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Francesco: una grande e perenne riforma della Chiesa. Nuovo appello per cessate il fuoco tra Israele e Palestina

L’Angelus del papa nel contesto della conclusione della prima fase dell’Assemblea sinodale. Ampio consenso a riforme che verranno perfezionate tra un anno

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
(Ansa)
(Ansa)

Chiude i battenti la prima parte dell’Assemblea del sinodo dei vescovi che tornerà a riunirsi a ottobre del prossimo anno per deliberare importanti riforme ora solo vagliate e discusse dai 365 membri votanti tra i quali 70 laici (donne e uomini) presenti per la prima volta con diritto di voto. Papa Francesco nell’omelia della messa conclusiva nella Basilica di san Pietro ha meglio chiarito il ritratto della Chiesa che vuole e per la quale ha convocato un sinodo tanto diverso dagli altri che l’anno preceduto in quasi sessant’anni dalla sua istituzione scaturita dal concilio Vaticano II. Un sinodo nuovo dunque per quale Chiesa? Una Chiesa non più separata o in antitesi con le altre realtà del mondo ma capace di restare se stessa che non giudica ma accompagna, modulata dall’amore per Dio e per il prossimo. Il cuore di tutto l’essere cristiani sta proprio qui, ha ribadito Francesco che è apparsa soddisfatto del risultato dei lavori e tutti ha ringraziato in attesa della fase definitiva nell’ottobre del 2024. Due i verbi affidati alla riflessione comune in questo intermezzo di un anno dedicato ad approfondire la relazione di sintesi (42 cartelle) dei lavori presentata, in tarda serata, dai due maggiori attori del sinodo insieme al papa: i cardinali Mario Grech e Jean-Claude Hollerich, ossia il segretario generale e il relatore generale.

La sintesi stessa è innovativa perché nata dall’ascolto della rete dei padri e madri sinodali che hanno potuto scambiarsi esperienze e suggestioni sul lavoro portato avanti nelle Chiese locali, nazionali, continentali, universale dall’apertura del sinodo da parte di Francesco nell’ottobre del 2021. Il vangelo della domenica che richiama i primi due comandamenti fondamentali dell’amore di Dio e del prossimo ha dato modo al papa di spiegare il nuovo corso intrapreso. "Vi propongo due verbi, due movimenti del cuore su cui vorrei riflettere: adorare e servire. (...) Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Egli predilige, i poveri e i deboli. Questa è la Chiesa che siamo chiamati a sognare: una Chiesa serva di tutti, serva degli ultimi. Una Chiesa che non esige mai una pagella di “buona condotta”, ma accoglie, serve, ama. Una Chiesa dalle porte aperte che sia porto di misericordia". E’ importante “guardare al “principio e fondamento” da cui tutto comincia e ricomincia: amare Dio con tutta la vita e amare il prossimo come sé stessi. Non le nostre strategie, non i calcoli umani, non le mode del mondo, ma amare Dio e il prossimo: ecco il cuore di tutto. Ma come tradurre tale slancio di amore?”. Con due verbi su cui riflettere: adorare e servire. Amare è adorare e adorare è servire. Non è un gioco di parole ma una verità da accogliere per essere fedeli al Vangelo. Amare significa anche “lotta contro ogni idolatria. Chi adora Dio rifiuta gli idoli perché, mentre Dio libera, gli idoli rendono schiavi”. L’amore libera dal rischio “che possiamo correre sempre: pensare di “controllare Dio”, pensato a modo nostro.

Amare è servire. “Non esiste – ripete Francesco - un’esperienza religiosa autentica che sia sorda al grido del mondo. Non c’è amore di Dio senza coinvolgimento nella cura del prossimo, altrimenti si rischia il fariseismo…Magari abbiamo davvero tante belle idee per riformare la Chiesa, ma ricordiamo: adorare Dio e amare i fratelli col suo amore, questa è la grande e perenne riforma. Essere Chiesa adoratrice e Chiesa del servizio, che lava i piedi all’umanità ferita, accompagna il cammino dei fragili, dei deboli e degli scartati, va con tenerezza incontro ai più poveri…L’amore con cui Egli ha liberato gli Israeliti dalla schiavitù, dov’erano forestieri, è lo stesso amore che ci chiede di riversare sui forestieri di ogni tempo e luogo, su quanti sono oppressi e sfruttati”.

