"Le Ong sono in contatto con i trafficanti su Facebook". Ecco il dossier con le prove
L'Alto commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite conferma: "Sui social cerchiamo informazioni utili per monitorare le partenze"
Il web è un formidabile strumento per incalanare verso precise organizzazioni di trafficanti le partenze dei migranti per l'Italia. «Pronti a salpare», titola una pagina di Facebook. Che spiega che il porto da dove lasciare la Libia è Zuwara. Un altro (naturalmente la lingua è l'arabo) stuzzica l'interesse: «Viaggi di gruppo dalla Libia verso l'Italia. Morad Zu Wara». Segue numero di cellulare libico. «Presso il porto di Zuwara verso il Mediterraneo. Imprenditore specializzato. Ha studiato presso l'Università di legge di Zuwara».
Sul sito si possono vedere fotografati ottimi pescherecci, lasciando intendere che la “compagnia” utilizza questa flotta, per rassicurare i migranti. si vedono barconi stracolmi di “passeggeri”. Un altro sito spiega: «Il pellegrinaggio via mare dalla Libia all'Italia». «Viaggio sicuro. Noi siamo specializzati in questo. Al Hajji». «Dalla Libia all'Italia con l'aiuto e la protezione di Allah».
Uno dei gestori di queste pagine che si trovano su Facebook, Abdul El Aziz, di Sabratha, è stato riconosciuto da un migrante come appunto l'organizzatore del suo viaggio dalla Libia destinazione Italia. Costo equivalente di 6.600 euro per quattro persone.
Sabratha sta diventando con Zuwara (che lo è sempre stata) la città di trafficanti, il porto da dove salpano le imbarcazioni, i gommoni per attraversare il Mediterraneo. Con la Primavera araba e la crisi libica, infatti, la rotta che passava dalla Cirenaica, e quindi dall'oasi di Kufra, al confine con l'Egitto e il Sudan, alla costa, ad Agedabia, è cambiata e oggi l'ingresso in Libia passa soprattutto dal Niger, da Al Qatrum, arriva a Ghadames e poi sulla costa, a Sabratha e Zuwara.
Verificando i contatti e le amicizie di questo personaggio chiamato in causa dal migrante, gli analisti delle forze di polizia hanno segnalato il nome di Giuseppe P. P. che a sua volta, sul suo profilo Facebook, spiega di essere un interprete e di insegnare l'arabo all'Università del Molise, il Cepu, l'aeronautica militare e «Easylife».
Sempre il professore P. racconta di aver partecipato come traduttore, per conto dell'Unhcr, a una missione di «Mare Nostrum» a bordo delle navi «San Giorgio» e «San Giusto». E, va aggiunto, a sua volta il traduttore P. ha contatti con diversi profili Facebook di «soggetti impegnati nel traffico di migranti».
L'Alto commissariato per i Rifugiati delle Nazioni Unite conferma questa collaborazione, risalente al 2014, e aggiunge che questi siti vengono seguiti «per monitorare le partenze».
Dunque il sistema delle Ong e delle organizzazioni umanitarie entrano in contatto, hanno rapporti con le organizzazioni di trafficanti che organizzano i viaggi della disperazione.
Hanno rapporti via web, va precisato, al fine di sapere quando partono i gommoni o i barconi carichi di migranti, per non farsi trovare impreparati ad accoglierli.
Salvare vite umane in mare è la legge del mare che non può essere violata da nessuno. Non è strano che addirittura anticipiamo il momento del salvataggio di persone in difficoltà a quando i migranti non sono ancora salpati? Insomma, aspettano di imbarcarsi?