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Francesco contro l’ipocrisia dei cristiani e dei politici

Nell’ultima udienza generale di agosto il papa insiste a spiegare san Paolo per indicare come vivere anche oggi il giusto rapporto tra legge e libertà nella Chiesa

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco (foto Ansa)
Papa Francesco (foto Ansa)

Ultima udienza generale di agosto, ma Francesco non molla un ragionamento cui tiene molto, iniziato con le catechesi prima delle ferie. E’ evidente quale sia la sua maggiore preoccupazione in un periodo in cui significative fasce di cattolici piuttosto conservatori  lo criticano e altri non condividono apertamente le sue politiche migratorie e sociali per vincere la povertà. Il papa non vieta il dibattito ma stigmatizza l’ipocrisia. Accetta le critiche, ma chiede di farlo alla luce del sole, apertamente e per fondati motivi, rifuggendo dall’ipocrisia di un apparente consenso di comodo. La Lettera dell’apostolo Paolo ai Galati che tratta della libertà del cristiano nel rapportarsi a tradizioni anche importanti ma estranee all’insegnamento di Gesù, pare rispondere ottimamente allo scopo di Francesco in questo tempo di rivolgimenti culturali profondi. Par di capire dalla catechesi odierna che la critica al papa oggi è possibile, come lo fu nei primissimi tempi del cristianesimo nei confronti di Pietro, capo della prima comunità cristiana. Lo stesso Paolo lo criticò per mancanza di chiarezza su una questione allora fondamentale tra gli apostoli e i discepoli di Gesù: era o non era necessario per i pagani che si convertivano diventare prima ebrei, accettando la legge di Mosé oppure i pagani con il battesimo potevano diventare cristiani senza vincoli con la legge mosaica? Come è noto il dibattito si concluse proprio con le parole di Pietro che accettò la linea di Paolo e i giudei convertiti dovettero cessare dalle loro critiche. Oggi è ancora vivo nella Chiesa il dibattito se sia da accogliere il concilio Vaticano II, conformandosi in tutto alle sue indicazioni oppure se sia lecito e positivo continuare con la vecchia mentalità facendo convivere – ad esempio – il rito vecchio e nuovo della messa, riconoscendo possibile e necessario accogliere la modernità entro la quale essere buoni cristiani. Il concilio Vaticano II continua a dividere i cristiani tra conservatori e progressisti e questa divisione si riflette anche nelle scelte politiche degli uni e degli altri. Non è un mistero che tutto il vecchio bagaglio della tradizione cattolica, confusa con la trasmissione della fede, sia condiviso e sostenuto ad esempio dai partiti populisti dell’Occidente.

Francesco ha ripetuto con chiarezza da che parte occorre schierarsi oggi: quella del Vangelo rifacendosi alle parole e agli esempi di Gesù. “I Vangeli – ha detto salutando i fedeli in lingua araba - riportano diverse situazioni in cui Gesù rimprovera fortemente coloro che appaiono giusti all’esterno, ma dentro sono pieni di falsità e di iniquità. Per non essere come costoro, non dobbiamo mai dimenticare le parole di Gesù: “Sia il vostro parlare sì sì, no no, il di più viene dal maligno”.

Ancora una volta “è in gioco il rapporto tra la Legge e la libertà. E dobbiamo tornare su questo tante volte”. Era accaduto anche nella comunità di Antiochia alla quale Paolo ricorda che non era necessaria la circoncisione per essere cristiani. Ma era stato contestato anche perché l’apostolo Pietro non si comportava con chiarezza sull’argomento. “Ricordiamo che sono questi predicatori fondamentalisti che sono arrivati lì e hanno creato confusione, e hanno anche tolto la pace a quella comunità”. Francesco puntualizza: “Paolo, nel suo rimprovero – e qui è il nocciolo del problema – utilizza un termine che permette di entrare nel merito della sua reazione: ipocrisia. Questa è una parola che tornerà tante volte: ipocrisia. Credo che tutti noi capiamo cosa significa. L’osservanza della Legge da parte dei cristiani portava a questo comportamento ipocrita, che l’apostolo intende combattere con forza e convinzione”.

L’ipocrisia “si può dire che è paura per la verità. L’ipocrita ha paura per la verità. Si preferisce fingere piuttosto che essere sé stessi. È come truccarsi l’anima, come truccarsi negli atteggiamenti, come truccarsi nel modo di procedere: non è la verità. E la finzione impedisce il coraggio di dire apertamente la verità e così ci si sottrae facilmente all’obbligo di dirla sempre, dovunque e nonostante tutto. La finzione ti porta a questo: alle mezze verità. E le mezze verità sono una finzione: perché la verità è verità o non è verità. Ma le mezze verità sono questo modo di agire non vero. Si preferisce, come ho detto, fingere piuttosto che essere sé stesso, e la finzione impedisce quel coraggio, di dire apertamente la verità. E così ci si sottrae all’obbligo - e questo è un comandamento - di dire sempre la verità, dirla dovunque e dirla nonostante tutto. E in un ambiente dove le relazioni interpersonali sono vissute all’insegna del formalismo, si diffonde facilmente il virus dell’ipocrisia. Quel sorriso che non viene dal cuore, quel cercare di stare bene con tutti, ma con nessuno”.

I Vangeli riportano diverse situazioni in cui Gesù rimprovera fortemente coloro che appaiono giusti all’esterno, ma dentro sono pieni di falsità e d’iniquità . “Se avete un po’ di tempo oggi – suggerisce Bergoglio - prendete il capitolo 23 del Vangelo di San Matteo e vedete quante volte Gesù dice: “ipocriti, ipocriti, ipocriti”, e svela cosa sia l’ipocrisia”. L’ipocrita , precisa Francesco, “è una persona che finge, lusinga e trae in inganno perché vive con una maschera sul volto, e non ha il coraggio di confrontarsi con la verità. Per questo, non è capace di amare veramente – un ipocrita non sa amare – si limita a vivere di egoismo e non ha la forza di mostrare con trasparenza il suo cuore. Ci sono molte situazioni in cui si può verificare l’ipocrisia. Spesso si nasconde nel luogo di lavoro, dove si cerca di apparire amici con i colleghi mentre la competizione porta a colpirli alle spalle. Nella politica non è inusuale trovare ipocriti che vivono uno sdoppiamento tra il pubblico e il privato. È particolarmente detestabile l’ipocrisia nella Chiesa, e purtroppo esiste l’ipocrisia nella Chiesa, e ci sono tanti cristiani e tanti ministri ipocriti”.

Due eventi attuali sono stati motivo di un appello del papa in chiusura dell’udienza: il via da ieri a Tokyo delle Paralimpiadi e il quinto anniversario del terremoto in Italia Centrale. “Invio il mio saluto agli atleti – ha detto il papa - e li ringrazio perché offrono a tutti una testimonianza di speranza e di coraggio. Essi, infatti, manifestano come l’impegno sportivo aiuti a superare difficoltà apparentemente insormontabili. Saluto altresì i fedeli di Montegallo, che il 24 agosto di 5 anni fa sono stati colpiti dal terremoto. Cari fratelli e sorelle, la vostra presenza mi offre l’occasione per volgere il mio pensiero alle vittime e alle comunità dell’Italia centrale, tra cui Accumoli e Amatrice, che hanno subito le dure conseguenze di quell’evento sismico. Con il concreto aiuto delle Istituzioni, è necessario dare prova di “rinascita” senza lasciarsi abbattere dalla sfiducia. Esorto tutti ad andare avanti con speranza. Coraggio!”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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