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Francesco denuncia lo scandalo del lavoro minorile e l’indifferenza per i morti nel Mediterraneo

Nell'Angelus appello del Pontefice anche per la carestia e le violenze nel Tigray

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco (Foto Ansa)
Papa Francesco (Foto Ansa)

“Uscire bene” dalla pandemia per papa Francesco significa uscire con il coraggio di contrastare il male, avere occhi attenti per saper cercare e trovare Dio nelle vicende della vita non sempre positive come dimostrano condizioni ingiuste di vita per tanti, che chiedono una crescita di solidarietà. Gli appelli per la carestia nella regione etiopica del Tigray, contro lo scandalo del lavoro minorile nel mondo e l’indifferenza che accompagna gli immigrati morti nel Mediterraneo hanno fatto da cornice all’Angelus sul Vangelo della domenica sulla parabola del granello di senape.“Abbiamo bisogno pure noi di occhi attenti, per saper “cercare e trovare Dio in tutte le cose”.

Come uscire bene dalla pandemia

Il Vangelo – ha aggiunto Francesco - “ci chiede uno sguardo nuovo su noi stessi e sulla realtà; chiede di avere occhi più grandi, che sanno vedere oltre, specialmente oltre le apparenze, per scoprire la presenza di Dio che come amore umile è sempre all’opera nel terreno della nostra vita e in quello della storia. È questa la nostra fiducia, è questo che ci dà forza per andare avanti ogni giorno con pazienza, seminando il bene che porterà frutto. Quant’è importante questo atteggiamento anche per uscire bene dalla pandemia! Coltivare la fiducia di essere nelle mani di Dio e al tempo stesso impegnarci tutti per ricostruire e ricominciare, con pazienza e costanza”. Un invito che vale non solo per la società civile ma anche per la Chiesa, nella quale anche “può attecchire la zizzania della sfiducia, soprattutto quando assistiamo alla crisi della fede e al fallimento di vari progetti e iniziative”. Nel dopo Angelus il papa ha raccolto la richiesta pressante di parte dell’opinione pubblica che seguiva con sconcerto la situazione nella regione etiopica del Tigray.

La catastrofe umanitaria del Tigray

Il Tigray attraversa ormai una situazione che da più parti si definisce una catastrofe umanitaria per la fame e i crimini di guerra nei confronti della popolazione civile. Durante i sette mesi di guerra si contano milioni di sfollati interni, migliaia di stupri sistematici dei militari su donne anche anziane e bambine, comprese religiose, danni gravissimi nelle strutture sanitarie. “Sono particolarmente vicino alla popolazione della regione del Tigray, in Etiopia, - ha scandito Francesco - colpita da una grave crisi umanitaria che potrebbe esporre i più poveri alla carestia. C’è oggi la carestia, c’è la fame lì. Preghiamo insieme affinché cessino immediatamente le violenze, sia garantita a tutti l’assistenza alimentare e sanitaria, e si ripristini al più presto l’armonia sociale. A questo proposito, ringrazio tutti coloro che operano per alleviare le sofferenze della gente”. All’appello il papa ha fatto seguire una preghiera alla Madonna.

Lo scandalo del lavoro minorile

L’altro appello drammatico del papa è stato una denuncia dello sfruttamento lavorativo dei minori schiavitù del nostro tempo. “Non è possibile – ha affermato Francesco - chiudere gli occhi di fronte allo sfruttamento dei bambini, privati del diritto di giocare, di studiare e di sognare. Secondo le stime dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro, i bambini oggi sfruttati per il lavoro sono oltre 150 milioni: una tragedia! 150 milioni: più o meno come tutti gli abitanti della Spagna, insieme alla Francia e insieme all’Italia. Questo succede oggi! Tanti bambini che soffrono questo: sfruttati per il lavoro minorile. Rinnoviamo tutti insieme lo sforzo per eliminare questa schiavitù dei nostri tempi”.

La questione dei migranti

E, infine, ricordando la cerimonia di questo pomeriggio di accoglienza ad Augusta in Sicilia del relitto della barca naufragata il 18 aprile 2015, il papa ha richiamato la questione scottante dei migranti. “Questo simbolo di tante tragedie del Mar Mediterraneo continui a interpellare la coscienza di tutti e favorisca la crescita di un’umanità più solidale, che abbatta il muro dell’indifferenza. Pensiamoci: il Mediterraneo è diventato il cimitero più grande dell’Europa”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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