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[L’intervista] L’accusa di Di Pietro: “La manutenzione non si fa perché non porta voti. Il ponte Morandi doveva essere chiuso"

“Basta con le emergenze del giorno dopo. Le strade italiane piene di tragedie annunciate”. Dialogo con l’ex pm di Mani Pulite ed ex ministro alle Infrastrutture: Quei ponti con “la ceralacca al posto del calcestruzzo”. Consiglio non richiesto al ministro Toninelli: “Pericoloso puntare il dito adesso perché è un attimo passare da parte civile che chiede i danni a responsabile civile in un processo”. I controlli sulle autostrade toccano infatti al Mit

[L’intervista] L’accusa di Di Pietro: “La manutenzione non si fa perché non porta voti. Il ponte...

“Quel ponte ha sempre avuto bisogno di manutenzione ma per farla in maniera radicale doveva essere chiuso al traffico. Inimmaginabile, salvo ordini contrari  perentori e motivati, rispetto ad un’arteria di traffico cosi nevralgica per Genova e indispensabile per il centro-nord”. Il collasso del ponte di Brooklyn genovese, le immagini di quei blocchi di cemento armato che vengono giù per 45 metri con auto e tir e persone quasi fossero gli effetti speciali di un film ma invece è tutto vero, sconvolgono anche uno navigato come Antonio Di Pietro che ai tempi di Mani Pulite svelò il sistema delle tangenti soprattutto nelle opere pubbliche e nel sistema viario e da ministro ebbe troppo poco tempo – nel 1996 per sei mesi ai Lavori Pubblici e nel 2006/2008 alle Infrastrutture – per risanare il sistema delle grandi opere e della loro manutenzione. 

E’ sempre più inaccettabile chiamare “emergenza” quanto in Italia accade quando piove un po’ troppo, quando la siccità dura qualche settimana più del previsto, quando la terra si muove: siamo un paese di microclimi estremi e di faglie che scontrano ma non sappiamo proteggerci adeguatamente e dopo tante “emergenze” non abbiamo ancora imparato. La rabbia e lo sconforto tolgono il fiato quando cade un ponte che molti di noi conoscono bene per esserci passati sopra decine di volte, un simbolo dell’ingegneria edile, una sorta di Brooklyn Bridge genovese. Quando i telefonini conservano i secondi di quella tragedia, i cento metri di strada che si sbriciolano uccidendo 31 persone. Bilancio ancora purtroppo parziale.

Di Pietro, dobbiamo raccontare e cercare di spiegare un’altra tragedia. Un’altra emergenza…

“Ora siamo tutti emozionati, senza parole, pensiamo alle vittime e alle loro famiglie. Ma tra qualche giorno sarà rubricata anche questa come l’ emergenza del giorno dopo.  I dati più recenti dicono che il 91 per cento dei comuni italiani è a rischio idrogeologico, che sette milioni di italiani vivono in zone ad alto rischio. Credo lo sappiano anche i bambini, ormai. Sappiamo anche che le opere infrastrutturali, soprattutto ponti e viadotti,per lo più costruite negli anni sessanta, devono essere manutenute e ristrutturate. Dunque, basta parlare di emergenze. Sono tutte tragedie annunciate”.

Si sta provando a parlare di bomba d’acqua e di un fulmine, l’evento naturale e imponderabile. Possono essere tra le cause?

“Immagino che il ponte di Brooklyn sia a prova di fulmine e di bomba d’acqua. No, per favore  non è il caso di scherzare”. 

Lei è stato ministro nel 1996 e poi di nuovo dal 2006 al 2008. Ha ricordi specifici su questo ponte?

“Il ponte Morandi è da anni in una situazione di manutenzione perenne. Il punto è che su una struttura di quel genere, sospesa, cemento armato, non riesci ad intervenire  a dovere se resta nel frattempo in servizio. Se lo chiudi al traffico riesci ad intervenire risalendo con calma alle origini del problema. Se invece, come è successo, il viadotto resta sempre in servizio con il carico quotidiano di tonnellate e tonnellate di mezzi… è molto più difficile intervenire. Inoltre quando è stato realizzato, non era previsto che dovesse diventare lo snodo del traffico tra Italia e Francia, tra l’est e l’ovest della città dell’intera regione. Ora il punto è che se percorriamo l’A24 da Pescara a Roma o la A14 da Pescara a Foggia, attraversiamo numerosi ponti alti 30 metri magari meno stressati dal traffico quotidiano ma ugualmente non più idonei”. 

Un rapporto della società Autostrade del 2011 segnala l'eccessivo carico sulla struttura del ponte Morandi. Oggi la stessa Autostrade dice che andava tutto bene. Chi ha ragione? 

“Non saprei. Consiglierei a chiunque in questa fase di non mettere il petto in fuori, di non puntare il dito perché rischia di guardarsi allo specchio e di doversi poi prendere a schiaffi da solo. Dal 2012 la gestione di ampi tratti della rete autostradale è affidata alla Società privata autostrade (che ieri ha perso il 5% in Borsa, ndr) ma il controllo è affidato alla Direzione del Ministero delle Infrastrutture. Dunque, come sempre accade, qualcosa non ha funzionato anche nel rapporto tra controllore e controllato”. 

