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[L’analisi] La maledizione di Bologna, un incidente senza senso che diventa un'altra bomba

Questa volta non è un attentato, come il 2 agosto del 1980 o come la strage di Natale dell’83, però il cratere scavato sul viadotto dall’esplosione dell’autocisterna carica di Gpl, che aveva appena tamponato un camion bisarca pieno di macchine, ha qualcosa di spaventoso ed evocativo insieme, come la bomba di Capaci, con questi scheletri di ferraglia sparsi sulle macerie

[L’analisi] La maledizione di Bologna, un incidente senza senso che diventa un'altra bomba

Agosto è il più terribile dei mesi a Bologna. E questo fumo nero che si alza come un tragico pennacchio verso il cielo si arrotola su se stesso quasi a disegnarne la maledizione, il senso di un dramma che la colpisce sempre nei giorni delle vacanze. Questa volta non è un attentato, come il 2 agosto del 1980 o come la strage di Natale dell’83, però il cratere scavato sul viadotto dall’esplosione dell’autocisterna carica di Gpl, che aveva appena tamponato un camion bisarca pieno di macchine, ha qualcosa di spaventoso ed evocativo insieme, come la bomba di Capaci, con questi scheletri di ferraglia sparsi sulle macerie, questo buco nero coperto dai pezzi di asfalto accartocciati come tappeti bruciati sopra due sbarre di ferro verde e i resti di una Fiat Doblò o di chissà che auto, schiacciata nel crollo del cavalcavia dalla violenza dello scoppio. Questo orrore ha la stessa potenza immaginifica e angosciante, quella di una tragedia che interrompe la normalità della vita, che se ne appropria, come se niente potrà essere più come prima. E’ questo che riconosce Bologna, il dramma dell’esistenza nella città migliore d’Italia, con un pil che è quattro volte quello del Veneto, la disoccupazione che è sotto il 6 per cento, il turismo che produce da solo 16,2 miliardi all’anno.

Bologna s’è fermata incredula di fronte a questo inferno, scatenato in un attimo soltanto, da un Tir che non s’è fermato davanti a una coda, buttandosi contro. «Ho avuto paura fosse un attentato», racconta un giovane testimone, la barba incolta, gli occhiali che ogni tanto prende in mano per pulirne le lenti. «Ho sentito un boato enorme e poi ho visto questo fumo nero che si alzava». L’hanno visto anche in centro, e l’hanno sentito anche da lì, a chilometri di distanza, perchè quella voragine con la carreggiata che si è spezzata lasciando scivolare i suoi detriti sulla via Emilia, quello squarcio terribile è una ferita nel suo cuore, nella sua vita di tutti i giorni. Il fumo nero s’è abbassato dal cielo come una nuvola dell’inferno, in uno scenario apocalittico che hanno cominciato a distinguere persino dalla vecchia stazione Centrale. Erano le 13 e 40, tangenziale di Bologna, tra l’uscita 2 e 3, sul ponte di raccordo di Casalecchio tra la A1 e l’A14. Un Tir carico di materiale altamente infiammabile come il Gpl ha tamponato un camion bisarca che trasportava auto.

L’espolosione ha provocato un incendio che si è propagato nella zona sottostante al ponte di via Caduti di Amola a Borgo Panigale. Lì sotto, affacciate sulla via Emilia, ci sono due grandi concessionarie di auto, della Fiat e della Peugeot. Le decine e decine di macchine ferme nei piazzali si sono incendiate con un effetto domino terrificante, con le esplosioni che si sono susseguite a ripetizione. Le case intorno hanno le serrande piegate o spezzate, i vetri in frantumi. Mentre la gente si precipitava in strada scappando come quando ci sono i terremoti, le urla della paura si mischiavano alle sirene delle ambulanze che arrivavano sul luogo a portare i primi soccorsi, Alle 16 la prefettura diramava il primo bollettino: 2 morti e 67 feriti, di cui 14 gravi e 2 gravissimi. Tra di loro 11 carabinieri e due poliziotti della Stradale che stavano dirigendo il traffico dopo un incidente che era appena avvenuto nello stesso tratto. Ma tra i feriti nessuno ha ancora riconosciuto l’autista del Tir. Alcuni testimoni che abitano persino a due o tre chilometri di distanza hanno raccontato di aver sentito questa esplosione e che il palazzo tremava come durante un terremoto. Cristina Filicani dice: «Abbiamo pensato a un aereo che era caduto sulla città. Io ho preso i bambini e sono scappata via, ma non sapevo cosa fare, dove andare». La tangenziale è chiusa. E ci vorrà parecchio prima che possa riaprire.

Ma quando si ferma Bologna, si ferma l’Italia. Il Paese è spezzato in due. Fra gli scoppi che si susseguivano e le nuvole che si attorcigliavano sopra le fiamme, prima bianche volute di panna e subito dopo nerissime, cupe, lanciate verso il cielo, c’era gente che continuava a scappare e altra gente che arrivava riprendendo le immagini con i cellulari. Le tragedie portano sempre l’orrore dello spettacolo. In questo scenario apocalittico, il comune ha chiesto ai cittadini di non uscir di casa, di non usare la macchina se non è indispensabile. Poi c’è il video della stradale che documenta il film dell’incidente. Ci sono le code sulla tangenziale, una fila di macchine e camion bloccate da un ingorgo. Ad agosto è normale, qui, con tutta la gente che parte per le vacanze. La telecamera riprende un autocisterna che avanza verso la coda tranquillamente: l’ultimo della fila è un altro camion. E il Tir procede diritto, va avanti, ripreso di spalle. E incredibilmente non si ferma. E’ come se gli sparasse contro. Bum! Fiamme e fumo, e poi ancora fumo, e altre fiamme, altre esplosioni. Ecco come s’è spezzata la normalità della vita. In quell’attimo preciso, in quell’istante incredibile.

Pierangelo Sapegnodi Pierangelo Sapegno, editorialista   
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