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[La polemica] Il mezzo Giro d’Italia che fa infuriare il Sud. Ed è tutta una questione di soldi

La vera ragione di un tracciato così palesemente parziale si chiama finanziamento. “Ci hanno chiesto uno sforzo economico che non avremmo potuto sostenere”, questo dicono alcuni esponenti della Fondazione Matera 2019. Si era, infatti, pensato di costruire una partenza dalla prossima Capitale europea della cultura. Ma la cifra chiesta dagli organizzatori è stata considerata troppo alta: mezzo milione di euro. Meglio spenderli per libri, musica e teatro, dicono ancora da Matera

Antonio Mennadi Antonio Menna, editorialista   
[La polemica] Il mezzo Giro d’Italia che fa infuriare il Sud. Ed è tutta una questione di soldi

Quant’è brutta la cartina del giro di mezza Italia. Presentata a Milano, già corre sui social questo stivale dimezzato che gli organizzatori della corsa ciclistica più famosa hanno presentato l’altro giorno alla stampa. La gara rosa quest’anno è tutta al centro-nord. Una piccola puntata a San Giovanni Rotondo, forse per omaggiare Padre Pio, e poi tutto il Sud tagliato fuori, isole comprese. Niente per la Campania, niente per la Basilicata, niente per la Calabria. Di Sicilia e Sardegna nemmeno a parlarne. Il giro si ferma a Terracina, sul versante tirrenico. Neppure l’omaggio letterario a Eboli.

Mai così

Mai ci si era spinti così oltre, nella storia del Giro d’Italia. Che la corsa ciclistica non ami il Sud è noto agli appassionati. Tracciati complicati, distanze difficili. Ma se non altro per tenere fede al suo nome, la gara rosa ha sempre cercato di toccare i due estremi del Paese, di essere quindi corsa di attraversamento, trasformandosi, com’è sempre stato, in qualche cosa di più di una gara sportiva: una festa di popolo, una carovana di gioco e spettacolo, e una straordinaria vetrina per le bellezze del Paese, come sono le grandi corse a tappe.

Anni Cinquanta

Sono, infatti, rarissime le volte che la distanza tra i due punti più estremi del Giro d’Italia di ciclismo si sia fissata a meno di mille chilometri. Nel 2019, invece, tra Courmayeur, punto più a nord, e San Giovanni rotondo, punto più a sud, ci sono 977 chilometri. Per trovare gli stessi numeri bisogna andare ai primi anni Cinquanta, quando il meridione scontava ancora pesantemente gli effetti della guerra e non aveva strade e infrastrutture adeguate.

Un distacco

L’allontanamento del Giro dal Sud è stato fulminante, sul tracciato 2019: una cesura netta, visibile sulla mappa. Ma guardando alle ultime dieci edizioni si nota già un distacco: il Giro è partito o arrivato in una città del Sud solo 35 volte. Già nel 2006 e nel 2015 una sola tappa era partita o arrivata al Sud. Ma almeno lo si faceva attraversare, cercando di portare la carovana in più di qualche regione, e regalando agli appassionati e ai territori almeno un passaggio.

Tracciato competitivo

Gli sportivi, in verità, non si fanno alcun cruccio. Anzi, il tracciato 2019 del Giro d’Italia viene considerato appassionante. Uno dei percorsi più duri degli ultimi anni: oltre 46 chilometri di dislivello, sette tappe di media difficoltà, cinque di alta difficoltà. Un giro per scalatori, quindi per dare spettacolo, segnare distacchi, ravvivare la gara. È per questo che si va al Nord? Perché ci sono le montagne? No, il motivo non sembra questo. Si poteva costruire un Giro più allargato e ampio, conservando le asperità.

La vera ragione

La vera ragione di un tracciato così palesemente parziale la spiega su Repubblica, Cosimo Cito. Si chiama finanziamento. “Ci hanno chiesto uno sforzo economico che non avremmo potuto sostenere”, questo dicono alcuni esponenti della Fondazione Matera 2019. Si era, infatti, pensato di costruire una partenza dalla prossima Capitale europea della cultura. Ma la cifra chiesta dagli organizzatori è stata considerata troppo alta: mezzo milione di euro. Meglio spenderli per libri, musica e teatro, dicono ancora da Matera. 

Chi se le può permettere

A San Giovanni rotondo, invece, l’arrivo di tappa è costato 180mila euro. Una parte cospicua di questi sarà coperta da privati, un’altra ce la metterà il Comune, che ha appena introdotto la tassa di soggiorno e con questi incassi finanzierà l’evento. Lusso che molte altre città non si sono potute permettere, vista la sofferenza della casse comunali. Tra l’altro, l’arrivo dei ciclisti chiede anche pesanti interventi sui percorsi: asfaltatura, sicurezza. Lavori a carico degli enti locali, che negli ultimi tempi fanno più fatica che mai. Il rischio è che la vetrina finisca col mostrare i limiti e i difetti, come successe l’anno scorso a Roma: un manto talmente rovinato da far chiedere ai corridori di neutralizzare i tempi. C’è davvero, quindi, solo mezza Italia in questo giro. Ma è la metà che se lo può permettere. 

 

Antonio Mennadi Antonio Menna, editorialista   
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