesco. Il papa ha ascoltato le loro esperienze, ha parlato e pregato con loro, ringraziandoli per la loro lezione di vita.

Il confronto in Assisi

Curioso questo confronto con i poveri in Assisi nel quale i poveri hanno ascoltato, ma anche finalmente parlato e dove il papa non solo ha parlato, ma anche ascoltato dando prova che con i poveri è possibile inaugurare un metodo dialogico che li considera persone come tutti con la stessa dignità, sebbene ferita da vicende tristi e dolorose le più diverse. Curioso per la spontaneità di Francesco nel riconoscere il merito dell’iniziativa dovuta non a se stesso o a qualche brillante cervello di palazzo, ma a Etienne, un povero tra quelli presenti, che gli aveva messo nell’orecchio la prima idea di una Giornata mondiale dei poveri e poi di farne una in Assisi nella quale il Papa ha invitato tanti, a sua volta invitato.

La Giornata mondiale dei poveri

Eccezionale quindi l’incontro ed eccezionali le parole del Papa che costituiscono una difesa dei poveri dai luoghi comuni come il considerarli causa dei loro mali e della loro miseria. Che Francesco parli dei poveri e con i poveri non è una novità: fa parte del suo pontificato fin dalla sua elezione e dalla scelta del nome. Ma il discorso di Assisi per la Giornata mondiale giunta alla quinta edizione e nata dalla proposta di un povero, evidenzia che il Papa con i poveri fa sul serio. Ha archiviato il tempo dell’elemosina e inaugurato il tempo della giustizia, la virtù che rende trasparente la carità, basilare per ogni convivenza sociale.

L'importanza di un sorriso

Francesca bussa di nuovo all’intelligenza delle persone, all’arte della politica scuotendola ancora una volta dal sonno della ragione e dalla vita alimentata dalle furbizie e dalla rassegnazione che sia il potere -anche ingiusto e prevaricatore – la chiave della riuscita della storia. Tutto sarebbe più facile – ripete Francesco – se si partisse dal punto di vista dei poveri: la soluzione dei loro problemi sarebbe la soluzione dei problemi di tutti. Se si apprendesse ad accogliere la gente con un sorriso – ha detto il Papa ricordando Madre Teresa – poiché quando si sorride a qualcuno significa riconoscerlo e considerarlo persona. Forse qualcuno, anche tra coloro che si occupano di fare del bene ai poveri immaginava l’incontro uno scontato momento di buonismo che a un papa si può e deve concedere.
Francesco con dolcezza ha preso la frusta non contro i poveri ma nei confronti di quanti - gente che si crede per bene - ritiene di poter concedere ai poveri qualcosa o asciugare le loro lacrime con un pacco dono.

Restituire la parola ai poveri

Nella città del Poverello di Assisi, il Pontefice con tutta umiltà e determinazione, ha detto chiaro che il mondo non risolverà i suoi problemi in forma stabile se non ascoltando la voce dei poveri e mettendo mano al cantiere della giustizia. Mentre perfino in Europa sembrano moltiplicarsi le voci di coloro che intendono rendere legali i muri e i fili spinati per lasciare poveri, immigrati e rifugiati nei loro recinti di abbandono e dimenticanza, Francesco scrive e lancia un manifesto per inquietare l’anima dei benestanti e benpensanti. “È tempo invece – chiarisce - che ai poveri sia restituita la parola, perché per troppo tempo le loro richieste sono rimaste inascoltate. È tempo che si aprano gli occhi per vedere lo stato di disuguaglianza in cui tante famiglie vivono. È tempo di rimboccarsi le maniche per restituire dignità creando posti di lavoro. È tempo che si torni a scandalizzarsi davanti alla realtà di bambini affamati, ridotti in schiavitù, sballottati dalle acque in preda al naufragio, vittime innocenti di ogni sorta di violenza. È tempo che cessino le violenze sulle donne e queste siano rispettate e non trattate come merce di scambio. È tempo che si spezzi il cerchio dell’indifferenza per ritornare a scoprire la bellezza dell’incontro e del dialogo. È tempo di incontrarsi. È il momento dell’incontro. Se l’umanità, se noi uomini e donne non impariamo a incontrarci, andiamo verso una fine molto triste".

Il coraggio di resistere

Dall’ascolto delle testimonianze dei poveri presenti alla Porziuncola Francesco sente la gratitudine per gli spunti interessanti che – assicura – conserverà nel cuore. “Ho colto, anzitutto, un grande senso di speranza. La vita non è stata sempre indulgente con voi, anzi, spesso vi ha mostrato un volto crudele. L’emarginazione, la sofferenza della malattia e della solitudine, la mancanza di tanti mezzi necessari non vi ha impedito di guardare con occhi carichi di gratitudine per le piccole cose che vi hanno permesso di resistere”. E’ questo uno dei verbi ricordati da Francesco fuori e dentro la pandemia e che ora ripete a tutti per regolarsi sull’esempio dei poveri. “Resistere. Questa è la seconda impressione che ho ricevuto e che deriva proprio dalla speranza. Cosa vuol dire resistere? Avere la forza di andare avanti nonostante tutto, andare controcorrente. Resistere non è un’azione passiva, al contrario, richiede il coraggio di intraprendere un nuovo cammino sapendo che porterà frutto. Resistere vuol dire trovare dei motivi per non arrendersi davanti alle difficoltà, sapendo che non le viviamo da soli ma insieme, e che solo insieme le possiamo superare.

L'ascolto delle testimonianze

Resistere ad ogni tentazione di lasciar perdere e cadere nella solitudine e nella tristezza. Resistere, aggrappandosi alla piccola o poca ricchezza che possiamo avere.Penso alla ragazza dell’Afghanistan, con la sua frase lapidaria: il mio corpo è qui, la mia anima è là. Resistere con la memoria, oggi. Penso alla mamma romena che ha parlato alla fine: dolori, speranza e non si vede l’uscita, ma la speranza forte nei figli che l’accompagnano e le ridanno la tenerezza che hanno ricevuto da lei”. Per resistere ci vuole coraggio e i poveri ne hanno, riconosce il papa. E in definitiva “ognuno di noi ha bisogno dell’altro, e che anche la debolezza, se vissuta insieme, può diventare una forza che migliora il mondo. Spesso la presenza dei poveri è vista con fastidio e sopportata; a volte si sente dire che i responsabili della povertà sono i poveri: un insulto in più! Pur di non compiere un serio esame di coscienza sui propri atti, sull’ingiustizia di alcune leggi e provvedimenti economici, un esame di coscienza sull’ipocrisia di chi vuole arricchirsi a dismisura, si getta la colpa sulle spalle dei più deboli”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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