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Femminicidio Cecchetti, sì a processo lampo per Turetta: il verdetto a dicembre. Chieso risrcimento di un milione di euro

Lo studente 22enne rischia l'ergastolo per aver accoltellato a morte l'ex fidanzata la sera dell'11 novembre del 2023. Presente in aula Gino Cecchettin: il papà della vittima indossa una spilla con l’immagine di Giulia

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Foto Ansa
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Il processo per il femminicidio di Giulia Cecchettin si è aperto  con la prima udienza senza Filippo Turetta in aula a Venezia. Si chiuderà all'inizio di dicembre con il verdetto, secondo il calendario reso noto. Lo studente 22enne, accusato di omicidio volontario pluriaggravato, occultamento di cadavere, porto d'armi e sequestro di persona rischia l'ergastolo per aver accoltellato a morte l'ex fidanzata la sera dell'11 novembre del 2023.

Chiesto maxi risarcimento

I giudici della corte d’Assise di Venezia hanno accolto "l'accordo delle parti, ossia l’acquisizione di tutto il fascicolo del pm e la richiesta di esame" chiesto dall’imputato dando così di fatto il consenso al processo 'lampo'. L'avvocato Nicodemo Gentile, che tutela la parte civile Elena Cecchettin, sorella di Giulia, ha fatto sapere del maxi risarimento che si intende chiedere a Turetta: "Un milione di euro è quanto abbiamo stimato possa essere un rimborso che Filippo Turetta dovrà alla famiglia di Giulia. La stima - ha precisato - si basa sulle tabelle della Giustizia".

Avvocato dell'accusato: "Suggerito io di non presentarsi"

"Non è una mancanza di riguardo nei confronti della Corte o dei congiunti" ha aggiunto il legale. La nonna di Giulia, Carla Gatto, ha detto invece che avrebbe voluto "che Filippo fosse in aula".  "Mi attiverò affinché Turetta venga in aula per rispondere ai giudici. Certo, non oggi, ma quando sarà il momento": Così l'avvocato Giovanni Caruso, in una pausa dell'udienza, ha chiarito il tema della presenza o meno del proprio assistito nel dibattimento per l'omicidio di Giulia Cecchettin. Prima dell'ingresso in Tribunale, ai cronisti, il legale aveva fatto intendere che vi fosse la possibilità di non vedere neanche in futuro Turetta in aula. Quanto alle frasi che, secondo fonti di stampa, Turetta avrebbe pronunciato dal carcere sul processo, Caruso ha commentato: "Smentisco, sono affermazioni destituite di ogni fondamento". 

Il collegio giudicante

Il collegio giudicante è formato da sei uomini, tra cui il presidente, e quattro donne, tra cui la giudice a latere. Giovanni Caruso, legale di Turetta, ha chiesto che vengano respinte come parti civili tutte le associazioni perché, ha spiegato, "il processo non può diventare un vessillo di questi soggetti", ed ha aggiunto di non capire "la ratio della costituzione dei due Comuni".  

