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[L’inchiesta] Ndrangheta e massoneria, l’intreccio fatale per mettere le mani sulle istituzioni

La fratellanza, dunque, viene vista molto spesso come una camera di compensazione. Una sorta di “tavolino” (ideale, ma, forse, molto spesso materiale) attorno al quale possono sedersi le figure più disparate: una melassa in cui tutti – politici, imprenditori, professionisti, dipendenti pubblici, mafiosi – decidono l’andamento della vita politica, economica e sociale. Il “sistema ‘ndrangheta” oggi è soprattutto questo. Le accuse di Gratteri

Nicola Gratteri
Nicola Gratteri

“La ‘ndrangheta non esiste più! Una volta a Limbadi, a Nicotera, a Rosarno, c’era la ‘ndrangheta! La ‘ndrangheta fa parte della massoneria! […] diciamo… è sotto della massoneria, però hanno le stesse regole e le stesse cose […] ora cosa c’è di più? Ora è rimasta la massoneria e quei quattro storti che ancora credono alla ‘ndrangheta! Una volta era dei benestanti la ‘ndrangheta, dopo gliel’hanno lasciata ai poveracci, agli zappatori… e hanno fatto la massoneria! Le regole quelle sono… come ce l’ha la massoneria, ce l’ha quella! Perché la vera ‘ndrangheta non è quella che dicono loro… perché lo ‘ndranghetista non è che va a fare quello che dicono loro […] adesso sono tutti giovanotti che vanno a ruota libera, sono drogati!”. E’ il 15 maggio del 2010. A parlare – in auto e quindi sicuro di non essere intercettato – è il boss Pantaleone Mancuso, “Zio Luni” per tutti. E’ uno dei personaggi più forti della potente cosca di Limbadi, piccolo centro a cavallo tra la provincia di Reggio Calabria e quella di Vibo Valentia. I Mancuso appartengono al gotha della ‘ndrangheta: una delle cosche che maggiormente ha saputo modernizzare la ‘ndrangheta, attraverso relazioni ed economia, senza perdere la propria crudeltà. Esattamente a Limbadi, pochi mesi fa, è stato fatto saltare in aria a bordo della propria auto un uomo, Matteo Vinci. E il sospetto che la ‘ndrangheta dei Mancuso sia in qualche modo coinvolta, è altissimo.

Quelle contenute nell’inchiesta “Black Money” sono quindiaffermazioni intercettate di grande valenza, non solo per il contenuto ma, soprattutto, per la caratura del personaggio che le pronuncia, Pantaleone Mancuso: “Ancora con la ‘ndrangheta sono rimasti! E’ finita! Bisogna fare come… per dire… c’era la “Democrazia”… è caduta la “Democrazia” e hanno fatto un altro partito… Forza Italia, “Forza Cose”… bisogna modernizzarsi, non stare con le vecchie regole! Il mondo cambia e e bisogna cambiare tutte le cose. Oggi la chiamiamo “massoneria”, domani la chiamiamo P4, P6, P9”.
Oltre otto anni dopo, parlando del territorio vibonese, il procuratore di Catanzaro, Nicola Gratteri, conferma e in qualche modo rafforza il dato: “Solo a Vibo Valentia, città a più alta densità massonica in Italia, abbiamo contato 12 logge”. Proprio in questi giorni, Gratteri sta presentando in tutta Italia il suo ultimo libro, scritto, come di consueto, a quattro mani insieme al giornalista Antonio Nicaso: “Storia segreta della ‘ndrangheta”. E la Procura di Catanzaro è quella competente in Calabria per tutti i reati di criminalità organizzata, eccezion fatta per il territorio della provincia di Reggio Calabria. Insomma, quando parla di massoneria e ‘ndrangheta, Gratteri sa cosa dice: “Gli ‘ndranghetisti ormai discutono di massoneria come di una cosa di cui possono disporre e trarre benefici, le indagini ci confermano che in alcune logge esistono ancora incappucciati, i cui nomi sono noti solo all’orecchio del gran maestro, che sono pregiudicati e ‘ndranghetisti” dice il procuratore di Catanzaro.

Ecco il salto di qualità della ‘ndrangheta. Le indagini che si occupano delle cosche di alto rango evidenziano costantemente l'interesse della ‘ndrangheta ad “avvicinare” politici, giudici, esponenti delle forze dell'ordine, ma anche imprenditori e professionisti, al fine di ottenere vantaggi, soprattutto di carattere giudiziario o economico. Le relazioni con mondi apparentemente lontani sono ciò che ha permesso alla ‘ndrangheta di uscire dalla dimensione esclusivamente militare e di entrare nei gangli della società. Lo dicono le parole del boss Mancuso, lo dicono le indagini della Procura di Reggio Calabria sulla cupola massonica della ‘ndrangheta, lo dicono le risultanze dell’inchiesta “Aemilia”, in cui emerge la vicinanza della cosca Grande Aracri con gli ambienti del Vaticano.

Così la criminalità organizzata ha accresciuto il proprio potere di controllo del territorio e la propria forza di intimidazione nei confronti della popolazione, conscia di essere soggiogata da un'organizzazione mafiosa non solo temibile militarmente, ma anche sorretta da trasversali appoggi esterni. E i boss del calibro di Pantaleone Mancuso mostrano di conoscere bene le dinamiche della ‘ndrangheta e, soprattutto, cosa sia diventata, forse anche in virtù della sua stessa appartenenza alla massoneria. E se una piccola cittadina come Vibo Valentia (dove i Mancuso estendono i propri tentacoli) viene definita da Gratteri “la città a più alta densità massonica d’Italia” il dato è inquietante. Nel corso della Legislatura precedente al voto del 4 marzo, la Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta da Rosy Bindi, ha dedicato (non senza forti polemiche con il Gran Maestro Stefano Bisi) ampio spazio ai rapporti tra criminalità organizzata e massoneria. E dagli accertamenti sarebbe emerso come la Calabria fosse una delle regioni a più alta presenza massonica. E, purtroppo, a più alta infiltrazione delle stesse logge da parte della ‘ndrangheta.

La fratellanza, dunque, viene vista molto spesso come una camera di compensazione. Una sorta di “tavolino” (ideale, ma, forse, molto spesso materiale) attorno al quale possono sedersi le figure più disparate: una melassa in cui tutti – politici, imprenditori, professionisti, dipendenti pubblici, mafiosi – decidono l’andamento della vita politica, economica e sociale.  Il “sistema ‘ndrangheta” oggi è soprattutto questo.

Claudio Cordovadi Claudio Cordova, giornalista d’inchiesta   
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