[La sentenza] Strage di Nassiriya, il giudice ordina il sequestro conservativo dei beni dell'ex generale
Una sezione del tribunale civile di Roma ha autorizzato un reduce a procedere civilmente fino alla concorrenza di 1.690 mila euro nei confronti di Bruno Stano, il comandante della missione
Una sezione del tribunale civile di Roma ha autorizzato S.R., uno dei militari superstiti dei fatti di Nassiriya a procedere a un sequestro conservativo nei confronti dei beni di Bruno Stano, il generale che in quelle tragiche ore comandava la Brigata meccanizzata Sassari nella città irachena. Potranno essere confiscati beni mobili, immobili e somme dovute al reduce fino a 1.690 mila euro. Il 24 gennaio, la giudice Simona Sansa ha assegnato al sottoufficiale R.S. un termine di 60 giorni per introdurre il nuovo giudizio di merito. Il quantum risarcitorio è stato “personalizzato” in base al danno biologico, pari al 100/100, patito dall'ex carabiniere.
E’ l’ultima drammatica puntata di quella che sarebbe dovuta essere una semplice missione di pace che invece in pochi attimi si era trasformata in una devastante giornata di guerra. Tutto succede in un attimo: alle 10:40 del 12 novembre 2003 un’autocisterna irrompe nella Base Maestrale di Nassiriya, una delle due sedi dell’Operazione Antica Babilonia (partecipano 3000 uomini, 400 dei quali appartenenti all’Arma dei Carabinieri). L’autocisterna esplode all’interno della base, provocando il crollo dell’edificio principale e danneggiando la palazzina del comando. Molti mezzi militari prendono fuoco. Brucia anche il deposito delle munizioni. A terra rimangono 28 morti, dei quali 19 italiani (e fra questi dodici carabinieri). Una strage.
Com’è potuto avvenire tutto questo? Com’è possibile, si sono chiesti gli inquirenti, che un camion guidato da un ‘martire’ islamico abbia potuto percorrere così facilmente la strada che conduce all’avamposto italiano? A distanza di 15 anni, rimangono aperti molti interrogativi, sollevati soprattutto da chi è riuscito a scamparla. Da allora, R.S. sta conducendo una vera e propria crociata per individuare i responsabili di quell’eccidio, di chi avrebbe dovuto blindare, come da protocollo, quell’area ad alto rischio di attentati. Il sottoufficiale era di guardia al Compound Caserma “Maestrale” (postazione “Giraffa”) nel turno dalle 8.00 /12:00 quando, prima dell’11:00, era stato travolto dall’onda d’urto provocata dall’esplosione avvenuta a una distanza di circa 5-7 metri. In seguito a questo gravissimo incidente, R.S. si era costituito parte civile nel provvedimento penale a carico del Generale Stano in relazione alle omissioni poste in essere dall’alto ufficiale relativamente la messa in opera delle cautele necessarie, rese obbligatorie dai protocolli militari, per evitare che ci siano simili attacchi.
Stano, assolto dopo un lungo iter processuale penale, era stato invece condannato in sede civile per aver esposto i militari a un rischio che la Corte ha giudicato eccessivo. La sentenza, arrivata lo scorso anno, dopo 15 anni dal tragico attentato, aveva sottolineato che il comandante aveva “ignorato gli allarmi dell’intelligence” circa il rischio di attentati e avrebbe “sottovalutato il pericolo di una base troppo esposta”. La vicenda in sé, al di là delle responsabilità accertate dalla Cassazione, è il paradigma di un Paese che manda i soldati in guerra chiamandola “missione di pace” o “umanitaria” senza dotarli dei mezzi idonei. "Finalmente giustizia sarà fatta! Dopo questo lungo iter giudiziario, che comunque ancora non si è concluso, la domanda che resta senza risposta è sempre la stessa: per quale motivo la sentenza penale di assoluzione del generale Stano non venne impugnata dalla Procura?", ha detto Luca Comellini, sindacalista Pdm. La domanda merita una risposta, ma è già un’altra storia.