Sgozzato in strada senza motivo: ecco perché Torino è piombata in un incubo
Stefano Leo è stato ucciso senza un motivo con un pugnale da combattimento da un uomo affetto probabilmente da "una follia a intermittenza"
Un incubo percorre Torino. Un giovane è stato «scannato», come rivela l’autopsia, nel centro della città, a due passi dai Murazzi, senza un motivo, con un pugnale da combattimento che gli ha reciso la gola arrivando fino alla giugulare. E proprio il fatto che non ci sia un movente spaventa ancora di più l’opinione pubblica. La vittima, Stefano Leo, 33 anni, nato a Varallo Sesia, ma residente a Biella, stava camminando sabato mattina sul lungo Po Macchiavelli, per andare al lavoro nel negozio K-Way, in piazza Cln, dove era stato assunto come commesso da dicembre, quando è stato aggredito da uno sconosciuto. Non è stata una rapina, visto che dal suo zaino, che teneva sulle spalle, non manca nulla, e il portafoglio è rimasto nella tasca dei pantaloni, così come il cellulare che aveva addosso. E i due, assicurano gli inquirenti, dopo aver ricostruito la dinamica dell’omicidio, non si conoscevano. L’assassino sarebbe un giovane di circa 30 anni affetto probabilmente da «una follia a intermittenza».
Da una settimana Torino vive l’incubo di un pazzo che taglia la gola alla gente senza motivo. Quattro o cinque testimoni si sono già presentati ai carabinieri raccontando di aver visto un tipo dalla pelle olivastra con i capelli ricci lunghi sul collo, ma rasati ai lati, la faccia da pugile, alto un metro e 75, vestito con un giubbotto chiaro e una maglietta con una scritta rossa davanti, che è stato poi ripreso dalle telecamere di sorveglianza di via Napione mentre scappava, dopo aver salito la scalinata che conduce in Lungo Po Cadorna e poi in piazza Vittorio.
Dai filmati visionati dai carabinieri potrebbe trattarsi di un extracomunitario, probabilmente un magrebino. Ma uno dei testimoni che avrebbe avuto una lite con lui poco prima dell’omicidio, ha detto che «parlava benissimo italiano» e in un primo momenti non aveva pensato che fosse straniero. Secondo il suo racconto l’assassino era seduto su una panchina ed era nervoso: «Quando mi ha visto prendere in mano il cellulare si è infuriato. Che cavolo stai facendo con quel telefono?, non mi fotografare! Poi si è alzato per venirmi contro, ma io mi sono allontanato in fretta».
Il diverbio potrebbe essersi ripetuto con Stefano, che aveva in mano un cellulare al momento dell’aggressione. Il killer era seduto su una panchina, dove i pusher attendono di solito i clienti. Dopo averlo insultato, avrebbe seguito per una decina di metri Stefano Leo, - che aveva gli auricolari e che per questo non l’avrebbe sentito -, deciso ad affrontarlo. In questo caso, la pugnalata potrebbe essere partita mentre vittima e assassino erano uno di fronte all’altro. Ma il medico legale Roberto Testi, che ha eseguito l’autopsia, dice che è più probabile che «il colpo sia stato inferto alle spalle». Di sicuro, aggiunge, «non c’è stata colluttazione». L’aggressione è avvenuta prima delle undici del mattino, in una zona della città trafficatissima, al centro dell’incrocio con via Napione. Stefano Leo era solito fare quel percorso per andare al lavoro. Aveva appena ricevuto un messaggino sul cellulare da un amico da Londra, che però non aveva ancora visto perché era intento ad ascoltare della musica con le cuffie. La mamma ha detto di lui che «era una persona buona, che non ha mai dato problemi».
Amava i viaggi e i libri. Il killer ha colpito Stefano con il coltello tranciandogli di netto la trachea e tagliando anche le cuffie del cellulare che aveva addosso. Dopo essere stato ferito, Stefano è riuscito a fare sessanta metri correndo verso corso San Maurizio per chiedere aiuto ai numerosi passanti, prima di accasciarsi a terra. L’assassino invece è fuggito a passo svelto verso via Napione, stringendo in mano una borsa, dentro la quale potrebbe aver nascosto l’arma, che in effetti non è stata ancora ritrovata.
Per uccidere ha inferto un colpo solo, probabilmenmte con un pugnale da combattimento dalla lama affilatissima. «Un lavoro eseguito da chi è abituato a utilizzare il coltello». Questo particolare e il fatto che potrebbe trattarsi di un nordafricano, definito dagli inquirenti come «un soggetto molto pericoloso», apre il ventaglio delle ipotesi anche alla figura di uno squilibrato che uccide per motivi razziali. Probabilmente si tratta di uno senza fissa dimora e i carabinieri lo stanno cercando nei vari dormitori, negli ospedali e nelle stazioni. In città, permane uno stato di massima allerta.