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Le mutazioni rivelatrici. Capire come evolve il virus può aiutarci a combatterlo

Come ogni forma di vita, man mano che si riproducono hanno delle mutazioni, e il Sars-Cov-2, il virus della pandemia Covid-19, non fa eccezioni. 

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
Le mutazioni rivelatrici. Capire come evolve il virus può aiutarci a combatterlo

I virus non rimangono sempre uguali a loro stessi. Come ogni forma di vita, man mano che si riproducono hanno delle mutazioni, e il Sars-Cov-2, il virus della pandemia Covid-19, non fa eccezioni

Errori di copiatura

La mutazione è connessa al meccanismo di sopravvivenza e diffusione dei virus. Un virus, infatti, si diffonde in un organismo ospite replicando il più possibile se stesso, e quindi le sue caratteristiche genetiche, il suo RNA. Se ne ha l’occasione esso passa a un nuovo ospite e lì riprende il processo di replica. Man mano che il contagio procede il numero di tali “copia e incolla” aumenta esponenzialmente e può capitare che nel corso del processo si verifichino degli “errori di copiatura”. Si ha così una mutazione.

Mappare gli errori

In genere si tratta di errori minimi e quindi di mutazioni anch’esse minime e di norma senza conseguenze. Ad esempio sulle circa 30mila lettere biochimiche che compongono il Sars-Cvo-2 la differenza massima riscontrata al momento è di 40 lettere. Benché minime, tuttavia, le mutazioni possono essere utilizzate per capire dove il virus ha le stesse identiche caratteristiche e dove è leggermente diverso e quindi mapparne la presenza e gli spostamenti. Il che vuol dire non solo capire la storia del contagio, ma anche individuare prontamente l’emergere di nuovi focolai.

È un po’ come con le lingue. L’inglese, ad esempio, è parlato in tutto il mondo ed è di base sempre la stessa lingua. Eppure per chi ha l’orecchio affinato non è difficile capire se il suo interlocutore venga dall’Inghilterra, dalla Scozia, dagli Stati Uniti o dall’Australia. Accento, modi di dire, termini utilizzati ne rivelano l’origine.

10mila mutazioni

Con il virus è lo stesso e lo sforzo che è in atto ora è proprio quello di mappare il più possibile tali mutazioni. Come racconta Clive Cookson in un interessante articolo apparso il 22 aprile sul Financial Times al momento sono state registrati oltre 10mila “errori di copiatura” con il risultato di ottenere una mappa genetica abbastanza esaustiva.

 Essa sarà utile per distinguere tra contagi verficatisi localmente e contagi importati da fuori, un’informazione assai utile man mano che si procede con l’alleggerimento delle misure di contenimento. Si potrà così capire da dove origineranno eventuali nuove ondate del virus e quindi quale tipo di misure potrebbe essere più efficace. La mappatura genetica sarà utile anche per osservare che succede con l’introduzione di farmaci o del tanto atteso vaccino e in particolare se il virus sviluppa qualche forma di resistenza.

Ora sappiamo quando è arrivato in Europa

Lo studio delle mutazioni ha permesso anche di ipotizzare con sufficiente certezza quando il virus è stato trasmesso per la prima volta all’uomo. Il Sars-Cov-2, infatti, ha un ritmo di mutazione stabile, circa 2,5 mutazioni al mese, più basso di quello dello HIV o dell’influenza. Tale dato è stato utilizzato per arrivare al primo contagio umano che si sarebbe verificato nella seconda metà di novembre, probabilmente il 17, sicuramente non prima.

La scoperta mette tra l’altro la parola fine a una serie di fantaipotesi, anche sciagurate, che circolano sui social, quale ad esempio quella che il Covid-19 fosse in circolazione in California già nell’autunno dello scorso anno e che da allora la popolazione locale avrebbe sviluppato l’immunità di gregge. L’analisi genetica del virus conferma inoltre che in Europa e in America del Nord non vi sono stati casi prima di metà gennaio.

Il virus tra ghiacci e vulcani

Un caso interessante è quello dell’Islanda, paese che ha fatto più test al mondo in rapporto alla popolazione e che ha una consolidata tradizione di analisi genetica della popolazione, come la Sardegna del resto. Le ricerche condotte sull’isola di ghiaccio e vulcani hanno rivelato come il virus vi sia arrivato attraverso viaggiatori di numerosi paesi, tra cui persone di ritorno dalle settimane bianche sulle Alpi. “Abbiamo trovato mutazioni caratteristiche di focolai sparsi in tutto il mondo: quello iraniano, quello della costa occidentale degli Stati Uniti e quelli europei, in particolare dal Regno Unito”, ha dichiarato al Financial Times Kari Stefansson, a capo della deCode Genetics, una società islandese di genomica.

Sotto stretta sorveglianza

La mappatura consente di monitorare da vicino l’evoluzione del virus. Al momento non vi sono state mutazioni che ne abbiano cambiato né la trasmissibilità né la virulenza. Ma man mano che esso si espande e muta, alcune linee di evoluzione si fermeranno e si estingueranno mentre altre continueranno a proliferare. In questo fermento evolutivo vi potrebbero anche essere mutazioni che cambiano la natura del virus, aumentandone o diminuendone la pericolosità. In entrambi i casi meglio accorgersene per tempo. La mappatura serve anche a questo.

 

Alessandro Spaventadi Alessandro Spaventa   
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