Presente in aula Gino Cecchettin

Il papà della vittima indossa una spilla con l’immagine di Giulia. Nella piccola aula - dove sono state ammesse 40 persone, la metà giornalisti, e solo le telecamere della Rai - ha preso il via quello che si preannuncia un processo 'lampo': il pm Andrea Petroni ha presentato una lista di trenta testimoni, uno solo invece il teste della difesa. Gli avvocati Giovanni Caruso e Monica Cornaviera hanno rinunciato all'udienza preliminare, hanno anticipato che non chiederanno la perizia psichiatrica e sostengono la necessità di un processo 'normale' lontano da qualsiasi show. Intanto il padre di Giulia ha detto di non sapere se riuscirà ad esser presente alle prossime udienze: "Non so se ci sarò alle prossime udienze", ha detto a margine della prima udienza processo per l'omicidio premeditato della figlia. "Oggi è un giorno di grande dolore - ha aggiunto - come tutti gli altri giorni del resto. Stamattina a casa non ho parlato del processo, ho salutato tutti come ogni giorno e sono venuto qui" dove "sono sicuro che il Giudice, il collegio, sapranno ben giudicare quanto è successo con la pena giusta che sarà stabilita dalla giuria". "Non mi interessa se sarà un processo veloce o lungo, anche se per me è uno stillicidio, non sto assolutamente bene: ogni giorno penso a Giulia". Alla domanda di come reagirebbe se dovesse incrociare lo guardo con Filippo Gino ha detto: "Non temo la sua presenza in aula, se verrà sarà una scelta sua, nulla di più". "I Turetta non li sento da tempo - ha poi rilevato -, non c'è rancore, tutti abbiamo le nostre colpe. Se mi scrivono io rispondo sempre. L'ultima volta che li ho sentiti risale a molto tempo fa, quando sono uscite le indiscrezioni sull'interrogatorio di Filippo in carcere. Ora porto avanti la battaglia che ha iniziato mia figlia Elena - ha concluso Gino - con la Fondazione che si basa sui valori di Giulia".

Turetta rischia l'ergastolo, ma ha una piccola chance

In un dibattimento dall'esito (quasi) scontato, sulla condanna resta solo l'incognita della premeditazione, ma per la procura gli elementi raccolti lasciano pochi dubbi: l'ex fidanzato controllava Giulia Cecchettin e avrebbe progettato con anticipo il delitto e la fuga. Con sé aveva i coltelli con cui ha colpito la laureanda in Ingegneria biomedica, ma anche scotch e sacchi neri per legarla e poi nasconderla vicino al lago di Barcis, a circa cento chilometri da Vigonovo (Padova), oltre a soldi per la fuga finita (una settimana dopo) in Germania.

Il richiamo del procuratore

“Il processo deve svolgersi nelle aule e con i diritti che anche l’imputato ha. La spettacolarizzazione di questi eventi che colpiscono l’opinione pubblica per la loro gravità non deve scalfire i diritti dell’imputato. Sarebbe grave se Filippo Turetta non partecipasse a un processo pubblico, a cui ha il diritto di partecipare e difendersi, per questa pressione (mediatica, ndr) che c’è stata fin dal primo momento”, ha affermato il procuratore di Venezia Bruno Cherchi.

Chi ha chiesto di costituirsi parte civile

Sono 12 in tutto persone ed enti che hanno chiesto di costituirsi, davanti alla corte d’Assise di Venezia: oltre ai familiari della vittima, quattro associazioni di donne che contrastano la violenza di genere, l’associazione Penelope, che ha aiutato la famiglia nei giorni della scomparsa. C'è anche il Comune di Fossó (Venezia) “tristissimo teatro di questa azione”. La richiesta è di un risarcimento per il “danno materiale e morale” e per “poter riscattare la sua immagine: Fossó per settimane è stata una zona industriale con l’asfalto bagnato dal sangue” di Giulia Cecchettin.

Anche il Comune di Vigonovo, dove viveva la studentessa uccisa dall’ex fidanzato, invoca un “danno morale e d’immagine” per “il fervore mediatico di questo terribile femminicidio” e di una cittadina descritta “come una sorta di farwest delinquenziale”. E per questo la cifra “simbolica” è di 15mila euro da impiegare per il contrasto alla violenza di genere. Costituzioni di parti civili a cui si è opposta in parte la difesa.

Oltre alle parti civili rappresentate dai familiari di Giulia Cecchettin, il padre Gino, lo zio ,la nonna, i due fratelli della ragazza, Elena e Davide, hanno chiesto di essere iscritte le associazioni "Penelope", "Differenza donna", "Punto Ups", "Prevenzione 'Marianna" e "I care you care", oltre ai Comuni di Vigonovo, dove Giulia viveva, e di Fossò, dove è avvenuto l'omicidio.

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