[Il reportage] Viaggio tra le baby gang che terrorizzano Napoli. Selfie, coltelli, risse e pestaggi. Minori allo sbando si sfidano come nel West
Sono minori allo sbando, figli di famiglie smembrate, spesso collegate allo spaccio e alla camorra. Genitori spesso in carcere, affidati a zii e nonni che faticano a stargli dietro. Che non riescono ad esercitare, e forse nemmeno vogliono, alcuna autorità. Manovalanza destinata al crimine, in futuro, ma che nel frattempo, nell’età della scuola, studiano da criminali facendo piccoli e grandi atti di teppismo durante il giorno
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Li vedi scendere dai vicoli dei Quartieri Spagnoli, dalle rampe Brancaccio, che scivolano dal Corso verso via dei Mille, dai Gradoni di Chiaia, da Sant’Anna di Palazzo. Indossano pantaloni larghi, magliette sformate, berretti scuri e occhiali da sole, anche di notte. Non portano catene ma amano gli orologi, soprattutto preziosi e costosi, che esibiscono come trofei. Hanno il passo della guapparia, si muovono in branco e quando li avvisti da lontano capisci subito chi è il capo, chi il vice, chi si è appena aggregato e sta due passi dietro, e chi quella sera deve meritarsi i gradi. Incrociarli ti costringe ad abbassare il capo, a girare alla larga. Hanno 14, 15, 16 anni: i volti dei bambini, il ghigno dei vecchi, la camminata dei padroni, gli occhi cattivi della strada, e sempre qualcosa che gli gonfia la tasca. Un coltello, se va bene. Una pistola, se va male.
Niente Gomorra
Sono le nuove baby gang del centro storico di Napoli. Non c’entrano le paranze dei bambini, i baby boss di Gomorra raccontati nei mesi scorsi nelle cronache di camorra. Qui, la criminalità organizzata è solo uno sfondo culturale. Un retroterra delinquenziale, come lo ha definito il questore di Napoli, De Jesu. La camorra – intesa come sistema economico criminale dove si delinque per fare denaro – non c’entra. Anzi, questi gruppi li vede anche male. Danno fastidio anche a loro. Attirano la polizia, fanno parlare i giornali, perdono tempo con cose inutili e rovinano gli affari nei vicoli, dove la pace si tiene con gli spilli.
Baby gang
Ma loro, le baby gang, impazzano. Sono poco più che bambini. Ma vivono allo sbando. Vivacchiano tutto il giorno per strada, di pomeriggio giocano a prendere a pallonate i turisti. Pigliano proprio la mira e li colpiscono col mitico Super santos. Lo fanno davanti a tutti, ridendo a crepapelle. Guai a contraddirli o a mettersi di traverso. La reazione rischia di essere peggiore della pallonata. Durante tutto il giorno si arrampicano come scimmie sui ponteggi della stessa Galleria, ululano, si chiamano con i loro soprannomi gergali. Galleggiano nel cuore di Napoli, tra piazza Plebiscito, la Prefettura e il palazzo del Sindaco.
Teppismo
Raramente rubano o fanno rapire. Non sono predatori, sono teppisti. Li conoscono bene i gestori dei bar, dei ristoranti, con tavolini all’aperto, dove spesso siedono senza consumare nulla, solo per schiamazzare. Di sera, sfrecciano sugli scooter nelle aree pedonali. Dentro la Galleria, su Via Toledo. O sul lungomare.Rovesciano a calci le bancarelle con le cover dei telefonini dei poveri bengalesi, a volte in lacrime, inermi. Non fingono neppure di scappare se vedono passare un’auto delle forze dell’ordine.
I pestaggi
Alcuni giorni fa, una di queste gang ha preso di mira per l’ennesima volta Tiziana, una donna minuta di 40 anni, tossicodipendente, che vive sotto i cartoni nella Galleria Umberto, di fronte al San Carlo, a pochi passi da Prefettura, Questura e Municipio. Sotto gli occhi dello Stato. Tiziana è stata picchiata per mesi. Ogni sera, calci e pugni da questi gruppi di ragazzi, che le distruggono il giaciglio di fortuna, e le urinano addosso. Per gioco. Ridendo. Divertendosi. Sentendosi forti. Fino a che, la povera donna non ha fermato una giornalista dell’Ansa, ricevendo ascolto, per una volta nella vita.
