Conflitti nel mondo e nella Chiesa: Francesco tra guerra e pace
Nell’Angelus un appello a pregare un’estate per l’Ucraina. Dure reazioni all’interno dopo nomina nuovo prefetto all’ex Sant’Ufficio
Guerra e pace sono due realtà con le quali papa Francesco è chiamato a confrontarsi anche in questo primo mese di ferie estive: guerre combattute nel mondo con le armi e una fronda accanita alle sue riforme nella Chiesa e nella Curia. “Pensiamo a quanti conflitti – ha sottolineato Francesco all’Angelus, spiegando il Vangelo - si potrebbero evitare e risolvere così, mettendosi in ascolto degli altri con il sincero desiderio di comprendersi!”. La sua azione dentro e fuori la Chiesa ha sempre più polarizzato il dissenso in cerca di una piattaforma di resistenza alla Riforma. Sulla guerra è stato più esplicito e chiaro anche oggi. Più velato invece il riferimento alla decisione di accogliere finalmente la rinuncia del gesuita spagnolo Luis Francisco Ladaria Ferrer, nominando alla guida dell’ex Sant’ufficio l’arcivescovo argentino Víctor Manuel Fernández . Una scelta che ha suscitato una levata di scudi dai settori conservatori. Ottime referenze teologiche, già stretto collaboratore di Bergoglio in momenti cruciali della pastorale in America Latina. Titoli anziché di merito, per i critici del papa motivi di demerito anche per Fernandez.
La risposta indiretta alle critiche
Francesco non ha risposto alle critiche davvero aspre, quasi sprezzanti ma forse le sue parole sull’essere profeti nella Chiesa nella spiegazione del Vangelo all’Angelus odierno potrebbero valere come indiretta risposta alle critiche. “Profeta, fratelli e sorelle, - precisa il papa - è ciascuno di noi: infatti, con il Battesimo tutti abbiamo ricevuto il dono e la missione della profezia. Profeta è colui che, in forza del Battesimo, aiuta gli altri a leggere il presente sotto l’azione dello Spirito Santo. Questo è molto importante: leggere il presente non come una cronaca, ma sotto l’azione dello Spirito Santo, che aiuta a comprendere i progetti di Dio e corrispondervi. In altre parole, il profeta è colui che indica agli altri Gesù, che lo testimonia, che aiuta a vivere l’oggi e a costruire il domani secondo i suoi disegni”. L’accanimento dei critici forse ha di mira non tanto e non solo la nuova guida quanto l’identikit di un ex sant’Ufficio rinnovato completamente da Francesco e dunque funzionale alla visione di Chiesa conciliare e sinodale. Non un posto di potere e di giudizio, ma di servizio e condivisione della fede da annunciare con la testimonianza. Si volta pagina. E questo si vorrebbe impedire.
La guerra tra Russia e Ucraina
La preoccupazione per la guerra tra Russia e Ucraina che Francesco spinge senza sosta verso un accordo, non è terminato neppure con la recente visita del cardinale Zuppi a Mosca. L’intento era di creare un disarmo psicologico previo ad accordi di pace. Perciò sempre attuale e Francesco lo tiene in caldo: “Anche in questo periodo estivo – ha detto nel dopo Angelus - non stanchiamoci di pregare per la pace, in modo speciale per il popolo ucraino, tanto provato. E non trascuriamo le altre guerre, purtroppo spesso dimenticate, e i numerosi conflitti e scontri che insanguinano molti luoghi della Terra; tante guerre ci sono oggi. Interessiamoci di quello che accade, aiutiamo chi soffre e preghiamo, perché la preghiera è la forza mite che protegge e sostiene il mondo”. Francesco ritiene primario l’impegno unitario dei cristiani per la pace tanto da rendere il tema di guerra e pace centrale nell’incontro con la delegazione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli ricevuta in udienza per la festa dei santi Pietro e Paolo. “Il clima di questo incontro – le parole del papa - ci porta così anche a condividere delle preoccupazioni; una su tutte, quella per la pace, specialmente nella martoriata Ucraina. È una guerra che, toccandoci più da vicino, ci mostra come in realtà tutte le guerre sono solo dei disastri, dei disastri totali: per i popoli