[Il ritratto] Orfeo, il direttore generale della Rai è diventato un precario. Le poltrone sfumate e la guerra con i Cinque Stelle

Durante il suo comando al Tg1, Beppe Grillo una volta lo accusò pesantemente di fare disinformazione e il Movimento 5 Stelle chiese subito le sue dimissioni. Invano. Orfeo incassò la solidarietà bipartisan di Pd, Forza Italia, Sel e Nuovo Centrodestra. Tutti quelli che adesso hanno perso

Mario Orfeo
Mario Orfeo

Fiorello dal palco di Sanremo ci aveva pure scherzato su, avvisando Mario Orfeo che «se il 4 marzo vince il toy boy di Orietta Berti» lui sarebbe diventato un precario. Ora che in effetti hanno vinto davvero sia Di Maio che Salvini, due con i quali il direttore generale della Rai non intrattiene proprio rapporti idilliaci, tutto fa pensare che la sua poltrona sia quasi giunta a scadenza. Fa parte delle regole del gioco che uno si prenda il banco, anche se era di quelli che gridava allo scandalo, che se fosse toccato a lui non lo avrebbe mai fatto. Che poi, lasciata la Rai, Mario Orfeo diventi davvero un precario, beh questo è già molto meno credibile. Ancora prima del 4 marzo, Dagospia aveva scritto che lui era il più serio candidato alla direzione di Repubblica, perché Mario Calabresi sarebbe sul punto di abbandonare la tolda di comando. Dopo il voto, invece, si sarebbe già fatta avanti Mediaset, proponendogli un buon posto a casa Berlusconi. D’altro canto Mario Orfeo non gode solo da adesso della stima bipartisan della politica (eccetto - guarda caso - Movimento 5 Stelle e Lega). E alla Rai, da poco nominato direttore generale, appena da giugno, stava cominciando a mietere i primi buoni risultati. Dopo il record di ascolti di Sanremo, aveva già in cantiere uno show per il grande ritorno di Fiorello, che ha appena lasciato l’Edicola su Sky, a dimostrare la validità del suo lavoro dopo le polemiche iniziali.

Perché, in verità, non era filato tutto liscio sin da subito. Non aveva fatto in tempo a insediarsi che aveva semplicemente deciso di decidere, scatenando in fretta qualche rumore dei nemici. Avevano fatto molto discutere le dimissioni di Milena Gabanelli e di Massimo Giletti, sostituito a Domenica In dalle sorelle Parodi, che non avevano proprio raccolto un gran consenso di pubblico. E Giletti, chiamato da un giornalista, l’aveva velenosamente sottolineato: «Non è a me che si edeve chiedere come mai c’è questo tracollo di risultati in tanti programmi Rai. Non chiedetemi che cosa penso, non sono io che devo rispondere, ma un altro che deve spiegare perché si è scelto di non fare più informazione e di fare altro». C’è da dire che onestamente Orfeo non ha avuto molto tempo per far capire la validità del suo lavoro in quel ruolo e tanmtomeno le sue idee, avendo cominciato solo nel giugno dell’anno scorso. Pochi mesi non bastano a nessuno. Ma Mario Orfeo ha sempre saputo capitalizzare benissimo il suo impegno. Adorato da Ezio Mauro, storico direttore della Repubblica post Scalfari, che ne apprezzava le capacità e la velocità di esecuzione, raccontando come avesse cominciato dallo sport perché era uno che sapeva far tutto, ha scalato in fretta tutti i gradini della carriera. Napoletano, classe 1966, ma tifoso del Milan, come scrisse in una lunga lettera al Foglio, e ammiratore incondizionato di Massimiliano Allegri, un livornese pratico, diceva, che aveva saputo far dimenticare in fretta la dolente nostalgia di Antonio Conte delle curve bianconere, ha sempre fatto tutto velocemente e presto, proprio come il tecnico della Juve.

A spulciare nel suo curriculum, si può quasi dedurre che lui deve la sua carriera a questa sua caratteristica, di saper sempre farsi stimare. E da chiunque. E’ un merito che gli va riconosciuto. Descritto in un ritratto sul Fatto Quotidiano come «un timido liceale che non riusciva a nascondere la verità davanti agli intransigenti padri gesuiti del prestigioso liceo classico Pontano», in realtà ha cominciato da ragazzino a fare il giornalista e a soli 22 anni era un cronista di Napolinotte. Orfeo si occupava di sport sotto la guida di Antonio Sasso, che è stato il primo a credere in lui e nell’85 gli propose di seguirlo nell’0avventura al Giornale di Napoli, che successivamente confluì nel Roma di Achille Lauro. Anche qui riesce a farsi apprezzare, soprattutto per il lavoro di macchina. Così quando nasce La redazione napoletana di Repubblica, lo chiamano subito. E’ un grande uomo di desk, uno su cui si concentra l’attività di coordinamento: organizza il giornale, distribuisce il lavoro, impagina e titola dimostrando una certa dimestichezza con le nuove tencologie. Comincia pure a essere un po’ famoso, visto che un sito lo definisce già «l’enfant prodige che vive in redazione». Non ha ancora trent’anni e Repubblica lo vuole nella redazione centrale a Roma. 

Poi arriva Ezio Mauro e la sua carriera ha un altro scatto. Prima lo nomina responsabile del servizio politico e poi caporedattore. Sono anni frenetici, lunghe notti in redazione, ma anche nuove importanti amicizie: conosce Massimno D’Alema, entra nelle grazie di Giorgio Napolitano e Pierferdinando Casini, e attraverso quest’ultimo stringe rapporti pure con Francesco Gaetano Caltagirone, che nel 2002 gli propone la direzione del Mattino. Qualche buco preso, come quello dell’arrivo di Silvio Berlusconi a Napoli per la festa dei 18 anni di Noemi Letizia, qualche altro dato. Attua un piano di tagli e lacrime come accade in tutti i giornali italiani, investiti all’improvviso da una crisi di lettori che non si capisce bene quanto colpevole e quanto no. In complesso però fa quel che deve fare e se la cava bene. Nel 2009 altro salto, quando sotto il governo Berlusconi, viene nominato direttore del Tg2. Sulla poltrona di fianco, quella più importante, del Tg1, siede Augusto Minzolini, che una volta, rispondendo a una domanda, accusa di fare una linea editoriale forse troppo «filogovernativa». Alla Rai sembra di passaggio, visto che appena due anni dopo assume la direzione del Messaggero. E invece fa in fretta a tornarci e a non lasciarla più. Nel 2012, su indicazione del direttore generale Luigi Gubitosi, sale sulla tolda del Tg1. E’ così in ascesa che lo candidano pure alla direzione del Corriere e sembra davvero quasi fatta.

Solo all’ultima curva la poltrona sfuma per un soffio. Si consola in fretta, perchè non passa troppo tempo che gliene offrono un’altra: direttore generale della Rai. Tutti contenti, e un mare di complimenti. Mario Orfeo ha traversato indenne scontri, liti, agguati e governi. Siamo a giugno 2017, l’altro ieri. C’è solo un piccolo problema. Durante il suo comando al Tg1, Beppe Grillo una volta lo accusò pesantemente di fare disinformazione e il Movimento 5 Stelle chiese subito le sue dimissioni. Invano. Orfeo incassò la solidarietà bipartisan di Pd, Forza Italia, Sel e Nuovo Centrodestra. Guarda caso, tutti quelli che adesso hanno perso. il mondo gira in fretta. E la Rai è sempre stata bravissima ad andargli dietro.