I massacri
Stesse scene, solo negli ultimi tre giorni, a via Foria, dove è stato picchiato senza motivo (da sette minorenni) un ragazzino di 16 anni, che passava di lì, o a via Crispi, dov’è stato massacrato un quindicenne davanti alla fidanzatina, solo per prendergli il cellulare (e poi distruggerlo duecento metri dopo saltandoci sopra); un negoziante, esasperato dai continui furti, una sera ha affrontato una gang. E’ stato massacrato di botte.
Fuori controllo
Ma chi sono, questi ragazzini fuori controllo, che vivono tutto il giorno per strada, non vanno a scuola, non lavorano, e seminano il panico gestendo le loro zone come una security del teppismo? Sono minori allo sbando, figli di famiglie smembrate, spesso collegate allo spaccio e alla camorra. Genitori spesso in carcere, affidati a zii e nonni che faticano a stargli dietro. Che non riescono ad esercitare, e forse nemmeno vogliono, alcuna autorità. Manovalanza destinata al crimine, in futuro, ma che nel frattempo, nell’età della scuola, studiano da criminali facendo piccoli e grandi atti di teppismo durante il giorno. Risalgono a sera, poi, nei Quartieri Spagnoli, o al Pallonetto, o a Forcella, da dove ridiscendono in tiro verso mezzanotte, diretti verso la movida.
I social
Prima, però, compulsano frenetici i social network. Amano Facebook e instagram, dove postano soprattutto le loro foto. Selfie, immagini con i coltelli, con tatuaggi. E poi sfide aperte alle gang di altri quartieri: quelli di Fuorigrotta, quelli di Ponticelli, quelli di San Giovanni, quelli di Scampia. Periferie contro centro città. Si danno appuntamenti nel cuore della Napoli bene. Qui bevono, perdono il controllo, cercano il pretesto, vogliono la rissa, la ottengono quasi sempre. Il più delle volte, pugni e calci, insulti e sputi. Ma a volte si tirano le armi dalle cinture, e allora è il caos.
Strage mancata
L’ultima volta è successo sabato sera. Da una parte le pistole, dall’altro i coltelli. Tre del mattino, a terra restano in sei. Poteva essere una strage. Finiscono tutti all’ospedale. Il più grande ha sedici anni. Ferite a colpi di pistola, maschi e femmine. Chi alla schiena, chi al torace, chi alle gambe. Non si sa più chi ha sparato e chi è stato colpito per caso. Tutti dichiarano di aver sentito la rissa e poi i colpi, e di essersi ritrovati feriti. Qualcuno dice la verità, qualcuno mente. La beffa è che a cento metri c’era una volante della polizia insieme ai militari di strade sicure. Evidentemente, nessuna dissuasione. Oppure sono davvero pochi, per quel volume di violenza.
I baretti
A Napoli è nota come i baretti. In pochi anni è diventata l’epicentro della vita notturna in città. La zona è di pregio: Chiaia. Una volta benestante, oggi sostanzialmente trasversale. Niente di eccezionale: una decina di locali minuscoli, che servono superalcolici. Di pomeriggio, aperitivi. La sera, cicchetti. Fino a notte inoltrata. Ogni giorno, ogni sera. Lentamente sono cresciuti. Oggi, nei vicoli che costeggiano lateralmente piazza dei Martiri, che sono chiusi da via Filangieri e via dei Mille, per un verso, e la riviera di Chiaia col lungomare, dall’altro verso, si scaricano migliaia e migliaia di giovani. Ragazzi che stazionano per strada, urlano, schiamazzano, si ubriacano, a volte si drogano, per lo più si divertono ma spesso litigano. La chiamano movida ma sembra una corrida.
