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[L'intervista] Nuova Tangentopoli e giustizia a orologeria? Di Pietro: “Macché. Magistrati come becchini, arrivano dopo”

L’ex magistrato di Mani pulite: “Niente di nuovo sotto il sole, non è mai finita. Alla nostra inchiesta e a me mozzarono le mani. Molti morirono per aver cercato di indagare sulle connivenze con la mafia. Ecco cosa serve per uscirne”

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   
L'ex magistrato di Mani pulite Antonio Di Pietro
L'ex magistrato di Mani pulite Antonio Di Pietro

In Lombardia sono 43 gli esponenti politici, amministratori pubblici e imprenditori, accusati a vario titolo di associazione per delinquere aggravata dall'aver favorito un'associazione di tipo mafioso, corruzione e turbata libertà degli incanti, finalizzati alla spartizione e all'aggiudicazione di appalti pubblici. Ed anche il governatore leghista Attilio Fontana è indagato, anche se solo per abuso d’ufficio.  Contestualmente un'altra bufera giudiziaria si abbatte sulla Calabria dove la Procura di Catanzaro sta indagando su 20 persone tra le quali il governatore Mario Oliverio (Pd), l'ex consigliere regionale Nicola Adamo (Pd), e il sindaco di Cosenza Mario Occhiuto (Fi), oltre a dirigenti e funzionari regionali. Sarà la magistratura a stabilire la verità, ma il polverone è grande. Tanto che già si parla da più parti di una nuova Tangentopoli. Ma è davvero così o bisogna riflettere in maniera più consona su quanto sta accadendo? L’abbiamo chiesto a un vero esperto di quel travagliato periodo storico del nostro Paese: Antonio Di Pietro, ex magistrato di Mani pulite ed ex parlamentare e ministro della Repubblica.

Dottor Di Pietro cosa ne pensa, si tratta di una nuova Tangentopoli?

“Beh, prima di tutto si parla di qualcosa di nuovo quando c’è qualcosa che avviene ex novo. In questo caso, in realtà, non c’è nulla di nuovo sotto il sole. In realtà quella vicenda non è mai finita, perché noi all’epoca scoprimmo questo tumore sociale con la inchiesta Mani pulite ma a quell’inchiesta mozzarono le mani, come le mozzarono a me, costringendomi alle dimissioni. E soprattutto costringendo tanti altri magistrati ad essere ammazzati, perché avevano individuato il rapporto mafia-appalti. Questa è infatti la ragione per la quale, a mio avviso, magistrati importanti sono stati uccisi a quel tempo. Il risultato è che ieri abbiamo saputo di inchieste avviate in relazione a 43 persone in Lombardia e a 18 in Calabria. Ma questo è già roba di ieri, perché il bollettino della guerra alla corruzione è giornaliero e oggi faremmo bene a stare attenti a quanti altri fatti salteranno fuori”.

Di Pietro durante un processo per Tangentopoli

Come nel ‘92 si fa notare che la magistratura finisce col condizionare l’agenda politica. Cosa ne pensa?

“E quale dovrebbe essere l’alternativa? Che il magistrato non fa le indagini? Il problema di fondo alla fine è chiedersi: che cos’è la corruzione? La risposta è questa: è un tumore sociale. Per colpa della corruzione quello che costa 100 viene a costare 1.000, quello che può essere fatto bene viene fatto male, il ponte che dovrebbe essere costruito a regola d’arte poi crolla, l’ospedale che dovrebbe dare un servizio sanitario efficiente finisce per non avere gli strumenti, e così via. Allora di fronte a un tumore cosa si fa? Se accertiamo che uno è ammalato evitiamo di chiamare il chirurgo o cerchiamo di estirpare il tumore? Mi sembra scontato. La colpa insomma non è del chirurgo o, per meglio dire, del magistrato che cerca di intervenire per estirpare il tumore sociale, cercando di guarire la malattia. Non è del magistrato che cerca di escludere la persona criminale dalla società e dalle attività sociali (illecite ovviamente, ndr) che sta svolgendo. La questione è alla fine parlare di prevenzione ed educazione affinché ci si ammali meno di reati di corruzione”.

Quindi nessuna giustizia a orologeria?

“Ripeto la giustizia deve sempre procedere, non possiamo pretendere che, siccome ci sono le elezioni, il magistrato non faccia il suo dovere. E poi sfido chiunque a trovare un periodo dell’anno in cui non si preparino elezioni.  Ogni giorno c’è qualche elezione, ogni giorno c’è qualcosa da fare per motivi elettorali. Chi fa politica o governa lavora 24 ore su 24 per questo. Non è accettabile che chi deve arrestare un ladro di polli lo possa fare 365 giorni l’anno, mentre per indagare su un politico, siccome quello è sottosegretario, o ministro, o parlamentare,  non si possa indagare altrimenti si viene accusati di fare attività politica. La colpa non è di chi scopre i reati, è di chi li commette”.

C’è anche chi si duole del fatto che in questa fase preelettorale l'unico ad essere avvantaggiato da questa ondata di indagini sarebbe in particolare un raggruppamento politico.

“E cosa gliene facciamo una colpa perché non rubano? (Ride, ndr) Qui si arriva all’assurdo. Sei responsabile di non aver rubato”.

Antonio Di Pietro

La domanda è scontata ma inevitabile, e lei ci avrà riflettuto sicuramente tanto sopra: come se ne esce? Basta la spazzacorrotti per uscire da questa situazione in cui ormai da decenni in Italia la politica - dico la politica in senso lato, perché ci sono ovviamente tanti politici onesti - sembra sprofondare, tanto da mostrarci spesso suoi esponenti coinvolti in fatti di corruzione e accusati, addirittura, di contiguità con la criminalità organizzata? Possibile ci sia questa decadenza morale per cui ci si fa corrompere spesso e, per qualsiasi cosa, nel nostro Paese, si finisce col chiedere la tangente? Gielo ripeto: come se ne esce?

“Nella sua domanda c'è già la risposta. La decadenza morale non è un reato che può combattere la magistratura. In definitiva il magistrato ha lo stesso compito che ha il becchino: interviene sempre il giorno dopo che già c’è scappato il morto, ovvero dopo che il reato è stato commesso. Se c’è la possibilità di combattere la corruzione? Da Adamo ed Eva sono venuti fuori Caino e Abele, rispetto alla lotta eterna tra bene e male,  tra guardie e ladri, pensare che da domani mattina non ci siano più i ladri è utopia. L’uomo si prepara a tornare sulla luna e già si stanno litigando perché ognuno ne vuole fregare un pezzo. Detto questo la reazione sociale è una reazione che si basa innanzitutto sull’educazione, per far capire che delinquere non conviene. Per far comprendere che tanto, se tu cerchi di rubare qualcosa a un altro, prima o poi ci sarà qualcuno che cerca di rubare qualcosa a te”.

E lei fa qualcosa?

“Io faccio parte ormai dell’associazione combattenti e reduci per intenderci, ma almeno due volte a settimana vado nelle scuole, per spiegare ai ragazzi il concetto. Guardate che vi conviene essere onesti, gli dico. E questo al di là dell’andare in Paradiso, se uno ci crede. Vi conviene anche qui in terra, gli dico, perché se sarete disonesti ci sarà qualcuno che prima o poi frega anche voi”.

Ignazio Dessìdi Ignazio Dessì   
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