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[Il personaggio] L'ultimo miracolo di Severino Cesari, ha trasformato facebook in un luogo di "Cura" della malattia

Severino Cesari, stimato uomo di lettere, scrittore, critico, editore, è riuscito a trasformare la sua bacheca Facebook in una lavagna magica. Il messaggio dei familiari sul web: "avete nutrito giorno per giorno la sua Cura"

Antonio Mennadi Antonio Menna   
Severino Cesari
Severino Cesari

Lui è Seve, la moglie è Manu. Lo sono per tutti. Amici di una vita e sconosciuti. Nomi noti mescolati a quelli comuni. Addetti ai lavori e semplici lettori. Tutti uniti intorno alle parole della cura, e poi al dolore non muto ma a bassa voce, mite, della morte, che però fatica a lasciarlo andare. A Severino Cesari, stimato uomo di lettere, scrittore, critico, editore, è riuscito un piccolo miracolo: trasformare la sua bacheca Facebook in una lavagna magica della bella energia, direi della vita se non suonasse così terribile dirlo in punto di morte. Perchè Seve se n'è andato ieri sera, e quella bacheca non la può più aggiornare.

La Cura

In realtà ci hanno pensato la moglie e il figlio, Emanuela e Lorenzo, a pubblicare le ultime righe. “Amiche carissime e amici carissimi di Severino – hanno scritto su quel profilo che già da qualche giorno era tristemente silenzioso, quasi presago -, il nostro e il vostro amato non c’è più. Vi ringraziamo immensamente per la presenza e la vicinanza di tutti voi, che avete messo radici profonde nel suo cuore e nella sua mente, e avete nutrito giorno per giorno la sua Cura”. Poi l'annuncio del funerale. L'ultimo saluto.

Sussurro di dolore

Un post semplice che in poco tempo ha segnato 1600 like e centinaia di commenti e condivisioni. Il sussurro di dolore di una vera comunità. Quella che in pochi anni, via via, si è aggregata proprio intorno alla parola Cura, con la lettera maiuscola. La chiamava così Cesari, quella gara a tappe che segnava la sua lotta contro il male, o contro le malattie, una sequela di schiaffi che lo aveva colpito e che però lo trovavano di volta in volta combattivo, tra chemio, riabilitazioni, lunghe degenze.

La lotta

Severino Cesari l'aveva davvero raccontata tutta la sua lotta. Ma senza retorica e senza urlare. Non si sentiva un superuomo ma, direi, davvero solo un uomo. E proprio questo suo passo mite, qualcuno lo ha definito zen, quasi come una strategia della non violenza contro la malattia, aveva costruito intorno a lui, come gli anelli di saturno, cerchi di energia e condivisione, facendo crescere una comunità che lo ha incoraggiato, letto, sostenuto, abbracciato e poi, in morte, pianto senza piagnistei, come sarebbe piaciuto a lui.

Il contaminatore

Severino Cesari, del resto, era uno che con le parole ci aveva costruito un matrimonio eterno. Fondatore con Paolo Repetti di Einaudi stile libero, prima ancora animatore di Theoria, una piccola casa editrice che negli anni Novanta setacciava talenti, e al tempo stesso anima culturale del quotidiano il Manifesto, Cesari era un alfiere della contaminazione letteraria. “Una persona coltissima – lo ricorda l'amico Gianni Riotta -, aveva letto veramente tutto”. E come tutti quelli che hanno letto tutto, aveva tutto dimenticato, nel senso di messo da parte, per aprirsi sempre a voci nuovi, a sperimentazioni, a frontiere coraggiose che, poi, significavano scomporre luoghi comuni, aggregare nuove forme.

Niente urla

E una forma tutta nuova, Seve l'aveva trovata poi sui social network. Niente urla. Niente lamenti. Niente conflitti. Niente perle di saggezza. Niente so-tutto-io. Niente muscoli. Poco ego, molta tessitura. Con il respiro delicato e folgorante di chi riscopre la vita ogni mattina. Raccontava tutto della sua malattia, anche i dettagli. Per ultimo, lo scorso 14 ottobre, ha parlato del suo ricovero a Quantico, di altri due interventi che “sono andati bene” e del fatto che  “mi hanno drenato in tutto sette kg di proteine purissime raccolte in grandi contenitori a becco largo di kg l’uno, già immortalati”. E poi l’ascite, “questo subdulo individuo capace in pochissimi giorni di rimodellare la mia pancia in quella di un campione dell’Okboterfest”, e “la proteina delle proteine, la proteina-trenino che guida le altre”, e via così raccontando tutto come fosse un gioco, ma chiudendo ogni volta con una notizia che  “non è una buona ma ottima”, quindi sempre con una porta aperta.

Una porta aperta

Una porta nella quale si infilavano ogni volta centinaia di follower, che gli manifestavano gratitudine, lo incoraggiavano, lo sfottevano pure – gli amici più cari – o gli mandavano semplicemente cuori e like, come pacche sulla spalla, e ad ognuno lui non mancava di inviare un segnale, un commento al commento, un like, un cuore, un pollice alzato, per dire ci siamo, siamo qui, siamo uniti, ce la facciamo, dai.

La comunità orfana

Ora quella comunità è orfana. Si è svegliata così, all'improvviso. La notizia che la voce di Seve si era spenta è arrivata subito sul web. A ricordarlo, in pochi minuti, il socio-amico di una vita, Repetti. E poi gli scrittori della scuderia Einaudi, come Maurizio De Giovanni, che gli dedica  parole di grande commozione e gratitudine, come sempre del resto aveva fatto in questi anni. E altri come Gianni Riotta, appunto. O Marco Marsullo, Raul Montanari, Sandra Petrignani.

Il dolore

“Sono profondamente immensamente addolorata – scrive Francesca Mazzuccato -. Sarà impossibile dimenticarti.  Impossibile dimenticare tutto di te, e questo dono, qui. Dove le parole sono diventate splendenti e fondamentali”. Un pensiero simile lo dedica lo scrittore e critico Gian Paolo Serino. “Non ho mai letto in dieci anni di Facebook – dice - tanto affetto per uno scrittore e un artista, affetto vero, sentito, non da "condividere", ma provato, sincero, vero, palpabile”.

Vuoto collettivo

Ed è proprio questa la cifra, oggi, di una scomparsa come quella di Cesari. Non un lutto, che è sempre una vicenda di dolore e amore, ma privata, di chi lo conosceva. Non una perdita, anche se in questo caso se ne va una figura rilevante della cultura italiana. Ma un vuoto collettivo, come riesce solo a chi sale di un gradino e guarda le cose da un'altra prospettiva. La grandezza è che Cesari, tutto questo, era riuscito a farlo con un piccolo profilo su Facebook.

La promessa

Una piccola casa da cui lui stesso – lo ricorda proprio Serino – tempo fa aveva fatto una promessa.  "La promessa – scriveva - per rendere l'affetto che mi date, e al quale non sono in condizione di rispondere come vorrei: possa però tornare a ciascuno accresciuto della vostra energia, della vostra tenerezza, in una ghirlanda d'oro senza fine. Una promessa: io non vi lascerò mai". Di questo sono oggi convinti tutti. Chi lo aveva incrociato nella vita e chi lo aveva conosciuto sul web. Una sola catena che non vuole sciogliersi. Seve è ancora qui.

 

Antonio Mennadi Antonio Menna   
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