L’assedio
I residenti della zona sono furenti: non possono tornare a casa prima delle 4 del mattino, oppure non escono. La mattina trovano i portoni di casa inondati di urina, i cancelli sporchi di vomito, tappeti di bottiglie e sporcizia. Case una volta di pregio, oggi sono crollate nel valore e nella vivibilità. La scena si ripete in altre zone di Napoli. Bagnoli, piazza Bellini, via Aniello Falcone, i decumani e via Mezzocannone.
L’ordinanza che non ordina niente
Per provare a mettere un argine, il sindaco de Magistris, dopo aver negato il problema per mesi, ha adottato una ordinanza. Ma ha il sapore della beffa: chiusura obbligata alle due di notte per i giorni feriali e alle tre per quelli festivi. Più o meno quello che accade già. Niente alcolici ai minorenni. Quello che già prevede la legge. Niente bottiglie di vetro dopo mezzanotte. E per chi non rispetta le regole, solo un’ammenda. Una ordinanza che non ordina. Chiarala voglia di strizzare l’occhio più a chi sulla movida guadagna che a chi è stravolto nel suo diritti a una vita normale.
Disegno di degrado
Ma adesso, con l’esplosione del fenomeno delle baby gang, l’asse si sposta. Impossibile non vedere. I minorenni armati che si danno appuntamento dentro la movida per sfidarsi come nel Far West,trasformano un fenomeno di ordinaria invivibilità in emergenza sociale. Non c’entra nulla la movida, dicono in tanti. Non sono i locali e il divertimento, il problema. Ma la grande questione sociale dei minori allo sbando. E’ vero. Ma le cose si tengono tra loro. Ogni cosa è parte di uno stesso disegno di degrado e abbandono, di anarchia e violazione delle regole, di mancata autorità delle istituzione, di irrilevanza della forza pubblica.
Retorica populista
L’assessore ai giovani del Comune, Alessandra Clemente, in una intervista al Mattino (che ha titolato in prima pagina “Napoli, emergenza nazionale”) ha detto: “sono problemi seri, si affrontano e risolvono tutti insieme”. Aggiungendo, poi: “con la retorica populista non si rivolvono ferite così profonde”. A qualcuno è sembrata una stoccata al suo stesso sindaco, che da anni cavalca il mito auto-costruito di una presunta rinascita napoletana, che però si alimenta di frasi fatte, immagini da cartolina e nessun collegamento con la vita reale delle persone. Di vero c’è solo l’aumento incredibile dei flussi turistici, grazie a Internet, alla nuova offerta di case e b&b a basso costo, alla Tav che collega con Roma in una ora, ai voli low cost e al terrorismo che ha tagliato rotte internazionali classiche in favore dell’Italia.
La grande paura
Ma la grande paura è sprecare anche questa nuova opportunità. Lo scenario vero, che vedono tutti quelli che hanno occhi per guardate, è quello dell’anarchia. Una città dove non ci sono regole, e ne nascono quindi di nuove. La legge è quella del fai da te. Liberi tutti. Ognuno per sé. E’ vita da strada, corpo a corpo, sulle piccole e sulle grandi cose.
Mangiare se stessi
E così si arriva armati per strada, minori che sfuggono a famiglia, scuola e servizi sociali, nessuno se ne cura, e tu abbassa gli occhi, non guardare, non parlare. Se mi incroci, cambia strada. Spari tra la folla, coltelli affilati che tagliano a caso. Ci può finire chiunque in mezzo. Facile immaginare, da questo momento, una selezione naturale. Chi avrà voglia di mandarci più i figli in queste strade? I baretti si desertificheranno. In qualche modo la movida si sgonfierà. Mangerà se stessa, anche stavolta, col risultato storico che suona come una condanna: volere troppo per finire a non avere niente. C’è tutta Napoli in questa storia. E l’incapacità di imparare da se stessi. Inciampare nei propri piedi, ancora una volta, e sempre allo stesso modo.