e per le famiglie, per i bambini e per gli anziani, per le persone costrette a lasciare il loro Paese, per le città e i villaggi, e per il creato, come abbiamo visto recentemente a seguito della distruzione della diga di Nova Kakhovka. Come discepoli di Cristo, non possiamo rassegnarci alla guerra, ma abbiamo il dovere di lavorare insieme per la pace. La tragica realtà di questa guerra che sembra non avere fine esige da tutti un comune sforzo creativo per immaginare e realizzare percorsi di pace, verso una pace giusta e stabile. Certamente, la pace non è una realtà che possiamo raggiungere da soli, ma è in primo luogo un dono del Signore. Tuttavia, si tratta di un dono che richiede un atteggiamento corrispondente da parte dell’essere umano, e soprattutto del credente, il quale deve partecipare all’opera pacificatrice di Dio…In questo senso – ha aggiunto il papa forse memore delle difficoltà presenti tra i cristiani - il Vangelo ci mostra che la pace non viene dalla mera assenza di guerra, ma nasce dal cuore dell’uomo. A ostacolarla, infatti, è in ultima analisi la radice cattiva che ci portiamo dentro: il possesso, la volontà di perseguire egoisticamente i propri interessi a livello personale, comunitario, nazionale e persino religioso”.
Il pericolo di divisioni e discordie
Alle chiusure e agli egoismi “va opposto lo stile di Dio che, come ci ha insegnato Cristo con l’esempio, è servizio e rinuncia di sé. Possiamo esser certi che, incarnandolo, i cristiani cresceranno nella comunione reciproca e aiuteranno il mondo, segnato da divisioni e discordie”. Pericolo di divisioni e discordie che sono emerse evidenti in occasione della nomina di Víctor Manuel Fernández a guida del Dicastero per la Dottrina della Fede. Una nomina che ha scosso la Curia romana, quasi come accadde nel novembre del 1981 quando papa Wojtyla chiamò il cardinale Ratzinger alla guida della Congregazione per la Dottrina della Fede. Allora - grande era la personalità del prescelto – si temette un giro di vite verso i progressisti, confondendo Ratzinger con i conservatori. In realtà il disegno di Woytila era quello di poter resistere meglio alle pressioni di conservatori e progressisti con una posizione mediana autorevole. Oggi Francesco ha deciso una mossa più audace, ma in linea con la Riforma della Curia già varata dove la Dottrina della fede non è più il primo Dicastero, ma una sezione del Dicastero per l’evangelizzazione che in Curia detiene il primato presieduto dallo stesso Sommo Pontefice. Francesco chiude così una stagione passata preconciliare dell’ex sant’Ufficio e va oltre il cambiamento graduale verso la modernità perseguito negli anni successivi al concilio Vaticano II. Volta pagina con decisione chiarendo il nuovo obbiettivo nella lettera a Víctor Manuel Fernández che ne accompagna la nomina: “Come nuovo Prefetto del Dicastero per la Dottrina della Fede, le affido un compito che considero molto prezioso. Il suo scopo centrale è quello di custodire l’insegnamento che scaturisce dalla fede per “dare ragione della nostra speranza, ma non come nemici che additano e condannano”. Poi aggiunge: “Il Dicastero che lei presiederà in altri tempi è arrivato a usare metodi immorali. Erano tempi in cui, anziché promuovere la conoscenza teologica, si perseguivano possibili errori dottrinali. Quello che mi aspetto da lei è certamente qualcosa di molto diverso…. Abbiamo bisogno di un modo di pensare che possa presentare in modo convincente un Dio che ama, che perdona, che salva, che libera, che promuove le persone e le chiama al servizio fraterno. Questo avviene se “l’annuncio si concentra sull’essenziale, che è il più bello, il più grande, il più attraente e allo stesso tempo il più necessario”. Alla fine – si legge nella lettera del neoprefetto agli amici - ho accettato con gioia, perché quello che mi chiede il papa “è una sfida meravigliosa, anche se avrò molti contro: ci sono persone che preferiscono un pensiero più rigido, strutturato, in guerra con il mondo”.