E qui Francesco ha innestato l’attualità sinodale nel tempo presente. “Fratelli e sorelle, penso – ha detto - a quanti sono vittime delle atrocità della guerra; alle sofferenze dei migranti, al dolore nascosto di chi si trova da solo e in condizioni di povertà; a chi è schiacciato dai pesi della vita; a chi non ha più lacrime, a chi non ha voce. E penso a quante volte, dietro belle parole e suadenti promesse, vengono favorite forme di sfruttamento o non si fa nulla per impedirle. È un peccato grave sfruttare i più deboli, un peccato grave che corrode la fraternità e devasta la società. Noi, discepoli di Gesù, vogliamo portare nel mondo un altro lievito, quello del Vangelo: Dio al primo posto e insieme a Lui coloro che Egli predilige, i poveri e i deboli”. Questa la Chiesa non solo da sognare ma da vivere concretamente. E’ l’indicazione dall’Assemblea sinodale che era parsa dall’esterno piuttosto autoreferenziale e invece si è mossa con cuore e occhi sull’attuale fase del mondo. Concentrandosi però nell’ascolto degli altri e dello Spirito Santo. “Oggi non vediamo il frutto completo di questo processo, ma con lungimiranza possiamo guardare all’orizzonte che si apre davanti a noi: il Signore ci guiderà e ci aiuterà ad essere Chiesa più sinodale e missionaria, che adora Dio e serve le donne e gli uomini del nostro tempo, uscendo a portare a tutti la consolante gioia del Vangelo”.

Questa carica è stata ripetuta da Francesco nel dopo Angelus. “Ringrazio tutti quanti – in tanti luoghi e in diversi modi – si sono uniti alla giornata di digiuno, preghiera e penitenza che abbiamo vissuto venerdì scorso implorando la pace nel mondo. Non desistiamo. Continuiamo a pregare per l’Ucraina e anche per la grave situazione in Palestina e in Israele e per le altre regioni in guerra. A Gaza, in particolare, si lascino spazi per garantire gli aiuti umanitari e siano liberati subito gli ostaggi. Che nessuno abbandoni la possibilità di fermare le armi. Cessi il fuoco! Padre Ibrahim Faltas – l’ho ascoltato poco fa nel programma “A Sua Immagine” – padre Ibrahim diceva: “Cessate il fuoco! Cessate il fuoco!”. Lui è il vicario di Terra Santa. Anche noi, con padre Ibrahim, diciamo: cessate il fuoco! Fermatevi, fratelli e sorelle! La guerra sempre è una sconfitta, sempre!”.

Questo filo rosso che intreccia la vita con la fede lo si riscontra nella sintesi dei lavori dove anche le questioni ancora divise all’interno della Chiesa (ordinazione di uomini sposati – che non significa abolizione del celibato per i preti – il diaconato femminile votato con 69 no e 277 sì -, abusi sessuali, di potere ed economici). L’affermazione che “clericalismo, maschilismo e un uso inappropriato dell’autorità continuano a sfregiare il volto della Chiesa e danneggiano la comunione” ha raccolto solo 26 voti contrari. “Sono sorpreso – ha dichiarato il cardinale Hollerich, relatore generale – che su alcune questioni così tanti abbiano votato a favore”. Il cardinale Grech ha rilevato come il metodo sinodale voluto da Francesco sia in grado di trovare il consenso anche per decisioni che inizialmente possono sembrare divisive e quindi impossibili. Solo il consenso permette passi avanti efficaci senza ferire.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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