Così l’'ndrangheta voleva uccidere Gratteri. Le intercettazioni shock: “E’ un morto che cammina. Farà la fine di Falcone”
Lo paragonano a Giovanni Falcone, convinti che se davvero arriverà al terzo livello, ai politici legati alla Ndrangheta, per Gratteri il destino è segnato e lo faranno fuori: «eh..Falcone come è stato, quando ha superato il limite? Se lo sono cacciato»

“È un morto che cammina”, dicono del procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri. Lo paragonano a Giovanni Falcone, convinti che se davvero arriverà al terzo livello, ai politici legati alla Ndrangheta, per Gratteri il destino è segnato e lo faranno fuori: «eh..Falcone come è stato, quando ha superato il limite? Se lo sono cacciato».
Nel loro parlare di Gratteri c’è una «timorosa reverenza» (scrivono gli inquirenti nel provvedimento di 35 fermi per associazione mafiosa, usura ed estorsione). Anche se poi, gli indagati, ipotizzano appunto la sua eliminazione: «Se questo tocca altri politici di qua,della zona, tutti mo se lo giocano, mo se lo cacciano, hai capito?».
Immaginate lo stupore, la sorpresa di un antropologo che scopre l’esistenza di una tribù mai censita prima nel cuore dell’Amazzonia. Lo stesso stupore deve aver vissuto il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, di fronte alla sorpresa di documentare l’esistenza di una nuova ‘ndrina, a San Leonardo di Cutro, provincia di Crotone.
Ma dobbiamo parlare di doppia sorpresa (positiva), perché a certificare l’esistenza di questa nuova ‘ndrina sono stati alcuni imprenditori che per la prima volta sono andati dalla Guardia di finanza e dal procuratore Gratteri a raccontare, appunto, le attività estorsive di questa “sconosciuta” ‘ndrina di Remo Mannolo.
Sono trentacinque i fermati per associazione mafiosa, estorsioni e usura. Trafficavano anche droga, loro che erano operativi sin dagli anni Settanta quando gestivano una raffineria di eroina per conto di Cosa nostra. E sin da allora hanno costruito un impero economico (ieri sono stati sequestrati beni per 30 milioni) avendo trovato nelle aziende turistiche il loro pozzo di san Patrizio che gli ha garantito poco meno di un milione di euro. Alcuni di loro si sono ribellati. Il titolare del villaggio turistico “Porto Kaleo” ha rivelato agli inquirenti di essere stato costretto a versare quasi 200.000 euro di pizzo.
La cosca faceva assumere ai titolari delle aziende e società turistiche (dagli stabilimenti balneari ai camping) parenti, familiari e amici a tempo indeterminato. Garantivano loro forniture edili, pulizia delle spiagge e persino la fornitura di caffè. Sono settimane che la provincia di Catanzaro è una pentola a pressione. Si ripetono fermi e arrestidi ndranghetisti. Le forze di polizia e la magistratura stanno rivoltando come un calzino il crotonese e il vibonese. Le intercettazioni telefoniche e ambientali confermano che il “popolo” mafioso è informato che siamo alla vigilia di altre e dirompenti operazioni antimafia.
«Siamo tutti a rischio», dicono i mafiosi di san Leonardo di Cutro. Esagera Carmine Zoffreo, fermato ieri, quando rivela a un suo sodale di aver saputo di altri blitz con arresti di personaggi politici, «perché il suo referente era riuscito a prendere visione di alcuni documenti»?. Addirittura nelle carte della inchiesta si parla di un «Rolex particolarmente raro» che il clan vuole regalare come «controprestazione di una ipotizzata copertura giudiziaria che il destinatario del bene, per il ruolo ricoperto, poteva garantire».
Ecco perché è in corso una operazione di delegittimazione del procuratore Nicola Gratteri. Perché a Catanzaro è iniziato il conto alla rovescia. La bonifica del territorio è già iniziata e nella rete della Procura di Catanzaro posso finire politici, insospettabili, uomini delle istituzioni. Tutti legati alla massoneria e alla Ndrangheta.