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Lavoro l'ira del Papa: "Tanti lavoratori in nero, terribile quello minorile". Poi l'affondo contro i governi

Francesco chiede dignità per tutti i lavoratori. All’ Udienza generale nel ricordo di san Giuseppe falegname e carpentiere, un minuto di silenzio per chi si è ucciso per mancanza di un’occupazione

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
Papa Francesco
Papa Francesco (Foto Ansa)

Per la prima volta è successo che papa Francesco ha trasformato l’udienza generale in una occasione per ricordare con un minuto di silenzio i lavoratori disperati che anche in questa pandemia sono morti per mancanza di lavoro o per mancanza di protezione sui cantieri. Il lavoro al centro della vita sociale, non un lavoro qualsiasi ma un lavoro rispettoso della dignità umana: lavoro per tutti garantito dalle pubbliche autorità e lavoro dignitoso. Lavoro non come occasione di sfruttamento e di ingiustizia ma come base indispensabile che dona dignità. Senza lavoro non può esserci dignità.

L'enclica  sociale di  Leone XIII 

Da quando nel 1891 Leone XIII pubblicò la prima enciclica sociale, quasi in risposta alla sfida di Marx e nella coscienza della mancata attenzione fino allora ai mutamenti sociali portati dalla prima industrializzazione, il lavoro è diventato nel secolo seguente uno dei capisaldi della dottrina sociale della Chiesa. Proprio la riflessione sul fatto che san Giuseppe e lo stesso Gesù avevano lavorato come operai e falegnami ha portato la Chiesa a condividere problemi e speranze dei lavoratori. Una tendenza sempre più robusta sotto la spinta di ammodernamento voluta dal concilio Vaticano II. L’udienza di oggi, secondo lo stile concreto di Francesco, è diventata una sintesi breve ma efficace della dottrina sociale sul lavoro.

Il Papa dalla parte dei lavoratori

Il papa ha non solo descritto la geografia della condizione lavorativa nel mondo, ma si è posto chiaramente dalla parte dei lavoratori. Il dato biografico di Giuseppe e di Gesù, ha chiarito il papa, “mi fa pensare a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro - abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare... Mi permetto di ripetere questo che ho detto: i lavoratori nascosti, i lavoratori che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche: pensiamo a loro. A coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero, a coloro che danno lo stipendio di contrabbando, di nascosto, senza la pensione, senza niente. E se non lavori, tu, non hai alcuna sicurezza.

Le vittime del lavoro

Il lavoro in nero oggi c’è, e tanto. Pensiamo alle vittime del lavoro, degli incidenti sul lavoro; ai bambini che sono costretti a lavorare: questo è terribile! I bambini nell’età del gioco devono giocare, invece sono costretti a lavorare come persone adulte. Pensiamo a quei bambini, poveretti, che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare. Tutti questi sono fratelli e sorelle nostri, che si guadagnano la vita così, con lavori che non riconoscono la loro dignità! Pensiamo a questo. E questo succede oggi, nel mondo, questo oggi succede! Ma penso anche a chi è senza lavoro: quanta gente va a bussare alle porte delle fabbriche, delle imprese: “Ma, c’è qualcosa da fare?” – “No, non c’è, non c’è …”. La mancanza di lavoro! E penso anche a quanti si sentono feriti nella loro dignità perché non trovano questo lavoro. Tornano a casa: “Hai trovato qualcosa?” – “No, niente … sono passato dalla Caritas e porto il pane”.

Dignità per tutti i lavoratori

Quello che ti dà dignità non è portare il pane a casa. Tu puoi prenderlo dalla Caritas: no, questo non ti dà dignità. Quello che ti dà dignità è guadagnare il pane, e se noi non diamo alla nostra gente, ai nostri uomini e alle nostre donne, la capacità di guadagnare il pane, questa è un’ingiustizia sociale in quel posto, in quella nazione, in quel continente. I governanti devono dare a tutti la possibilità di guadagnare il pane, perché questo guadagno dà loro la dignità. Il lavoro è un’unzione di dignità, e questo è importante. Molti giovani, molti padri e molte madri vivono il dramma di non avere un lavoro che permetta loro di vivere serenamente, vivono alla giornata. E tante volte la ricerca di esso diventa così drammatica da portarli fino al punto di perdere ogni speranza e desiderio di vita. In questi tempi di pandemia tante persone hanno perso il lavoro – lo sappiamo – e alcuni, schiacciati da un peso insopportabile, sono arrivati al punto di togliersi la vita. Vorrei oggi ricordare ognuno di loro e le loro famiglie. Facciamo un istante di silenzio ricordando quegli uomini, quelle donne disperati perché non trovano lavoro”.

L'angoscia dell'uomo

Questa drammatica sintesi di Francesco dà voce all’angoscia dell’uomo qualunque alle prese di restare umano tramite un lavoro che lo riconosca uomo. Lavorare non solo serve per procurarsi il giusto sostentamento: “è anche un luogo in cui esprimiamo noi stessi, ci sentiamo utili, e impariamo la grande lezione della concretezza, che aiuta la vita spirituale a non diventare spiritualismo. Purtroppo però il lavoro è spesso ostaggio dell’ingiustizia sociale e, più che essere un mezzo di umanizzazione, diventa una periferia esistenziale…il lavoro è un modo di esprimere la nostra personalità, che è per sua natura relazionale. Il lavoro è anche un modo per esprimere la nostra creatività: ognuno fa il lavoro a suo modo, con il proprio stile; lo stesso lavoro ma con stile diverso”.

Il valore del lavoro

In conclusione “dobbiamo oggi domandarci che cosa possiamo fare per recuperare il valore del lavoro; e quale contributo, come Chiesa, possiamo dare affinché esso sia riscattato dalla logica del mero profitto e possa essere vissuto come diritto e dovere fondamentale della persona, che esprime e incrementa la sua dignità”. L’analisi della condizione lavorativa si fa preghiera: “Chiediamo a San Giuseppe, Patrono della Chiesa, che ha lavorato per assicurare ogni giorno il pane alla famiglia di Nazaret, provando l’amarezza della povertà e della precarietà del lavoro, di proteggere i lavoratori nella loro dura esistenza quotidiana, difendendoli dallo scoraggiamento e dallo sfruttamento, e di custodire la pace nel mondo, che sola può garantire lo sviluppo dei popoli”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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