Perché, allora, il ministro delle Infrastrutture e Trasporti Danilo Toninelli ha subito detto che il suo dicastero si costituirà parte civile nei confronti dei responsabili facendo capire che la società Autostrade è già nel mirino?

“Ora parlo da ex magistrato: se fossi il consigliere di Toninelli gli suggerirei di pensarci un attimo prima di sparare a zero. Come detto, il ministero Infrastrutture ha il compito di supervisionare sulla sicurezza delle rete.  Parlare e inveire ora vuol dire buttare fumo negli occhi. Toninelli  aspetti la conclusione dell’istruttoria perché da parte civile, cioè di chi chiede i danni, il suo ministero potrebbe ritrovarsi ad essere nello scomodo ruolo di responsabile civile. Quello che più mi brucia in queste situazioni è la strumentalizzazione  di ministri che invece di pensare come risolvere il problema sfruttano il dramma per fini di consenso. Nella prospettiva di un ipotetico dividendo politico. Chi governa oggi deve solo pensare a risolvere il problema: qui c’è una città divisa in due e un pezzo d’Italia isolato rispetto alle reti del grande traffico”.

L’Italia è costellata di grandi opere, tra cui la rete autostradale, progettate negli anni Sessanta. In quel decennio forse non si utilizzarono sempre materiali di primissima qualità. Esiste un’emergenza legata al controllo e alla prevenzione per le opere messe a cantiere in quel periodo storico?

“Esiste più di un'emergenza, sono decine e decine i ponti e le gallerie che hanno bisogno di una manutenzione radicale. Servono soldi e progetti chiari. Ma, oltre a questo, ai tempi di Mani Pulite abbiamo lavorato molto sul sistema delle grandi opere stradali e autostradali e abbiamo dimostrato che la mazzetta non serviva solo per avere l’appalto ma anche per realizzarlo senza i dovuti controlli. Il danno è stato doppio, e non sono negli anni sessanta. Spesso è stata usata la ceralacca al posto del calcestruzzo”.

Genova è uno snodo centrale del sistema dei trasporti, dell’industria, del commercio. È anche la città italiana forse più colpita da disastri figli della fragilità del territorio. Non è il caso di porre, da parte del governo e del Parlamento, la situazione del capoluogo ligure tra le priorità dei ministeri che si occupano di infrastrutture e trasporti?

“Tutte le città che costituiscono uno snodo nel sistema del traffico nazionale, penso a Genova ma anche a Milano, Roma, Napoli, Firenze dovrebbero costituire una priorità nell’agenda di ogni governo. Se si blocca qualcosa in questi snodi va in tilt il sistema del traffico nazionale. Ma tra tutte queste la Liguria e Genova devono essere la priorità del governo”.

E invece l’esecutivo  giallo-verde mette in dubbio la realizzazione di grandi opere in alcuni casi già cantierate, in altri già approvate. Una di queste è la Gronda di Ponente (raddoppio del tratto autostradale della A10 a Genova, ndr) che Grillo prima e i 5 Stelle al governo oggi hanno bloccato in quanto “spreco” e “opera inutile”. Crede che questa  nuova sensibilità sia corretta e giustificata?

“E’ solo una strumentalizzazione, ognuno parla al proprio  elettorato. Si tratta di opere strategiche e sono necessarie tanto quanto la manutenzione. In Italia è cambiato il sistema dei trasporti e le strutture devono essere adeguate”. 

Nella sua esperienza di uomo di governo, ma anche di politico e di magistrato, ha mai pensato che alla politica "convenisse"  non fare manutenzioni invece necessarie?

“Spesso, purtroppo. Il punto è che gli interventi di manutenzione non si vedono e dunque non producono consenso.  E così vengono sempre rinviati al giorno dopo. Salvo poi che quando succede, allora denunci che andava fatto il giorno prima. Da pm ho fatto molte inchieste sul sistema degli appalti. Da ministro, assumendomi le mie responsabilità,  ho posto attenzione tanto alle opere da fare che a quelle da manutenere”.

Il governo gialloverde giudica sbagliata la fusione tra Anas e Trenitalia. È d’accordo?

“No, è un’operazione sciocca e antieconomica. Nel sistema dei trasporti è necessaria una visione sinergica che è l’obiettivo primario di quella fusione. Altrimenti si continua ad andare avanti in un modo per cui la mano destra non sa cosa fa la mano sinistra. Magari inseguendo il tweet del giorno”.

Se questo governo richiedesse la sua collaborazione, per esempio, come commissario alla manutenzione, sarebbe disponibile a dare una mano?

“Qualsiasi persona di buon senso può accettare solo se è chiaro cosa prima viene messo sul tavolo. Cioè quanti soldi e quale mission, come si dice adesso”.

E le regole?

“Quelle ci sono già. Non ne servono altre”.

Claudia Fusanidi Claudia Fusani, giornalista parlamentare   
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