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La pace di Francesco per l’Ucraina. La fede non è una ninna nanna per addormentarci

All’Angelus un richiamo del papa anche alla siccità in Somalia e alla vita cristiana che non si contenta di chiacchiere ma di cambiamento di vita.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
La pace di Francesco per l’Ucraina. La fede non è una ninna nanna per addormentarci
Il Papa durante l'Angelus (Ansa)

Singolare richiamo quello di papa Francesco, dopo la recita odierna dell’Angelus, all’attualità della guerra in Ucraina. Un parlare simbolico e concreto che lo distingue e non lo assimila al linguaggio di nessun protagonista politico direttamente o indirettamente coinvolto nel conflitto, sia chi è aggredito e sia chi aggredisce.

Un pensiero ai pellegrini di Cracovia

“Un pensiero speciale – ha proposto Francesco nel saluto finale - va ai numerosi pellegrini che oggi si sono radunati nel Santuario della Divina Misericordia a Cracovia, dove vent’anni fa San Giovanni Paolo II fece l’Atto di Affidamento del mondo alla Divina Misericordia. Più che mai vediamo oggi il senso di quel gesto, che vogliamo rinnovare nella preghiera e nella testimonianza della vita. La misericordia è la via della salvezza per ognuno di noi e per il mondo intero. E chiediamo al Signore, misericordia speciale, misericordia e pietà per il martoriato popolo ucraino”. L’orizzonte della misericordia è un modo di non stare al di sopra delle parti, ma un coinvolgersi libero dalle spinte propagandistiche. Il tentativo di tirarlo per la giacca era apparso nella grande offensiva diplomatica dell’Ucraina da parte dell’ambasciatore presso la Santa Sede e poi dai twitter del presidente ucraino seguiti allo scambio di telefonate di Zelensky con il papa dove il presidente parla di "orribili crimini della Federazione russa" o si dichiara "Grato al pontefice per le sue preghiere per l'Ucraina. Il nostro popolo ha bisogno del sostegno dei leader spirituali mondiali che dovrebbero trasmettere al mondo la verità sugli atti di orrore commessi dall'aggressore in Ucraina”.

La precaria condizione umana

Francesco apre una finestra universale dove il male può essere superato solo da una visione di misericordia che non è timorosa o inetta attesa, ma coscienza della precaria condizione umana che tutti accomuna e che può essere superata dalla scelta responsabile e fraterna che non legge gli eventi da un solo punto di vista parziale.

La crisi umanitaria in Somalia

E nell’Angelus di oggi Francesco ha dato prova di una visione sempre ampia che tiene legata la sollecitudine per la pace e la giustizia in ogni angolo del pianeta dove pace e giustizia sono in sofferenza. “Desidero attirare l’attenzione sulla grave crisi umanitaria che colpisce la Somalia e alcune zone dei Paesi limitrofi. Le popolazioni di questa regione, che già vivono in condizioni molto precarie, - sottolinea il papa - si trovano ora in pericolo mortale a causa della siccità. Auspico che la solidarietà internazionale possa rispondere efficacemente a tale emergenza. Purtroppo la guerra distoglie l’attenzione e le risorse, ma questi sono gli obiettivi che esigono il massimo impegno: la lotta alla fame, la salute, l’istruzione”. Per superare il pericolo in atto della guerra a pezzi – sembra ricordare Francesco – occorre mantenere una visione di insieme che fa emergere il non detto presentando alla pubblica opinione verità parziali o distorte.

Le parole del Vangelo

La scelta di Francesco trova un suo fondamento anche nel brano di Vangelo domenicale dove si riportano espressioni di Gesù che hanno sempre sconcertato e sono state usate di frequente a secondo la convenienza di parti interessate. “Nel Vangelo della liturgia odierna c’è un’espressione di Gesù che sempre ci colpisce e ci interroga. Mentre è in cammino con i suoi discepoli, Egli dice: «Sono venuto a gettare fuoco sulla terra, e quanto vorrei che fosse già acceso!». Di quale fuoco sta parlando? E che significato hanno queste parole per noi oggi, questo fuoco che porta Gesù?”. Se si tiene presente l’ispirazione di fondo delle parole di Gesù, si comprende che egli è venuto “a portare nel mondo il Vangelo, cioè la buona notizia dell’amore di Dio per ciascuno di noi. Perciò ci sta dicendo che il Vangelo è come un fuoco, perché si tratta di un messaggio che, quando irrompe nella storia, brucia i vecchi equilibri del vivere, sfida a uscire dall’individualismo, sfida a vincere l’egoismo, sfida a passare dalla schiavitù del peccato e della morte alla vita nuova del Risorto, di Gesù risorto. Il Vangelo, cioè, non lascia le cose come stanno; quando passa il Vangelo, ed è ascoltato e ricevuto, le cose non rimangono come stanno. Il Vangelo provoca al cambiamento e invita alla conversione. Non dispensa una falsa pace intimistica, ma accende un’inquietudine che ci mette in cammino, ci spinge ad aprirci a Dio e ai fratelli. È proprio come il fuoco: mentre ci riscalda con l’amore di Dio, vuole bruciare i nostri egoismi, illuminare i lati oscuri della vita - tutti ne abbiamo! -, consumare i falsi idoli che ci rendono schiavi”. La parola di Dio fa nuove tutte le cose; tutti hanno bisogno di cambiare in meglio. Non ci sono maestri al di fuori di Lui che possano proporsi a icone indiscutibili politiche, economiche, culturali.

Francesco non risparmia la Chiesa

Neppure con le tecniche più o meno manipolatorie della comunicazione diventa ormai tanto sofisticata. Francesco non risparmia neppure la Chiesa quando vive la fede in maniera impropria: “la fede, insomma, non è una “ninna nanna” che ci culla per farci addormentare. La fede vera è un fuoco, un fuoco acceso per farci stare desti e operosi anche nella notte!”. Dalle parole ai fatti: possiamo domandarci: io sono appassionato al Vangelo? …Possiamo chiedercelo anche come Chiesa: nelle nostre comunità, ardono il fuoco dello Spirito, la passione per la preghiera e per la carità, la gioia della fede, oppure ci trasciniamo nella stanchezza e nell’abitudine, con la faccia smorta e il lamento sulle labbra e le chiacchiere ogni giorno?”.

Carlo Di Ciccodi Carlo Di Cicco   
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